
No. He said: sooner or later we'll deal with it.
I vantaggi del linguaggio sono così ovvi che non vale neanche la pena parlarne: esso consente le relazioni interpersonali, arricchisce gli scambi sociali e determina l'ingresso in una specifica comunità culturale. Senza linguaggio l'essere umano non sarebbe quel che è e noi non staremmo qui a scriverne. Il linguaggio, però, consente anche di parlare dei suoi svantaggi, cioè di cosa sottrae all'essere umano.
Ad esempio, a volte, ci chiediamo come facciano certe persone a mentire spudoratamente e alcune di queste, quando poste di fronte all'evidenza, negare anche quella. Ci sono dei buoni motivi e la psicologia li ha studiati. Tutto nasce molto presto nella vita di una persona e precisamente quando il linguaggio fa la sua comparsa nella vita di ogni bambino, cioè nel secondo anno di vita.
Come scrive uno dei più autorevoli studiosi dello sviluppo infantile, lo psicoanalista Daniel N. Stern, che ha dedicato un'intera vita a studiare la nascita del senso del Sé nel bambino (Il mondo interpersonale del bambino - Bollati Boringhieri p.169):
A prima vista sembrerebbe che il linguaggio non possa arrecare altro che vantaggi all'espansione dell'esperienza interpersonale. Esso ci consente, infatti, di partecipare più facilmente agli altri le nostre esperienze; permette a due persone di dar vita scambievolmente a nuovi significati prima sconosciuti e che non potevano esistere fintanto che le esperienze relative non erano esprimibili in parole; infine, il linguaggio consente al bambino di cominciare a costruire una narrazione della propria vita. E tuttavia in realtà il linguaggio è un'arma a doppio taglio.
Esso fa sì che parti della nostra esperienza divengano più difficilmente comunicabili a noi stessi e agli altri. Inserisce un cuneo fra due forme simultanee di esperienza interpersonale: quella vissuta e quella verbalmente rappresentata.
Consideriamo per esempio un bambino che osserva una macchia gialla di sole sulla parete. Il bambino sperimenterà l'intensità, il calore, la forma, la brillantezza, il piacere e altri aspetti amodali della macchia. Il fatto che la macchia sia gialla non è molto importante, anzi non lo è per niente. Mentre guarda la macchia e la sente-percepisce, il bambino vive un'esperienza globale che è la risultante di una serie di esperienze amodali, o qualità percettive primarie, inerenti alla macchia di luce: intensità, calore ecc. Per poter mantenere questa prospettiva altamente flessibile e onnidimensionale sulla macchia, il bambino deve restare cieco a quelle particolari proprietà (qualità percettuali secondarie e terziarie, come ad esempio il colore) che specificano il canale sensoriale attraverso il quale la macchia viene sperimentata. Non deve notare nè essere consapevole del fatto che si tratta di un'esperienza visiva. Ma il linguaggio costringerà il bambino a fare proprio questo. Qualcuno entrerà nella stanza ed esclamerà; "Oh! Guarda che bella macchia 'gialla' di luce!". [...] Il linguaggio può dunque spezzare l'esperienza globale amodale, introducendo una discontinuità. Ciò che probabilmente accade nel corso dello sviluppo è che la versione linguistica 'luce gialla' di tali esperienze percettive diventa la versione ufficiale, mentre la versione amodale scompare nel profondo, per riemergere solo quando condizioni particolari sopprimono o controbilanciano la supremazia della versione linguistica.
L'avvento del linguaggio rappresenta per il bambino un'arma a doppio taglio. Ciò che comincia a perdere (o a rendere latente) è moltissimo. Il bambino viene ammesso in una più ampia comunità culturale, ma rischia di perdere la forza e la pienezza dell'esperienza originaria.
Quando due messaggi, in genere verbale e non verbale, sono radicalmente contrastanti, abbiamo la situazione che è stata definita di "doppio legame" (Bateson, Jackson e altri, 1956). In genere il messaggio non verbale è quello che si intendeva trasmettere, e il messaggio verbale è quello "registrato". Quest'ultimo è quello di cui siamo ufficialmente responsabili.

