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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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L'inconscio dall'antenato comune (LUCA) al Romanticismo fino a Freud e oltre
TEORIE > CONCETTI > INCONSCIO e COSCIENZA
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La consapevolezza umana delle fantastiche proprietà del cervello è cresciuta lentamente, di pari passo con l'evoluzione culturale, fino all'accelerazione degli ultimi due secoli. Ormai vi sono informazioni sufficienti per ipotizzare risposte, scientificamente fondate, alle domande più intriganti sull'evoluzione umana: (1) perchè è nato il cervello? (2) come si è evoluto il genere homo? (3) come si è evoluto il sistema nervoso dell'essere umano (4) quanti inconsci ci sono? (5) Perchè si è evoluta la coscienza? Ed altre ancora... Dopo l'Illuminismo, nel quale si pensava che l'intelletto umano fosse esclusivamente razionale, e che il filosofo John Locke espresse nel 1690 con il "Saggio sull'intelletto umano" con il quale diede avvio alla Psicologia, arrivò il filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz, precursore del calcolo matematico e dell'informatica, che espresse critiche al saggio di Locke asserendo che vi fossero delle cause inconsce (le piccole percezioni) nel funzionamento mentale umano. Ma i tempi non erano maturi, dato che si era ancora nel periodo illuminista. Stavano maturando nella società quelle inquietudini che diedero luogo al Romanticismo. Lo psicologo Frank Tallis, descrivendo il superamento delle idee illuministiche riguardo alla mente scrive nel libro "Breve storia dell'inconscio": "La precisione degli orologi da tavolo, che aveva offerto all'età della ragione una metafora così potente aveva perduto il suo smalto. La mente non era un orologio ben regolato. Non poteva essere smontata e riassemblata con l'introspezione. La mente era vasta, profonda, forse infinita e le sue profondità potevano essere visitate nel sonno e sperimentate nei sogni. L'inconscio era arrivato". Che la vita mentale dell'essere umano si svolgesse prevalentemente al di fuori della coscienza era già stato intuito prima della nascita della psicoanalisi, ma Sigmund Freud con la pubblicazione nel 1899 della "Interpretazione dei sogni" lo rese noto al grande pubblico. Freud, che era un neurologo, nacque in un periodo storico privo di strumenti che gli consentissero di sperimentare e dimostrare scientificamente le sue ipotesi sulle patologie mentali, e questa limitazione lo costrinse a uno sforzo culturale enorme che ha arricchito la cultura occidentale (come documentato, ad esempio, nei libri: Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio, Totem e Tabù, Il disagio della civiltà, L'avvenire di una illusione). Di alcune proprietà umane, presenti nella normalità, Freud si disinteressò deliberatamente, probabilmente perchè egli era interessato a ciò che patologizzava l'essere umano. Non dimostrò interesse, ad esempio, per l'inconscio cognitivo che sostiene molte delle attività quotidiane umane. Oggi lo psicologo Arthur Reber, sulla prevalenza dell'inconscio nel funzionamento umano, scrive: "Negli ultimi decenni è diventato sempre più chiaro che una notevole quantità di lavoro cognitivo va avanti indipendentemente dalla coscienza". Riguardo ai progressi della Psiche, lo psicoanalista Luigi Zoja scrive nel suo libro "Psiche": "Il progresso, la democrazia, lo Stato di diritto, la giustizia sociale, lo sviluppo economico, i diritti umani: tutto ciò richiede una fuoriuscita dal vissuto magico e dalla situazione in cui la psiche è eccessivamente diluita nel mondo circostante. E' la condizione necessaria per separare il soggetto dall'oggetto osservato e raggiungere delle conquiste". Ma queste sono conquiste della coscienza...
Perchè è nato il cervello
Il neuroscienziato  Joseph LeDoux, nel libro: "Lunga storia di noi stessi" scrive (p.33): "Uno degli argomenti chiave di questo libro è che miliardi di anni fa i primi organismi viventi di successo hanno risolto i problemi fondamentali della sopravvivenza e hanno trasmesso la loro soluzione a tutti gli organismi successivi. A mano a mano che gli organismi si sono evoluti per essere costituiti da molte cellule, il problema di controllare le loro attività comportamentali nel tentativo di sopravvivere è diventato più complesso, richiedendo il coordinamento delle attività delle cellule distribuite in parti differenti del corpo. Questo ha portato dapprima, in creature come l'idra e la medusa, a semplici sistemi nervosi con un'unità di controllo centrale o cervello".
