Privacy Policy Cookie Policy
Brain
brain
europa
critic
Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
Vai ai contenuti
Giugno 2023
NEWSLETTER
Newsletter 28
pensierocritico.eu
Focus della newsletter 28
Il focus di questa newsletter è il concetto di "semiosi illimitata", che identifica quel processo mentale che crea la realtà nella mente umana, attraverso una triangolazione continua tra "oggetti" della realtà, "segni" mentali che ne rappresentano il significato e "risultati interpretanti" che successivamente creano nuovi segni. In tal modo i segni costituiscono la dinamica della "psiche", e la semiosi illimitata rappresenta il "processo conoscitivo" umano che, partendo da un primo segno "notato" con la creatività abduttiva, inizia un percorso conoscitivo potenzialmente infinito procedendo, mediante successive triangolazioni semiotiche ad approfondire e perfezionare il significato iniziale. Un secondo concetto, intimamente connesso con la semiosi è l' 'interpretazione', infatti la semiosi è il fulcro dell'azione interpretativa umana che procede inferenzialmente, per passi sussessivi, a "interpretare" e chiarire un tema specifico, o anche un testo. Si può dire che essa coinvolga sia gli aspetti emotivi del sistema 1, sia gli aspetti razionali del sistema 2, interallacciandoli in una sintesi (mai conclusa e sempre suscettibile di aggiornamento). Ogni nostra interpretazione è eliminazione delle ambiguità e congiunzione con il nostro punto di vista sul tema, e questo processo viene condotto con i criteri della semiotica interpretativa. Possiamo dunque affermare che la semiosi illimitata è quell'antichissimo, primigenio, processo mentale che congiunge il mondo interno delle idee e il mondo esterno degli oggetti per creare la Realtà nella mente umana. Ci chiediamo quindi cosa sia un 'testo' dal punto di vista semiotico e come sia possibile interpretarlo affidandoci alla cooperazione interpretativa di Umberto Eco. Nella newsletter vengono poi proposti altri processi mentali, non meno importanti, evidenziati da Karl Popper nello sviluppo della sua epistemologia: il falsificazionismo, cioè l'idea che quando ci si confronta con una Teoria non è bene cercare prove scientifiche che la sostengano, ma è più saggio cercare prove che la contraddicano, quindi che la falsifichino. Inoltre viene chiarita visione sociale di Karl Popper che, in questa fase storica dove è in corso una guerra sanguinosa in Europa, sembra dare ragione a Popper e alla sua insistenza nel promuovere la pace in tutte le sue opere. Tale visione è incentrata sulla sua teoria dei tre mondi nella quale si interallacciano il mondo fisico dell'oggettività, il mondo mentale della soggettività e il mondo reale creato dall'azione dei primi due mondi. Infine, viene descritta la visione negativa che Popper maturò della televisione, nella quale egli vide gli effetti negativi che la TV ha sui bambini nel predisporli alla violenza sociale.

