Parole come "processo", sviluppo", "sistema", "informazione", "comunicazione", provenienti dal linguaggio tecnico-scientifico, vengono oggi usate in molti contesti senza che esprimano un reale significato. Esse hanno acquisito un'aura mitica e autorevole che, nel linguaggio comune, le ha svuotate del loro significato originario: esse sono diventate parole di plastica, cioè parole "tuttofare" adatte a ogni vuota conversazione.
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Find me a "job" then.
Degrado del lessico non vuol dire solo insulti, ignoranza delle regole o hate speech: c'è un tipo di degrado meno appariscente, anzi quasi invisibile, nel linguaggio e nel pensiero del mondo contemporaneo. Di questo degrado scrive, nel suo testo "Parole di plastica - La neolingua di una dittatura internazionale", il linguista Uwe Pörksen evidenziando la degenerazione del linguaggio nelle società industrializzate della seconda metà del Novecento.
Egli notò che alcuni termini tecnici (le parole di plastica o parole-ameba) erano entrati a far parte del linguaggio comune, perdendo il loro significato denotativo e acquisendo una grande varietà di connotazioni.
Queste parole sono andate a costituire una "neolingua", di orwelliana memoria, che impedisce che si formi un pensiero critico. Ciò accade perchè, se si vuole partecipare alla comunicazione contemporanea e sentirsi parte di una comunità, occorre conformarsi a quella modalità enunciativa impersonale che il filosofo Rocco Ronchi, nel presentare il libro, descrive così:
E' un codice internazionale, poverissimo, un centinaio di parole al massimo, il cui tratto comune è quello di presentarsi sotto forma di descrizioni asettiche, neutrali, oggettive. Provengono dall'ambito scientifico e colonizzano il mondo della vita. Sono fungibili, appunto come i mattoncini Lego, e possono ricombinarsi in mille maniere diverse.
La differenza tra termini e parole si può così definire: normalmente i termini tecnici hanno un significato solo denotativo, cioè il loro significato di base, neutro e oggettivo, che ha una funzione informativa riferita al contesto d'uso. I termini tecnici non hanno connotazioni, vale a dire che il loro significato non varia al variare del contesto d'uso, e questa caratteristica li rende inadatti all’uso metaforico. Le parole, invece, hanno spesso una grande quantità di connotazioni che permettono di mutarne il significato in funzione del contesto in cui vengono usate.

Le parole hanno un'"aura". Nella sua opera sulla connotazione Beatriz Garza paragona la denotazione, ovvero la designazione della cosa, alla prima onda che si forma quando di getta un sasso nell'acqua; e la connotazione, che designa le sensazioni, le valutazioni, le associazioni inerenti alla cosa, a tutte le onde successive. Le parole [di plastica] di cui ci stiamo occupando sembrano consistere solo nelle connotazioni che si allargano in cerchi concentrici dall'onda numero due a infinito, mentre il sasso e la prima onda sono scomparsi.

Porksen mette in evidenza lo scopo principale del linguaggio che è quello di "umanizzare" l'uomo consentendogli di condividere la sua sofferenza. La disumanizzazione inizia sempre da un degrado del linguaggio (documentato dalla storia dei Totalitarismi), che vuole trasformare l'uomo in un automa, incapace di fare (o farsi) domande e di pensare criticamente.
Tullio De Mauro ha pubblicato nel 1999 il Grande Dizionario Italiano dell'Uso (GRADIT) che contiene oltre 270.000 lemmi del lessico italiano del Novecento (compresi quelli dei secoli precedenti che sono sopravvissuti nell'uso fino ai giorni nostri).
Nel diagramma a fianco viene mostrato il lessico di uso comune dei parlanti italiani, complessivamente composto da 47.060 vocaboli dei quali solo 6522 sono di base.
Le 6522 parole del lessico comune di base costituiscono il 98% dei discorsi quotidiani, ma la quotidianità dei discorsi è ancora più ristretta: il lessico fondamentale, utilizzato nel 90% dei discorsi, è composto soltanto da 2049 parole.
I tratti fondamentali che permettono di individuare le parole di plastica sono, secondo Porksen, i seguenti (p.64):
- derivano dalla scienza e somigliano ai suoi componenti. Sono stereotipi.
- hanno un ambito d'uso molto vasto, rappresentano una "chiave per tutto"
- sono concetti riduttivi, poveri di contenuto
- interpretano la storia in termini naturali
- i loro aspetti predominanti sono quello connotativo e quello funzionale
- gerarchizzano e colonizzano la lingua, creano un'élite di esperti e servono loro da risorsa
- appartengono a un codice internazionale ancora giovane
- sono limitate al linguaggio verbale