Punto chiave di questa pagina
LA MENTE INCONSCIA: Perchè l'inconscio si è evoluto probabilmente nel cervello dei primi ominidi o ominini (vari tipi di Australopitechi)? I motivi li riassumono lo psicologo cognitivo John Bargh e il neuroscienziato Ezequiel Morsella nel loro studio sulla mente inconscia (vedi bibliografia 2008), essi scrivono: "L'evoluzione (così come l'apprendimento precoce e la cultura) influenza le nostre preferenze e, attraverso di esse, le nostre tendenze ad avvicinarci o evitare aspetti del nostro ambiente. Siamo predisposti a preferire determinati oggetti e aspetti del nostro ambiente rispetto ad altri. [...] Le nostre preferenze attuali derivano da quelle che in passato servivano a fini adattivi. Un principio della teoria evoluzionistica è che l'evoluzione si basa gradualmente su ciò con cui deve lavorare in quel momento; i cambiamenti sono lenti e incrementali ( Allman, 2000 ). La conoscenza acquisita a un livello inferiore di selezione cieca - le scorciatoie e altri "buoni trucchi" ( Dennett, 1995 ) che hanno funzionato costantemente sul nostro passato evolutivo a lungo termine - sono alimentati verso l'alto come punto di partenza e appaiono come conoscenza a priori, la fonte di cui non siamo a conoscenza. Campbell (1974) ha chiamato questi "processi di scelta rapida" perché ci evitano (individualmente) di dover capire da zero quali processi sono utili e quali sono pericolosi. In base alla presente argomentazione secondo cui l'inconscio si è evoluto come sistema di guida comportamentale e come fonte di impulsi adattivi e di azione appropriati, queste preferenze attivate inconsciamente dovrebbero essere direttamente collegate ai meccanismi comportamentali. Diversi studi hanno ora stabilito questa connessione: i processi di valutazione immediati e non intenzionali sono direttamente collegati alle predisposizioni comportamentali di approccio e di evitamento. L'idea che l'azione precede la riflessione non è nuova. Diversi teorici hanno postulato che la mente cosciente non è la fonte o l'origine del nostro comportamento; invece, teorizzano che gli impulsi ad agire siano attivati ​​​​inconsciamente e che il ruolo della coscienza sia quello di guardiano e creatore di sensi dopo il fatto (Gazzaniga, 1985; James, 1890; Libet, 1986; Wegner, 2002). In questo modello, i processi coscienti si attivano dopo che si è verificato un impulso comportamentale nel cervello, cioè l'impulso viene prima generato inconsciamente, quindi la coscienza lo rivendica (e lo sperimenta) come proprio. Eppure, fino ad oggi, si è detto poco sulla provenienza, esattamente, di quegli impulsi. Date le prove sopra esaminate, tuttavia, ora sembra esserci una risposta a questa domanda. Ci sono una moltitudine di impulsi comportamentali generati in un dato momento derivati ​​dalle nostre motivazioni e preferenze evolute, dalle norme e dai valori culturali, dalle esperienze passate in situazioni simili e da ciò che altre persone stanno attualmente facendo in quella stessa situazione. Questi impulsi ci hanno permesso di operare inconsciamente motivazioni, preferenze e tendenze comportamentali di approccio e di evitamento associati, così come il mimetismo e altri effetti di innesco del comportamento innescati dalla mera percezione del comportamento degli altri. Sembra che non manchino certamente suggerimenti dal nostro inconscio su cosa fare in una data situazione."