I temi trattati in questo numero sono:

  1. dalla Semiosi illimitata (unlimited semiosis) alla Conoscenza umana. Viviamo in un mondo di "segni", di ogni tipo (visivo, acustico, linguistico), ai quali attribuiamo miriadi di significati. Per Umberto Eco il significato dei segni è il risultato di un processo mediato di conoscenza condivisa. Come dimostra il suo libro più famoso, "Il nome della rosa", l'Enciclopedia è un'immensa biblioteca composta da migliaia di libri che raccolgono la conoscenza di diverse epoche e proveniente da diverse culture. La biblioteca è un luogo dove i libri parlano l'uno con l'altro, generando link intertestuali che mostrano possibilità di significato che possono produrre nuovi segni. Quando appaiono in forma di segni, i libri dell'enciclopedia diventano "oggetti semiotici" che trasmettono conoscenza secondo le regole convenzionali che costituiscono il paradigma dei processi di significazione. L'Enciclopedia diventa quindi una fonte di regole semiotiche che governano la "semiosi". Come scrive Paolo Desogus (vedi bibliografia), l'Enciclopedia è un sistema multidimensionale che lavora per mezzo degli elementi che la formano. Secondo Umberto Eco, il romanzo "Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello è il romanzo della "semiosi illimitata", cioè la narrazione di un mondo in cui è impossibile comunicare perchè, nel processo di costruzione di significato tra emittente e destinatario, ognuno inserisce nel testo il senso che preferisce, non quello che effettivamente l'emittente intende comunicare attraverso quel testo. C'è quindi uno sfasamento tra significato e significante, che implica la creazione di un "significante assoluto", sciolto da ogni vincolo, poliedrico ma incapace di comunicare, di inviare un messaggio univoco. Il protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda capisce che le persone sono "schiave" dell'idea che gli altri si sono fatti di lui (e pure di se stessi). Il fatto che la gente lo creda pazzo è per lui la dimostrazione che non è possibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui. Con il rifiuto del proprio nome, vissuto come una falsità, come il tentativo di imprigionare in un suono il continuo e incessante fluire della vita, delle emozioni, delle sensazioni, dei pensieri, il romanzo raggiunge il suo scopo, cioè dimostrare che il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell' "IO", perché esso si dissolve completamente nella natura. Quindi il nome è un "modo", sia pur imperfetto, di contenere psichicamente le CENTOMILA mutevoli inclinazioni umane in un UNO organizzato e coerente, senza il quale si raggiunge solo la morte di qualcuno che è divenuto paradossalmente NESSUNO. Al di là di quest'esito estremo c'è la realtà conoscitiva umana che Italo Calvino ha rappresentato nel romanzo "Se una notte d'inverno un viaggiatore", che descrive come la lettura di un libro da parte di un "lettore tipico" si trasformi, o possa trasformarsi, in un percorso che interallaccia altri libri che il lettore ha letto precedentemente. Quando leggiamo qualcosa, inconsciamente andiamo alla ricerca di elementi che la connettano a ciò che già sappiamo. Questo è l'apprendimento significativo che inconsciamente pratichiamo e che la scuola dovrebbe insegnare a praticare "consciamente". L'essere umano ha la caratteristica unica (rispetto ad altre specie) di praticare continuamente la triangolazione "oggetto-segno-interpretante" che gli permette di congiungere mondo esterno e mondo interno in un processo continuo di modifica dei due mondi che crea la realtà. La semiosi illimitata è dunque quel processo mentale che congiunge Mondo interno delle idee e Mondo esterno degli oggetti per creare la Realtà nella mente umana. La logica e il ragionamento causale costringono la mente a "sospingere" il pensiero, infatti, quando siamo impegnati in un’inferenza la nostra mente compie un percorso: parte da qualcosa che ci è noto e, attraverso una zona intermedia, arriva a conoscere o comprendere qualcosa che prima ci era ignoto. La zona intermedia è la facoltà mentale di individuare "implicazioni" fra oggetti ed eventi, per cui qualcosa è logicamente e semiosicamente connesso a qualcos’altro, e per tale ragione l’uno diventa il segno dell’altro. L’implicazione è ciò che permette il passaggio semiotico della mediazione. Se non c’è implicazione, non c’è mediazione; se non c’è mediazione, non c’è semiosi. La "mediazione" è una capacità essenziale in molti processi mentali umani, dato che l'opera di mediazione è connaturata con la cultura umana e deriva dall'attività di simbolizzazione che l'essere umano ha attuato nella sua evoluzione a partire dall'Homo erectus.