Secondo Uwe Pörksen sono parole di plastica, o c'è un'alta probabilità che lo siano, le seguenti 42 parole (pp. 67-68):
Secondo Pörksen un termine tecnico/scientifico usato come una parola, diventa una parola di plastica o, meglio, una parola-ameba (per evidenziare la loro adattabilità, inconsistenza e pericolosità). Una parola-ameba è una parola dalle forti connotazioni che rimanda a un sapere specialistico, ma non designa un oggetto preciso.
Scrive Porksen (p.42):
Durante i nostri colloqui Ivan Illich le chiamava "parole ameba". Chi non conosce questi piccoli esseri trasparenti e dai contorni vaghi, che scivolano sul vetrino sotto al microscopio e sembrano ingrandirsi e trasformarsi con impercettibile lentezza? Sono quasi un niente.[...] Cambiano forma di continuo mentre sono in movimento. Avanzano con fluidità, come se camminassero su zampette mutabili. Esserini mutevoli dai piedi finti: il nome "ameba" fa proprio al caso nostro.
Ma già Friedrich Nietzsche, nelle sue "Considerazioni inattuali" aveva profeticamente indicato l'incapacità di comunicare verso cui si stava avviando l'uomo, accogliendo la follia dei "concetti generali", e adattandosi alla convenzione di un linguaggio fatto di puri suoni verbali.
Il Gradit documenta la quantità della lingua vivente degli italiani ma non la sua qualità.

Il degrado del lessico è indice di patologie sociali che il filologo Victor Klemperer ha drammaticamente documentato nel libro "LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo". I processi linguistici descritti da Klemperer, che hanno degradato il lessico della Germania nazista, sono presenti anche oggi nelle società democratiche pur senza gli effetti nefasti del Terzo Reich. Klemperer si trovò ad assistere, aiutato dalla propria competenza filologica, all'imbarbarimento del lessico tedesco causato dalla propaganda nazista. Egli scrive (p.191):
L'invasione del linguaggio tecnico si ripete continuamente, lo si elabora, ci si bea di esso; [...] tutto questo testimonia del reale disprezzo di quella personalità che a parole è tanto apprezzata e tutelata; testimonia anche della volontà di reprimere chi pensa autonomamente, la persona libera.
Un esempio di come l'attribuzione di nuovi significati a vecchie parole modifica pensieri e sentimenti è quello citato da V.Klemperer (pp.188-189):
La meccanizzazione inequivocabile della persona rimane riservata alla LTI [lingua del Reich], la cui creazione più caratteristica e probabilmente la più precoce in questo campo è il verbo 'gleichschalten' [sincronizzare, livellare, uniformare]. Par di vedere e di sentire il pulsante che fa assumere a persone, non a delle istituzioni, non a istanze personali, posizioni e movimenti automatici uniformi...Non esiste nella LTI alcun altro esempio di abuso di parole tecniche che faccia apparire così scopertamente la tendenza all'automatizzazione e alla meccanizzazione come questo 'gleichschalten'. Lo si è usato per tutti i dodici anni (del nazismo), anche se all'inizio più frequentemente che in seguito, per la semplice ragione che molto presto tutte le uniformatizzazioni, tutte le automatizzazioni erano già state compiute, diventando qualcosa di ovvio.
Il linguaggio politico italiano del nostro tempo è stato analizzato da Gustavo Zagrebelsky nel libro "Sulla lingua del tempo presente". Zagrebelsky analizza nel dettaglio una dozzina di frasi del lessico berlusconiano e mostra come esse abbiano un effetto performativo, vale a dire "spingano gli elettori a compiere certi atti".
L'analisi completa del libro di Zagrebelsky è presentata alla pagina valutare un libro/ebook. Analizziamo qui un solo esempio del lessico berlusconiano:
La teoria degli atti linguistici di John L.Austin (ved.bibliografia) sostiene che ogni atto linguistico è composto da tre elementi:
- Locuzione: è il semplice enunciato, quale ad esempio, nel caso del lessico berlusconiano, "mettere le mani nelle tasche degli italiani"
- Illocuzione: è lo scopo mascherato dell'enunciato, vale a dire quello di presentarsi agli elettori come colui che non gli chiederà di pagare le tasse. La forza illocutoria di questo enunciato è quella di "rendere etica l'evasione fiscale". Con le parole di Zagrebelsky (p.54): "C'è davvero dietro quest'espressione, un'idea generale circa il rapporto tra cittadini e Stato. Questa: che imposte e tasse siano taglieggiamenti e furti e che i governanti, chiedendo ai cittadini di partecipare alle spese pubbliche, si comportino da ladri".
- Perlocuzione: è l'effetto reale che l'enunciato ha sull'ascoltatore (l'atto perlocutorio è l'ottenimento della risposta sollecitata dall'atto illocutorio) vale a dire l'incitamento a tenere comportamenti contrari all'interesse pubblico (evasione fiscale, ricerca di contributi pubblici anche in assenza dei requisiti, ecc.) viene trasformato in comportamenti dai cittadini.
Scendere in campo
Contratto con gli italiani
Amore
Doni
Mantenuti
Prima Repubblica
Assolutamente
Fare-Lavorare-Decidere
Le tasche degli italiani
Politicamente corretto
Legittimo impedimento
Larghe intese
Pacificazione