Punti di riflessione
La chiave per comprendere la storia evolutiva è la nozione di “ascendenza comune” e un gruppo di organismi con un antenato comune è chiamato “clade”. Osservando i cladogrammi capiamo perché gli esseri umani non siano evoluti dalle scimmie, e nemmeno dagli scimpanzé, mentre si può dire che gli scimpanzé e i primi ominidi condividevano un antenato comune. (Pino Donghi)
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In almeno una fase della nostra storia evolutiva ci siamo ritrovati davvero in pochi: bande sparse di ominini, mobili e intraprendenti, ma con numeri che oggi rasenterebbero il rischio estinzione». Potevamo dunque non esserci, così come potevamo essere alquanto diversi: non dimentichiamo che fino a 13.000 anni fa viveva ancora l’homo floresiensis, alto poco più di un metro e alquanto diverso da noi. Sembra proprio non essere mai successo che «il vessillo dell’umanità fosse eroicamente imbracciato da una specie solitaria»: anche se non ci facciamo caso, ci sono stati altri uomini che hanno visto «laghi, fiumi, foreste e praterie verdi nel Sahara». (Raffaele Carcano)
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Viviamo in tempi entusiasmanti. Grazie alle tecnologie per la scansione cerebrale oggi è possibile tracciare una mappa del cervello. La configurazione dell'inconscio è stata illustrata mediante la ricaduta radioattiva sprigionata dalla collisione di particelle subatomiche. Molte immagini di scansione cerebrale - che mostrano aree di attività biologica intensamente illuminate - non sono altro che istantaneee dell'inconscio all'opera, processi preconsci, che assemblano prontamente l'infrastruttura della personalità. L'inconscio, fino a poco tempo fa relegato a curiosità storica, è riemerso al centro dell'attenzione delle neuroscienze. Oggi sappiamo che se non comprendiamo i processi inconsci del cervello non potremo mai raggiungere una piena comprensione di noi stessi. (Frank Tallis pp.15-16)
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L'inconscio è un "luogo", un posto in cui la realtà esterna è stata sostituita da ciò che Freud ha chiamato "realtà psichica". E' una sorta di cyberspazio psicoanalitico. Uno scenario interiore dove tutto può virtualmente accadere. (Frank Tallis p.125)
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Se la mente è innanzitutto emotiva e inconscia, ciò che è da spiegare non è tanto l’inconscio, ma come e perché, del suo operare costantemente e prevalentemente sottosoglia o sottotraccia, di tanto in tanto affiori «qualcosa» alla coscienza. (Giorgio Mattana)
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Il progresso, la democrazia, lo Stato di diritto, la giustizia sociale, lo sviluppo economico, i diritti umani: tutto ciò richiede una fuoriuscita dal vissuto magico e dalla situazione in cui la psiche è eccessivamente diluita nel mondo circostante. E' la condizione necessaria per separare il soggetto dall'oggetto osservato e raggiungere delle conquiste. (Luigi Zoja)
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Il modello freudiano dell'inconscio è ancora con noi e continua ad esercitare un'influenza su quante persone pensano all'“inconscio”, soprattutto al di fuori della scienza psicologica. Il modello freudiano dell'inconscio come principale influenza guida sulla vita quotidiana, ancora oggi, è più specifico e dettagliato di qualsiasi altro che si possa trovare nella psicologia cognitiva o sociale contemporanea. Tuttavia, i dati da cui Freud sviluppò il modello erano casi di studio individuali che coinvolgono pensieri e comportamenti anormali (Freud, 1925/1961, p. 31), non la rigorosa sperimentazione scientifica sui principi di comportamento umano generalmente applicabili che informano i modelli psicologici. Nel corso degli anni, i test empirici non sono stati gentili con le specificità del modello freudiano, sebbene in termini generali l'evidenza cognitiva e psicologica sociale supporti Freud sull'esistenza della mente inconscia e sul suo potenziale impatto sui giudizi e sul comportamento (vedi Westen, 1999). Indipendentemente dal destino del suo modello specifico, l'importanza storica di Freud nel difendere i poteri della mente inconscia è fuori dubbio. (John Bargh, Ezequiel Morsella)