  2. Cos'è un testo - Cos'è la cooperazione interpretativa nell'analisi semiotica di un Testo : La maggior parte di noi ha letto molti romanzi nel corso della propria vita, e magari quelli che abbiamo più apprezzato sono stati anche "riletti" in epoche differenti (io, ad esempio, ho letto "Viaggio al termine della notte" di Céline a ventanni e l'ho riletto a cinquanta: mi è piaciuto entrambe le volte ma non so il perchè). Il motivo per cui i libri che abbiamo letto ci sono piaciuti o non ci sono piaciuti è un mistero, forse perchè è impossibile da capire o forse perchè non l'abbiamo analizzato semioticamente. I motivi per cui un'opera ci piace o meno sono molteplici e vanno dalle nostre esigenze psicologiche del momento, alla formazione della nostra personalità, alla conferma/disconferma di certe credenze, o infinite altre, probabilmente perchè molti Testi sono dei "Rizomi", come sosteneva Umberto Eco, cioè delle opere aperte labirintiche. L’avvento di internet, infatti, ha già creato le condizioni per poter proseguire in questo cambiamento di paradigma, rappresentando la perfetta traduzione tecnologica del pensiero rizomatico: il web non obbliga ad una direzione, ma segnala concatenazioni e lascia liberi di giocare a creare connessioni, passando da un piano all’altro dello scibile. In questo senso ogni autore scrive il suo testo immaginando "mondi possibili", ovvero descrivendo situazioni che ricalcano la sua enciclopedia, cioè le leggi del mondo che egli ritiene reali. Ogni lettore fa la medesima operazione mentale ma, nel corso della lettura, è costretto a fare delle previsioni, che dipendono dalla propria enciclopedia, ovvero da ciò che egli sa già. Ogni scrittore immagina che il significato del suo testo sia traducibile in ogni altra lingua in virtù della sua struttura grammaticale. Non è così e Umberto Eco ci spiega perchè nel libro "Lector in fabula" dove scrive (p.51): "Un testo si distingue da altri tipi di espressione per una sua maggiore complessità. E motivo principale della sua complessità è proprio il fatto che esso è intessuto di non-detto. "Non-detto" significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto un non-detto che deve venir attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto. E a questo proposito un testo, più decisamente di ogni altro messaggio, richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore." Secondo Umberto Eco il testo è un meccanismo pigro che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal lettore. Il lettore modello viene 'atteso' in certi nodi del testo. Lì viene richiesta la sua cooperazione. Eco conclude il libro scrivendo (p.216): "La disgrazia di questa fabula (lo scheletro della storia) serve a ricordare al lettore che esistono diversi tipi di testi. Alcuni richiedono un massimo di intrusione, non solo a livello di fabula, e sono testi "aperti". Altri invece fan mostra di richiedere la nostra cooperazione, ma sornionamente continuano a pensare a modo proprio, e sono "chiusi" e repressivi." L'interpretazione di testi (moderni) è stata affrontata negli anni '70 da Umberto Eco che ha proposto il metodo della 'cooperazione interpretativa' con la quale egli propone l'instaurazione di una cooperazione tra autore e lettore, basata sui criteri descritti dal semiologo Porfirio Bevilacqua che scrive: "A partire dagli anni settanta la semiotica non parla più di segno, ma di testo: non è più la singola parola, né la frase isolata da un contesto discorsivo, ma è il testo a costituirsi come il segno linguistico primario. L’interesse si sposta sulla generazione dei testi e sulla loro interpretazione. Si parla infatti di “svolta testuale". Un testo, nella sua superficie linguistica, è una catena di artifici espressivi che devono essere attualizzati dal destinatario. Un testo è dunque incompleto, in primo luogo perché prevede sempre una competenza grammaticale da parte del destinatario. Ma un testo è incompleto anche perché è sempre intessuto di un “non-detto” che richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore per essere attualizzato a livello di contenuto. Un testo è incompleto senza l’intervento di un lettore che, con la sua attività interpretativa, riempia di senso gli “spazi bianchi” di cui il testo è necessariamente intessuto." La semiologa Valentina Pisanty scrive: "Secondo Eco, l'interpretazione di un testo implica la comprensione dell'intentio operis attraverso l'intentio lectoris. Ma la domanda da porsi è: cos'è l'intentio operis e come si può conoscere? Ciò è particolarmente convincente poiché tale intenzione non è esplicita a livello superficiale del testo ma, piuttosto, attraverso vari indizi e suggerimenti che sono disseminati nel testo che il lettore è attivamente coinvolto nel riconoscere mentre eventualmente sviluppa una specifica interpretazione del testo stesso. Nella teoria della semiotica di Umberto Eco le nozioni di testo e interpretazione sono strettamente intrecciate: è impossibile definire l'una senza riferirsi all'altra. Da un lato, sembra abbastanza ovvio che se c'è interpretazione, ci deve essere qualcosa da interpretare. Questo qualcosa è il testo, che per Eco coincide con il segno peirceano (“qualcosa che sta per qualcuno per qualcosa in qualche aspetto o capacità”). D'altra parte, Eco presume che le possibilità interpretative di un testo siano in qualche misura incorporate nel testo stesso. Di conseguenza, quest'ultima diventa matrice di tutte le possibili letture: “un testo è un prodotto il cui esito interpretativo deve far parte del proprio meccanismo generativo”. Umberto Eco, quando ha scritto 'Lector in fabula', si riferiva a testi narrativi, tuttavia egli non ha escluso altri tipi di testi o diversi tipi di messaggi. Valentina Pisanty conclude con la seguente opinione sul senso di un testo “il senso di un testo è l’esito di una collaborazione tra testo e lettore e risiede perciò nella tensione che si stabilisce tra i due".

