
Sorry: they don't make them anymore.
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Come ha scritto il filosofo e antropologo Gregory Bateson nel suo ultimo e fondamentale libro "Mente e Natura" (ved.bibliografia pp.47-48), riportando un principio reso famoso dal filosofo e matematico Alfred Korzybski:
La mappa non è il territorio e il nome non è la cosa designata
Ogni esperienza è soggettiva. Questo non è che un corollario di ciò che viene discusso nel paragrafo IV: che è il nostro cervello a costruire le immagini che noi crediamo di 'percepire'. E' significativo che ogni percezione - ogni percezione conscia - abbia le caratteristiche di un'immagine. Un dolore è localizzato in una parte del corpo: ha un inizio, una fine e una collocazione, e si evidenzia su uno sfondo indifferenziato. Queste sono le componenti elementari di un'immagine. Quando qualcuno mi pesta un piede, ciò che sperimento non è il suo pestarmi il piede, ma l'immagine che io mi faccio del suo pestarmi il piede, ricostruita sulla base di segnali neurali che raggiungono il mio cervello in un momento successivo al contatto del suo piede col mio. L'esperienza del mondo esterno è sempre mediata da specifici organi di senso e da specifici canali neurali. In questa misura, gli oggetti sono mie creazioni e l'esperienza che ho di essi è soggettiva, non oggettiva. Tuttavia, non è banale osservare che pochissimi almeno nella cultura occidentale, dubitano dell'oggettività di dati sensoriali come il dolore o delle proprie immagini visive del mondo esterno. La nostra civiltà è profondamente basata su questa illusione.
Ricevere informazioni vuol dire sempre e necessariamente ricevere notizie di differenza, e la percezione della differenza è sempre limitata da una soglia. Le differenze troppo lievi o presentate troppo lentamente non sono percettibili: non offrono alimento alla percezione.
Alla nascita è attivo nel cervello un sistema prefigurato o semiprefigurato per la rappresentazione dello spazio, degli oggetti e di noi in esso. Le cellule spazio e le cellule griglia di ippocampo e dintorni, attive a pochi giorni dalla nascita, determinano come noi ci rendiamo conto della nostra posizione nello spazio, degli eventi che in quell'ambiente avvengono e come noi possiamo ricordarli. Che lo spazio tridimensionale sia nel cervello e non fuori di noi, per Hermann von Helmholtz era confermato dai nati ciechi, che hanno una concezione dello spazio diversa, anche se più povera, da quella dei vedenti.

Cut it out to confuse the perceived umbrella with the real one.
(Fonte: R. Diekstra, Haarlemmer Dagblad, 1993, citato da L. Derks & J)

