Nel lungo viaggio evolutivo della specie uomo, la consapevolezza ha facilitato la comunicazione tra consimili. In realtà, già prima dell'ominazione i primati possedevano una corteccia prefrontale in grado di elaborare informazioni, misurarne l'affidabilità e catalogarle per prendere decisioni. Il loro cervello era equipaggiato per effettuare previsioni; distinguere il meglio dal peggio, l'uguale dal diverso, l'utile dal dannoso; fondare aspettative sulle proprie azioni; agire secondo obiettivi; reprimere condotte sociali inappropriate. Quegli ominidi ignoravano la parola. Si esprimevano mediante suoni: grida, versi, sillabe, sottolineati da gesti e toni diversi. Ma non parole. Quelle arrivarono più tardi. Certo, si rivolgevano a se stessi. Ma il loro linguaggio intetiore era troppo lento per quel mondo imprevedibile e insidioso. Passaggio evolutivo cruciale fu la comunicazione verbale che inaugurò uno spazio sociale che permise ai nostri antenati di utilizzare i vantaggi derivanti dalle creazioni di altri individui e, per altri versi, di confrontare la propria con altre forme di conoscenza per decisioni efficaci. Sì, perchè solo decisioni efficaci, se non le migliori in assoluto, avrebbero garantito loro la sopravvivenza. [...] Quella logica naturale li aiutò a evitare i predatori, a reperire cibo, a guarire ferite, a conoscere meglio le funzioni riproduttive, influenzandone profondamente le scelte che ne garantirono la sopravvivenza.
“Nel contesto greco il mythos non si presenta come una forma particolare di pensiero, ma come l'insieme di ciò che veicola e diffonde, nella casualità dei contatti, degli incontri, delle conversazioni, la potenza senza volto, anonima e inafferrabile che Platone chiama phēmē , il Rumore.”
Tra le varie ipotesi sull'origine del linguaggio noi evidenziamo quella che vede nel 'rumore' dei miti originari di ogni civiltà, ripetuti ininterrottamente per generazioni e generazioni, la nascita del linguaggio e del pensiero.
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Oggi, rispetto alla Grecia antica, ci rendiamo conto che si è verificato un rovesciamento: il rumore che generava senso, è diventato negazione di senso e costituisce il paesaggio sonoro dell'uomo moderno.
Questa pagina web e le pagine ad essa correlate, descrivono sommariamente il processo attraverso il quale il linguaggio si è formato, sintetizzato nel seguente percorso sonoro in 4 tappe.
Percorso sonoro in quattro tappe: dalla radiazione cosmica di fondo al rumore della contemporaneità
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13,7 miliardi di anni
V secolo A.C.
1935
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1990

Tradizionalmente prosodia è un termine della metrica classica, dove designa lo studio del verso (gr. prosōidía «accento, modulazione della voce», comp. di prós «accanto» e ōidḗ «canto»). Inizialmente indicante le scelte relative all’ordine delle parole nel canto, il termine venne poi utilizzato dai latini per riferirsi agli aspetti inerenti all’accentazione e alla quantità delle sillabe. Oggi si usa per le regole della versificazione che concernono aspetti fonetici, come accento e rima. In linguistica, la prosodia coinvolge più di un singolo fonema, riguarda essenzialmente il parlato, e corrisponde alla modulazione di alcuni parametri (che erano rilevanti anche rispetto all’uso tradizionale del termine). I principali tra questi sono, dal punto di vista acustico, la frequenza fondamentale della voce, la durata e l’intensità (§ 2; per tutti questi temi ➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). La loro modulazione permette la realizzazione dei tratti prosodici, come ➔ accento, tono, giuntura, ➔ intonazione e ➔ ritmo (§ 3). Questi tratti sono anche detti soprasegmentali in quanto interessano più di un segmento fonico (➔ soprasegmentali, tratti), esercitando la loro influenza su domini prosodici, ossia unità maggiori del fonema, che rappresentano una vera e propria struttura
Il resoconto dell'evoluzione del linguaggio che ho presentato in questo articolo è vocale (piuttosto che gestuale), prosodico (piuttosto che articolatorio o sillabico), a livello di gruppo (piuttosto che individuale o diadico), impegnato in un'origine congiunta di linguaggio e musica, e radicato nell'idea che la generazione di frasi basate sulla sintassi sia emersa, dalla sua origine, come il riempimento di un'impalcatura prosodica durante la produzione del parlato. Propongo un processo evolutivo in due fasi: prima un sistema involontario ma ritualizzato di prosodia affettiva, seguito da un sistema di prosodia intonazionale basato sull'apprendimento fondato sulla combinatorialità fonemica. Da lì, la lingua e la musica si ramificarono come funzioni separate, sebbene omologhe, attraverso l'emergere della lessicalità e della tonalità, rispettivamente, e attraverso l'adozione delle modalità comunicative contrastanti rispettivamente di alternanza e integrazione. Dopo la loro separazione, lingua e musica sono perennemente riunite in canzoni con parole, ricorrendo sia in stili melogenici (più musicali) che logogenici (più simili a parole). Questo potenziale di accoppiamento diretto e senza soluzione di continuità tra le parole e le altezze musicali è una delle prove più forti a sostegno di un'origine congiunta di linguaggio e musica.
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L'Italia non è un Paese per silenziosi - Corriere della Sera - 30 agosto 2013
- Juliette Volcler - Il marketing sonoro invade le città - Le Monde Diplomatique - Agosto 2013
- Steven Brown (2017), A Joint Prosodic Origin of Language and Music - Frontiers in Psychology
- Murray Gell-Manna, Merritt Ruhlen (2011), The origin and evolution of word order (PDF) [161 citazioni]
- Gerard Edelman (2003), Naturalizing Consciousness. A theoretical framework (traduzione italiana parziale)
Pagina aggiornata il 25 marzo 2022