  3. Interpretazione ed ermeneutica : Nell'antichità classica l'interpretazione poteva avere due modalità, come scrivono i semiologi Pisanty e Pellerej: "Rispetto a una teoria del segno, interpretare significa risalire con un ragionamento (ovvero inferenzialmente) dalla constatazione di un fenomeno manifesto alla conoscenza di qualcosa che è inaccessibile ai sensi, e di cui il fenomeno è un effetto; rispetto a una teoria del linguaggio, interpretare significa attribuire significati alle espressioni linguistiche". La cultura greca, fondamentalmente orale, privilegiava la divinazione oracolare, che è presente in tutta la letteratura scritta e pone particolare enfasi sull'aspetto enigmatico e dialettico dell'oracolo. Il segno oracolare è ambiguo e polisemico, e scatena più interpretazioni diverse in competizione reciproca, e nei racconti riportati dagli storici si assiste a uno scarto tra un'INTERPRETAZIONE LETTERALE, e quindi linguistica del responso dell'oracolo, che di solito risulta errata, e un'INTERPRETAZIONE ENIGMATICA che sfugge alla comprensione, diventando chiara solo quando gli eventi a cui si riferisce si sono effettivamente (e irrimediabilmente) compiuti. Ancora oggi, in buona parte del mondo occidentale, vige l'abitudine di consultare gli oroscopi o i tarocchi, che sono i successori ingenui degli oracoli. Nel Terzo mondo e nelle sue culture arcaiche sono ancora usati rituali magici eseguiti da sciamani locali. L'interpretazione moderna, secondo il filosofo Hans Georg Gadamer, viene effettuata mediante il circolo ermeneutico, applicato all'interpretazione di testi antichi e che egli così descrive nel libro "Verità e metodo" (p. 603): "Come si configura il lavoro ermeneutico? Che conseguenze ha per la comprensione la condizione ermeneutica dell'appartenenza a una tradizione? Ricordiamo la regola ermeneutica secondo cui si deve comprendere il tutto a partire dalle parti e le parti dal tutto. Essa proviene dalla retorica antica, e l'ermeneutica moderna l'ha trasferita dalla retorica alla tecnica del comprendere. Nell'un caso come nell'altro ci troviamo di fronte a un circolo. [...] Ciò che si tratta di fare è allargare l'unità del senso compreso in cerchi concentrici. Il criterio per stabilire la correttezza delle interpretazioni è l'accordarsi dei particolari nel tutto. Se tale accordo manca, l'interpretazione è fallita". In seguito, come scrivono Pisanty e Pellerej (p.54): "La nozione di circolo ermeneutico si è estesa a studi e discipline confinanti che, nel corso del Novecento, hanno stretto rapporti intensi di scambio teorico e concettuale con le teorie linguistiche e testuali." Quindi, secondo la semiotica interpretativa, l'interpretazione di un testo equivale all'interpretazione di un mondo, e il processo circolare del "circolo ermeneutico" rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione. L'applicazione dei metodi ermeneutici si è estesa alla microsociologia di Erving Goffman per l'analisi delle interazioni sociali e i rituali della vita quotidiana, fino all'etnometodologia di Harold Garfinkel per le indagini sui metodi con cui le persone danno un senso alla propria esistenza, e infine agli aspetti interazionali dei processi comunicativi di Paul Watzlawick. Espongo quindi un esempio applicativo del circolo ermeneutico rivolto agli operatori delle relazioni d'aiuto come strumento metodologico per migliorare la comprensione di ciò che avviene nel corso della sedute di psicoterapia, che lo psicoterapeuta Giacomo Gaggero, ha riportato nel libro "Comprendere l'altro" - Il circolo ermeneutico della relazione d'aiuto.