Il senso comune è una fortezza inespugnabile. E tutti noi viviamo al riparo delle sue muraglie, sotto le quali trascorriamo il tempo breve che ci è dato (p.3).
Ci comportiamo, insomma, come se esistesse un "mondo reale" formato di sue proprie regolarità oggettive: l'ordine che così costruiamo ci permette di agire sulla base di regole grazie alle quali cerchiamo di orientarci in un vero e proprio labirinto. [...] Una sequenza di costruzioni mentali, dunque, di vere e proprie 'reificazioni'. In primo luogo gli oggetti corporei, poi lo spazio e, infine, il tempo, che subisce un analogo processo di oggettivazione. Secondo Einstein, la scienza ha dapprima assimilato dal pensiero prescientifico queste reificazioni di oggetto, spazio e tempo, e nel seguito le ha modificate con criteri di crescente rigore. In questo modo si è giunti a ritenere che esistesse una 'realtà' indipendente dai soggetti, e che la 'realtà fisica' fosse costituita sia da spazio e tempo, sia da 'punti materiali, in permanenza esistenti, in moto rispetto allo spazio e al tempo' (pp.46-47).
Willard Quine [il filosofo] ha immaginato che due persone se ne stiano all'interno di una stanza e parlino fra di loro. Il loro parlottio è uno scambio di informazioni sulle caratteristiche di alcuni oggetti presenti nella stanza. Uno scambio di informazioni che è certamente una forma di conoscenza, in quanto porta le due persone a condividere diversi punti di vista su questo o quell'altro oggetto che stanno osservando. E Quine scrive: "Tra le conoscenze che due uomini hanno circa le stesse cose, c'è una somiglianza più sostanziale di quella che c'è tra la conoscenza e le cose". La somiglianza di cui parla Quine è la garanzia dell'efficacia del senso comune come guida per i rapporti tra le persone e gli oggetti che ci circondano. L'efficacia è innegabile, anche se è lecito sostenere che il senso comune è un insieme di pregiudizi che violano molte conoscenze scientifiche. (p.20)
Ciò che oggi si conosce dell'effetto degli alcaloidi lisergici presenti nella pozione che veniva somministrata a Eleusi, è che essi provocano, nella mente umana, un'incredibile espansione dell' Io cosciente.
Si potrebbero fare molti esempi ma ne citiamo solo uno tratto dal romanzo 'Le anime morte' di Nikolaj Gogol (p.158 - Einaudi):
Finora, tutte le signore avevano parlato piuttosto poco di Čičikov, rendendogli piena giustizia, del resto, come amabile uomo di mondo: ma quando si diffuse la voce che si trattava di un milionario, si andò in cerca anche d'altre virtù. Non già che le signore fossero tali da badare all'interesse: la colpa di tutto l'aveva la parola 'milionario' - non il milionario in persona, ma proprio la parola in se stessa; giacchè nel suono stesso di questa parola, indipendentemente dal fatto brutale del denaro, c'è racchiuso qualche cosa, che fa effetto sia sulla gente vile, sia sulla gente così così, e sia sulla gente perbene: insomma, fa effetto su tutti.
Il milionario ha questo vantaggio, che può contemplare la viltà, la viltà del tutto disinteressata, allo stato puro, non fondata su ombra di calcolo: molti sanno che non riceveranno mai nulla da lui, e che non hanno alcun diritto di riceverne nulla, ma non possono stare se non gli corrono innanzi, se non ridono, se non si scappellano, se non si fanno accettare a forza a quel certo pranzo, dove sanno che è invitato il milionario. Non vogliamo dire che questa inclinazione alla viltà fosse condivisa dalle signore; tuttavia, in molti salotti si cominciò a dire che, in fin dei conti, Čičikov non era una bellezza, ma in complesso era proprio com'è giusto che sia un uomo, e sarebbe bastato che fosse un pochino più tozzo e più pieno, perchè non stesse più bene. Per l'occasione si aggiungeva perfino qualche rilievo offensivo sull'uomo magrolino, il quale non è altro che una specie di stuzzicadenti, e non già un uomo.
Il milionario ha questo vantaggio, che può contemplare la viltà, la viltà del tutto disinteressata, allo stato puro, non fondata su ombra di calcolo: molti sanno che non riceveranno mai nulla da lui, e che non hanno alcun diritto di riceverne nulla, ma non possono stare se non gli corrono innanzi, se non ridono, se non si scappellano, se non si fanno accettare a forza a quel certo pranzo, dove sanno che è invitato il milionario. Non vogliamo dire che questa inclinazione alla viltà fosse condivisa dalle signore; tuttavia, in molti salotti si cominciò a dire che, in fin dei conti, Čičikov non era una bellezza, ma in complesso era proprio com'è giusto che sia un uomo, e sarebbe bastato che fosse un pochino più tozzo e più pieno, perchè non stesse più bene. Per l'occasione si aggiungeva perfino qualche rilievo offensivo sull'uomo magrolino, il quale non è altro che una specie di stuzzicadenti, e non già un uomo.
Ecco la descrizione della rappresentazione del milionario Cicikov, fatta da Gogol: "Il milionario ha questo vantaggio, che può contemplare la viltà, la viltà del tutto disinteressata, allo stato puro, non fondata su ombra di calcolo: molti sanno che non riceveranno mai nulla da lui, e che non hanno alcun diritto di riceverne nulla, ma non possono stare se non gli corrono innanzi, se non ridono, se non si scappellano, se non si fanno accettare a forza a quel certo pranzo, dove sanno che è invitato il milionario."
Il filosofo Jean Améry (pseudonimo di Hans Mayer) ha descritto la differenza tra la rappresentazione che ci facciamo delle cose e la realtà, nella sua drammatica testimonianza di ciò che gli successe dopo essere stato catturato dai nazisti nel 1943 in Belgio, dove partecipava alla Resistenza. Dopo essere stato portato a Fort Breendock per essere interrogato, Jean Améry così descrive la sua esperienza (p.60 di "Intellettuale ad Auschwitz" Bollati Boringhieri):
Jean Améry ci fa capire la differenza tra la realtà dei fatti, che si materializza nelle sensazioni del corpo, e la rappresentazione che la nostra mente crea di quei fatti, anticipandoli in parole che sono "astrazioni cifrate". Lì si colloca, in questo caso drammatico, lo scarto tra realtà e rappresentazione che si ripresenta in ogni circostanza della nostra vita.
Ciò che abitualmente definiamo la <<vita normale>>, può anche risolversi in rappresentazione anticipatrice e nell'espressione banale. Compro un giornale e sono <<un uomo che compra un giornale>>: l'atto non si distacca dall'immagine in cui l'avevo anticipato e io stesso non mi differenzio quasi dai milioni che l'hanno compiuto prima di me. Ciò accade perchè la mia immaginazione non è riuscita a comprendere in toto la realtà di un simile atto? Non per questo, ma perchè la cosiddetta realtà del quotidiano anche nell'esperienza immediata altro non è che astrazione cifrata. Solo in rari momenti della nostra vita guardiamo direttamente negli occhi l'avvenimento e quindi la realtà. Non deve per forza essere la tortura. E' sufficiente l'arresto e magari la prima percossa che si riceve. <<Se parli - mi dicevano gli uomini dai volti normali - finisci nel carcere della polizia di campo. Se non confessi, finisci a Breendock, e sai cosa vuol dire>>. Sapevo e non sapevo. In ogni caso mi comportai più o meno come l'uomo che acquista il giornale e come previsto, parlai.

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Gregory Bateson (1984), Mente e natura - Adelphi Ed.
- Massimo Ammaniti, Rappresentazioni mentali e adolescenza - Articolo dello psicoanalista Ammaniti che descrive la costruzione delle rappresentazioni di sè e degli altri nella fase adolescenziale
- Michel Foucault (1967), Le parole e le cose - Un'archeologia delle scienze umane - Rizzoli ed.
Questa non è una pipa: l'assurdo e il sogno di René Magritte? - Biografia per immagini
Enrico Castelli Gattinara, Note su scienze e senso comune: problemi di piani (PDF)
- Astro Calisi (2007), Funzionalismo ed esperienze coscienti. Sulla critica di Daniel Dennett ai «qualia» (PDF)
- Graham Lawton (2011), The Grand Delusion: Why nothing is as it seems (PDF) - New Scientist
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Pagina aggiornata il 25 maggio 2023