Con questa analisi Zagrebelski evidenzia il fatto che l'impoverimento e la stagnazione di una lingua riguardano la capacità di riflettere sui cambiamenti sociali in atto.
Se ad esempio, come fa notare Gian Luigi Beccaria, il termine "donna" era nato dal latino "domina" e assegnava alle donne il ruolo nobile di padrona della casa (per quanto negli anni del femminismo contestato), nella società odierna la lingua italiana riflette un peggioramento di tale ruolo dato che "donna" indica ormai, nel parlare comune, il ruolo di "donna di servizio". Citando Gian Luigi Beccaria (Tra le pieghe delle parole - 2008 Einaudi, p.139): " 'Sono senza donna ' significa oggi piuttosto 'mi manca la colf ', non già 'mi manca la fidanzata '.
Anche questo "slittamento di significato" indica un degrado ulteriore del ruolo sociale delle donne, degrado che Berlusconi si è sforzato di dimostrare in tutti i modi (anche come utilizzatore finale).
Oggi, in Italia, gli slogan politici non emergono dalla democratica discussione all'interno dei partiti ma rispondono all'esigenza di un partito o gruppo di potere di mascherare le attività legislative che si propone di attuare. Prendiamo il caso dello slogan "Pacificazione": tale parola, nel gioco politico italiano, non annunciava nessuna vera pacificazione ma mascherava il tentativo di bloccare l'attuazione di alcune leggi dello Stato (già in vigore), ad esempio quella della ineleggibilità di chi goda di una concessione statale (legge 361 del 1957 sul conflitto d'interessi). Quindi, di coloro che approveranno l'applicazione di quella legge si dirà che non vogliono una "pacificazione".
Nota: Ovviamente gli slogan politici fuorvianti non erano solo quelli del PDL/Forza Italia, ma sono stati riproposti anche dal PD: il medesimo meccanismo di mascheramento e manipolazione dell'opinione pubblica viene attuato anche da Matteo Renzi (così come descritto dalla politologa Sofia Ventura nel libro "Renzi & Co - Il racconto dell'era nuova - Rubettino editore").