  4. Falsificazionismo di Popper tra errori e confutazioni Karl Popper è stato un filosofo della scienza il cui contributo epistemologico più importante è il "falsificazionismo", cioè l'idea che quando ci si confronta con una Teoria non è bene cercare prove scientifiche che la sostengano, ma è più saggio cercare prove che la contraddicano, quindi che la falsifichino. Tutto nasce dal "confirmation bias", cioè dall'innata tendenza umana a cercare conferme alle proprie idee, piuttosto che cercare errori in esse. Nelle sue prime pubblicazioni il filosofo propose come criterio del carattere empirico di una teoria scientifica, il principio della falsificabilità o controllabilità, la possibilità, cioè, di sottoporre le teorie a controllo, procedendo per congetture e successive confutazioni. Popper cercò di mostrare che la controllabilità è equivalente alla falsificabilità: vale a dire che una teoria è controllabile se esistono condizioni che possono confutarla. Una teoria è controllabile se implica predizioni che possono essere falsificate, e che possono risultare sbagliate, che possono quindi non concordare con le nostre ipotesi. Se si dà questo, allora vuol dire che la nostra teoria implicava una predizione falsa, ed una teoria che implica una predizione falsa è una teoria falsa. Ma ciò non significa che essa sia da gettare nel cestino solo perché ha condotto ad una predizione falsa. Possiamo, infatti, correggere la nostra teoria, possiamo apportare delle modifiche. Da ciò deriva il carattere scientifico di ogni teoria, come riportato dalle teche RAI: "Cos’è, dunque, che caratterizza in modo specifico la scienza?” Innanzitutto, se siamo scienziati sul serio, i nostri problemi ce li scegliamo con cura tra quelli che abbiamo ricevuto dalla cosiddetta situazione problematica della scienza. In altri termini, generalmente partiamo da problemi già affrontati da altri. A volte, invece, capita la fortuna d’imbattersi in un problema completamente originale: un’esperienza davvero molto eccitante, che rappresenta di per sé una specie di scoperta. Vi è dunque qualcosa di inconscio nel tentativo di formulare, di non mollare od inseguire un problema. Va detto, naturalmente, che molto spesso il problema da noi affrontato cambia aspetto proprio mentre ci stiamo lavorando: capita allora di rendersi conto che non è esattamente il problema che dovremmo indagare, o quello più promettente, e così via. In realtà, persino nella scelta del problema noi adottiamo il metodo per tentativi ed errori. A volte, lo ricaviamo dalla nostra esperienza di insegnamento. Spesso capita poi, come s’è detto, che il problema muti mentre ci stiamo lavorando sopra: così lo capiamo meglio, sempre procedendo per tentativi ed errori. "Se ipotizzo che domani pioverà, questa è ovviamente una congettura incerta. Può accadere che domani piova, nel qual caso la congettura sarà vera; ma può anche accadere che domani non piova, e allora la mia ipotesi sarà falsa. Qui tutto è molto semplice, dall’inizio sino al momento in cui la congettura cessa di essere tale: domani, infatti, o pioverà o non pioverà, ma, prima di allora, l’ipotesi resterà incerta. Consideriamo ora un’ipotesi più generale: per esempio, quella secondo la quale “piove sempre quando io ho qualche giorno di vacanza”. Questa ipotesi, non solo è un’ipotesi più generale, ma contiene in sé il termine “sempre”. È davvero molto difficile che io, controllandola, possa stabilire che è vera; ma, ciò nonostante, potrebbe anche darsi che piova davvero ogni qualvolta ho qualche giorno di vacanza. Anche ammesso che ciò sia vero, l’ipotesi in quanto tale non lo sarà ugualmente, perché è talmente generale da non potersi confermare come vera dopo un numero finito qualsiasi di osservazioni (una, due, tre, non importa quante), cessando di essere una semplice congettura. Esiste, dunque, una differenza tra ipotesi (e tentativi) che consistono di asserti singolari e altre ipotesi che hanno un carattere più universale. Ma, per l’appunto, quel che cerchiamo nel fare scienza sono leggi generali, ipotesi universali." Dal principio di falsificabilità possiamo arguire quanto Karl Popper sia stato il prototipo del "pensatore critico", infatti egli ha posto il "dubbio" ad architrave di tutto il suo pensiero, sostenendo l'asimmetricità che esiste tra la verifica di una teoria e la prova definitiva della sua correttezza scientifica: ciò è impossibile per Popper! Per Popper una teoria non potrà mai essere ritenuta vera, ma solo falsificata...in attesa di ulteriori fatti che la smentiscano (se mai arriveranno).