L'uso del linguaggio da parte del bambino, inizialmente con la propria madre dalla quale lo apprende, introduce nella "costruzione del sé" una benefica (per la futura vita sociale) distorsione. Infatti, ciascuno di noi ha la possibilità, per mezzo del linguaggio, di distorcere la realtà e di mentire anche a se stesso.
Scrive Daniel Stern (pp.186-187):
Una delle conseguenze di questa inevitabile divisione fra ciò che è ritrattabile e ciò per cui si è responsabili è che ciò che si può negare agli altri diventa in misura sempre maggiore negabile a sé stessi. Il linguaggio apre la strada all'inconscio. Prima del linguaggio tutti i comportamenti hanno la stessa importanza, per quanto concerne il senso di 'proprietà'. Con l'avvento del linguaggio alcuni acquisiscono una condizione privilegiata da questo punto di vista. I molti messaggi trasmessi dai molti canali vengono frammentati dal linguaggio e disposti in ordine gerarchico lungo la dimensione responsabilità/ritrattabilità.
Nella creazione di un "falso Sé" e di un "vero Sé" l'esperienza personale del Sé viene scissa in due. Alcune esperienze vengono scelte e incrementate perchè vengono incontro ai bisogni e ai desideri di qualcun altro (il falso Sé), nonostante possano divergere dalle esperienze di sé più strettamente determinate mediante un "progetto interno" (il vero Sé) [...] L'elemento nuovo che si presenta al livello della relazione verbale è rappresentato dal fatto che il linguaggio diventa uno strumento per ratificare la scissione e conferire al "falso Sé" la condizione privilegiata della rappresentazione verbale.

Se il "falso Sé " di quel bambino è diventato prevalente schiacciando la sua personalità c'è il rischio che egli, da adulto, rimanga inconsciamente condizionato da esso nelle sue relazioni con gli altri a discapito del suo "vero Sé" e della sua specificità.


Alla vigilia del primo appuntamento con una persona che ci piace essa ci telefona per dirci che ha avuto un contrattempo e non potrà venire. Noi ci diciamo "Trova scuse, non vuole vedermi!" Bene, non mi preoccuperò più di cercarla!" Quando quella persona ci contatta noi ci mostriamo freddi al telefono, l'altra persona se ne rende conto e recepisce che non ci è gradita.
Non ci contatta più. Peccato però che era stata davvero colta da un contrattempo e che ci teneva ad incontrarci.Quando non ci accontentiamo di accettare le cose per come ci vengono presentate tendiamo ad interpretare il comportamento altrui e le situazioni. Interpretando gli eventi distorciamo la realtà in conformità alle nostre esigenze, alla nostra versione dei fatti.Interpretando le intenzioni altrui otteniamo un incremento della nostra aggressività: troviamo una giustificazione per riversare sull'altro la responsabilità del nostro disagio, quindi proviamo rabbia o rancore nei suoi confronti. Le persone non assertive ricorrono all'interpretazione quando le cose non vanno come loro vorrebbero. Il pericolo principale dell'interpretazione sono le conseguenze che essa comporta.Chi interpreta finisce per accettare come vere le sue affermazioni, distorcendo così le relazioni con gli altri. Dobbiamo imparare a non interpretare. Se abbiamo dubbi dobbiamo cercare riscontri reali alle nostre teorie. Ipotesi e realtà non vanno confuse. L'interpretazione è una forma di allucinazione.
Iscriviti alla Newsletter di pensierocritico.eu per ricevere in anteprima nuovi contenuti e aggiornamenti:
- Daniel N. Stern (2002), The first relationship - (PDF) - Intero libro sul rapporto tra madre e bambino (in inglese)
- Nadia Lenarduzzi - Il Mondo interpersonale del bambino - CentroPsicologia (PDF) - Breve descrizione di alcuni capitoli del libro di Daniel Stern
- Massimo Ammaniti (2012) - Addio a Daniel Stern, cambiò la psicoanalisi - La Repubblica
- Gregory Bateson (1972) - Verso un'ecologia della mente (pp.275-302)- Adelphi
- (2018) - Bateson e la teoria del "doppio legame" - La mente è meravigliosa
- Donad W. Winnicott (1989) - Esplorazioni psicoanalitiche - Cortina editore (pp.56-58)
- Donald W. Winnicott (1971) - Gioco e realtà - Armando editore
- Franco Mattarella (2009) - Saremmo davvero infelici, se fossimo solo sani di mente, Winnicott e la creatività - (PDF) Oròn Orònta - Articolo sulle idee dello psicoanalista Donald Winnicott intorno al concetto di individuo
- Il Manifesto del buon conflitto - CCP (Centro PsicoPedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti) - Consigli utili per imparare attraverso i conflitti
- Claudio e Tristano Ajmone, Assertività: gli errori cognitivi
Pagina aggiornata il 2 agosto 2022