Nel dicembre 2010 Google ha reso disponibile Ngram Viewer, uno strumento che, basandosi sui 5.2 milioni di libri (in molte lingue) digitalizzati da Google fino al 2008, costruisce un grafico della presenza di determinate parole o frasi, scelte dall'utente, contenute nei libri lungo un arco temporale voluto. Vengono mostrati i risultati solo se le parole cercate risultano essere presenti in più di 40 libri/per anno. Ogni utente può così fare le proprie ricerche sulle tendenze lessicali in atto. Per chi volesse effettuare ricerche complesse un manuale d'uso si può trovare qui.

Lo storico Ivan Illich, che collaborò con Pörksen nella ricerca sulle parole di plastica, ampliò il concetto di parole-ameba chiamandole “parole-chiave” e individuando le condizioni socio-economiche nelle quali una ragnatela di parole-chiave può insediarsi nel linguaggio quotidiano.
Egli scrisse nel saggio "Il genere e il sesso" (p.12 vedi bibliografia):
Da un esame delle lingue moderne traspare che le parole chiave sono forti, persuasive e d'uso comune. Alcune sono etimologicamente antiche ma hanno assunto un significato nuovo e radicalmente diverso dal precedente. "Famiglia", "uomo" e "lavoro" sono esempi a tutti noti. Altre sono di conio più recente e sono state forgiate in origine per un uso specialistico. A un certo punto però sono scivolate nel linguaggio quotidiano e indicano ora una vasta area di concetti e di esperienze. "Ruolo", "sesso", "energia", "produzione", "sviluppo", "consumatore" sono esempi conosciutissimi.[...] L'insieme delle parole chiave è omologo in tutte le lingue industrializzate moderne.
Le parole di plastica sono intercambiabili e con esse si possono creare frasi che sembrano avere un senso ma non ne hanno nessuno. Infatti assistiamo oggi a impieghi di software per generare frasi o interi discorsi o addirittura emendamenti legislativi come l'iniziativa di Roberto Calderoli che, per svolgere un'azione di ostruzionismo parlamentare, ha comunicato di aver generato automaticamente 501mila emendamenti da presentare al Senato della Repubblica Italiana nell'agosto 2015. Calderoli non ha comunicato il tipo di software impiegato e la notizia è da verificare, ma resta comunque certa la fattibilità tecnica di una tale operazione.E' inquietante constatare quanto le parole siano intercambiabili. Possiamo equipararle, allinearle in una catena di frasi equivalenti. Sembra che abbiano sempre un senso: L'informazione è comunicazione. La comunicazione è scambio. Lo scambio è una relazione. La relazione è un processo. Processo significa sviluppo. Lo sviluppo è un bisogno fondamentale. I bisogni fondamentali sono risorse. Le risorse sono un problema. [e così via all'infinito...]
Le parole-chiave di Illich descrivono, e al tempo stesso determinano, il rapporto tra linguaggio e vita reale.
Per capire di quale vita si parla, ecco le parole di Illich (p.13):
La realtà che esse interpretano è fondamentalmente la stessa dappertutto. Le stesse autostrade che portano agli stessi edifici destinati a scuole e uffici all'ombra delle stesse antenne televisive trasformano in una monotona uniformità paesaggi e società dissimili.
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- Introduzione all'uso del GRADIT
Sintesi della Teoria degli atti linguistici di J.L.Austin (Università di Trieste)
- John L. Austin, (1987) Come fare cose con le parole Marietti Editore
- Uwe Pörksen, (2011) Parole di plastica. La neolingua di una dittatura internazionale Textus Edizioni
- David Swinney, (1979) Lexical Access during Sentence Comprehension (Re)Consideration of Context Effects (PDF) [2083 citazioni]
- Victor Klemperer, (2008) LTI, La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo Giuntina Editore
- Gustavo Zagrebelsky, (2010 ) Sulla lingua del tempo presente Einaudi Editore
- Ivan Illich, (1982) Il genere e il sesso Mondadori Editore - intero libro scaricabile gratuitamente in PDF
- Ivan Illich - Saggi, articoli e interviste
- Vladimir Veselov (2014), TURING TEST SUCCESS MARKS MILESTONE IN COMPUTING HISTORY
Pagina aggiornata il 5 febbraio 2021