  5. Visione sociale di Karl Popper: i tre mondi interconnessi La società umana e la vita relazionale sono valori che non esistevano prima della comparsa della vita umana sulla Terra. Il filosofo e scienziato sociale Karl Popper li ha analizzati in tutti i suoi libri e ne ha dedotto conclusioni che, ancora oggi, ispirano la società, nella sua azione politica. Ad esempio, nel libro "Miseria dello storicismo" egli argomenta sul futuro umano scagliandosi contro coloro che ritengono che il futuro umano sia prevedibile, così come sosteneva Marx, pianificando e attuando con metodo gli obiettivi, in quel caso diretti verso una società collettivistica. Egli scrive (pp. 31-32) : "L'idea che una previsione può influenzare l'avvenimento previsto è molto antica. Edipo, nella leggenda, uccise suo padre che egli non aveva mai veduto, ma questa azione era il risultato diretto della profezia che aveva spinto suo padre ad abbandonarlo. Per questo motivo suggerirei di denominare "effetto di Edipo" l'influenza della previsione sull'evento predetto, sia nel caso che l'influenza in questione tenda a favorire l'evento predetto, sia nel caso che tenda a impedirlo. Gli storicisti hanno recentemente indicato che questa influenza della previsione sull'evento previsto può anche interessare le scienze sociali, poichè, in virtù di essa, può essere più facile fare previsioni esatte ed obiettive. [...] L'idea di una previsione esatta e attendibile nel campo sociale contiene una contraddizione interna: le previsioni sociali esatte sono impossibili". Successivamente Popper spiega perchè: "Una previsione è un avvenimento sociale che può avere una reciproca interferenza con altri avvenimenti sociali, fra i quali quello che essa prevede". La visione sociale di Karl Popper viene chiarita nella sua concezione dei tre mondi: il mondo fisico, il mondo degli stati mentali e, in ultimo, il  mondo dei prodotti della mente umana (artefatti culturali quali le teorie, libri, ecc) che vengono brevemente accennati in questa pagina.

  6. Educazione o Informazione: il cattivo uso della TV secondo Karl Popper L'eliminazione della violenza dalla vita sociale è lo scopo che Karl Popper si pone, infatti dall'assenza di violenza può nascere lo stato di diritto, e avviarsi quel lungo cammino di civilizzazione e di rispetto di regole e patti senza il quale non ha senso parlare di libero mercato. Negli ultimi anni della sua vita Popper ha dedicato tutti i suoi sforzi ad argomentare contro l'attuale modo di fare televisione. Infatti, nonostante la TV abbia anche avuto effetti positivi su molti adulti ponendosi come un "sovvertitore culturale" e, talvolta, trasformandosi nella cornucopia permissiva del mondo favorendo l'edonismo di massa e, nei popoli ancora esclusi dalla ricchezza e libertà occidentali, incentivando le migrazioni. Nonostante questi effetti culturali sugli adulti la preoccupazione di Popper riguardava soprattutto l'infanzia, come scrive nel libro "Cattiva maestra televisione" (p.69): "L'articolo di John Condry, che qui appare, mostra l'immensa influenza della televisione sui bambini e la grande quantità di tempo che essi vi passano davanti, due cose che sono ovviamente collegate. Mi pare che l'autore di questo saggio sia estremamente bene informato su questi argomenti e che li tratti con chiarezza e in modo oggettivo. Egli giunge alla conclusione che i bambini non sono da rimproverare per il tempo passato davanti alla TV e che non è colpa loro se attraverso la televisione ricevono una informazione distorta. E ne spiega la ragione in un modo che ci lascia senza speranza, dicendo che "la televisione non scomparirà nel futuro" ma anche che "è improbabile che cambi al punto da diventare un ambiente ragionevolmente accettabile per la socializzazione dei bambini".  Popper era scoraggiato dall'impossibilità che i dirigenti televisivi decidessero di realizzare attraenti programmi di valore piuttosto che programmi noiosi e scadenti. Egli scrive (p.71): "Non manca chi sia in grado di distinguere che cosa è bene e che cosa no dal punto di vista educativo. Ed è perciò possibile applicare questo genere di competenza per far nascere anche una produzione televisiva migliore, anche se dobbiamo sapere che non sarà facile e che è un compito per persone di talento quello di realizzare cose interessanti e buone". Sui dirigenti televisivi Popper scrive (p.70-72): " In occasione di una lezione che ho tenuto in Germania non molti anni fa ho incontrato il responsabile di una televisione, che era venuto ad ascoltarmi, insieme ad alcuni collaboratori. Ebbi con lui una conversazione, durante la quale egli sostenne alcune orribili tesi, nella cui verità egli naturalmente credeva. Diceva per esempio: "Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole", come se si potesse sapere quello che la gente vuole dalle statistiche sugli ascolti delle trasmissioni. [...] Egli credeva che le sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia"  e si riteneva costretto ad andare nella direzione che sentiva come l'unica che lui era in grado di comprendere, nella direzione che sosteneva essere "la più popolare". Ora, non c'è nulla nella democrazia che giustifichi le tesi di quel capo della TV, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni a livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo corrispondeva ai principi della democrazia "perchè la gente lo vuole". Il giornalista Giancarlo Bosetti riporta: "Ci sono state negli Stati Uniti migliaia di ricerche, esattamente 3.500 dal 1950 ad oggi, dedicate agli effetti della violenza nei media sulla popolazione. La correlazione tra le due variabili - esposizione alla violenza in TV e comportamenti aggressivi nel breve e nel lungo periodo - emerge con una chiarezza paragonabile a quella tra fumo e cancro al polmone. E' molto difficile dimostrare che in un singolo caso c'è un nesso causale, come per il fumo, ma il rapporto c'è. Nel 1992 il "Journal of the American Medical Association" ha pubblicato la ricerca di Brandon Centerwall secondo la quale l'introduzione della televisione negli Stati Uniti negli anni cinquanta ha provocato il raddoppio del tasso di omicidi e se ipoteticamente la tecnologia televisiva non fosse mai stata sviluppata, ci sarebbero oggi negli Stati Uniti ogni anno di meno: diecimila omicidi, 70 mila aggressioni e 700 mila ferimenti". Inoltre la TV ha contribuito a molti dei cambiamenti sociali e politici, ad esempio in Italia (ma non solo), abbiamo assistito a importanti cambiamenti, quali ad esempio il declino costante della partecipazione al voto, e la perdita di presa delle argomentazioni razionali nei dibattiti politici e nei talk show. Infatti, con l'avvento della TV  l'elettore è passato dall'essere un "cittadino" al ritrovarsi semplicemente "spettatore". La sua mente che prima si formava nel dialogo dei partiti, dei sindacati, e anche delle parrocchie, gli aveva permesso di diventare "soggetto" nel confliggere delle idee e delle identità sociali. Con il predominio televisivo la sua mente aveva subìto l'influsso dei media nella sua socializzazione, favorendo l'insorgere del populismo.
creative commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
Torna ai contenuti