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Data l'incertezza del futuro e la lentezza del cambiamento genetico, i nostri geni non ci hanno fornito risposte fisse a eventi specifici (perché questi non possono essere previsti con alcun grado di accuratezza), ma con tendenze generali che si adattano alle variazioni locali (Dawkins, 1976). È per questo motivo che l'evoluzione ci ha plasmati per essere sistemi aperti (Mayr, 1976). Questa qualità aperta offre spazio per "mettere a punto" il neonato in base alle condizioni locali. Molto di questo ci viene dato dalla cultura umana, dalle condizioni locali (soprattutto sociali) del mondo in cui ci capita di nascere. Dawkins (1976) ha osservato che la plasticità fenotipica consente al bambino di assorbire, in modo del tutto automatico, "un sistema di abitudini già inventato e ampiamente ridimensionato nel cervello parzialmente non strutturato" (p. 193). (John Bargh, Ezequiel Morsella)
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Per quanto i sostenitori dell’intelligent design non siano riusciti a far avanzare granché le proprie tesi nel corso degli ultimi anni, l’attenzione che raccolgono in molti ambienti è tuttora massiccia. Pievani sottolinea come, forse, sia «proprio la nostra solitudine a farci veder l’evoluzione in modo lineare e progressivo. In mondi controfattuali alternativi dove non fossimo soli, faticheremmo a concepirci come i predestinati e forse capiremmo ancora meglio che cosa significhi davvero essere umani». Siamo abituati a pensare in questo modo, ed occorrerà molto tempo prima che queste implicazioni siano colte anche all’esterno del mondo scientifico. Non è un caso che le critiche alla teoria evolutiva abbondino sulla scrivania di chi scienziato non è - anche se magari è costretto a far ricorso ad argomentazioni pseudo-scientifiche per tentare di rendere plausibile un ragionamento fallato in partenza. (Raffaele Carcano)
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Gran parte di ciò che gli esseri umani fanno nella loro vita quotidiana è fatto senza consapevolezza esplicita. Anche quando siamo consapevoli che ci siamo comportati in un certo modo, non significa necessariamente che abbiamo consapevolmente controllato il comportamento. Impariamo molto su noi stessi monitorando ciò che facciamo. (Joseph LeDoux p.385)
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Oggi, dicono i biologi, stanno scomparendo molte specie viventi. E il tasso di estinzione non solo è superiore a quello di natalità e, dunque, in controtendenza rispetto alla normale crescita della biodiversità, ma è del tutto paragonabile a quello delle grandi estinzioni di massa. Potremmo essere all’inizio di una nuova grande moria di specie, la sesta nella storia della vita animale. C’è una differenza, però, rispetto alle cinque precedenti. Non solo questa volta conosciamo la causa (Homo sapiens), ma questa causa è dotata di una “coscienza enorme”: sa quello che fa. (Pietro Greco)
Come si è evoluto il genere "homo"
Il biologo evoluzionista Telmo Pievani ha realizzato nel 2019 una pregevole serie di video (10) in cui descrive lo stato dell'arte dell'evoluzione umana, egli dice: "Siamo giunti alle soglie della nascita del nostro genere: noi siamo homo sapiens. Quando, perché e come siamo nati? Abbiamo solo degli indizi: il genere homo è nato circa 2,8 milioni di anni fa e quando è successo sicuramente non eravamo da soli. C’erano sicuramente le australopitecine, che hanno avuto una serie di ramificazioni che troviamo sia in Africa meridionale, sia in Africa orientale e che sono state raggruppate in un genere a parte: i parantropi con caratteristiche molto particolari. Erano robusti, quasi dei “gorilloni” e con un cervello di grandezza sempre attorno ai 400 centimetri cubici. Alcuni esemplari sono sopravvissuti fino a superare i due milioni di anni fa. Loro e le australopitecine dimostrano come, già con la presenza di homo, c’erano ancora altre forme e questo mette in evidenza come l’evoluzione non sia una sostituzione lineare ma un cespuglio di forme"
Quando Homo sapiens è arrivato in Europa?
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Homo sapiens nasce da una terza migrazione recente, dalla terza fuoriuscita dall’Africa. Uscendo dal continente ha incontrato i discendenti di tutte le grandi migrazioni precedenti. Se quindi noi siamo una specie molto giovane con origine unica africana recente e molto mobile e promiscua significa che non c’è stato il tempo e il modo di generare delle razze umane. Ovviamente non significa che siamo tutti uguali: siamo differenti, ma singolarmente.
Prima conferenza di Telmo Pievani
Cos'è la vita mentale
Il neuroscienziato John Bargh scrive: "Fino a tempi abbastanza recenti nella storia della scienza e della filosofia, la vita mentale era considerata di natura interamente o principalmente cosciente (ad esempio, il cogito di Cartesio e la cosmologia "mind first" di John Locke). Il primato del pensiero cosciente su come le persone storicamente hanno pensato alla mente è illustrato oggi nelle parole che usiamo per descrivere altri tipi di processi: tutti sono modificazioni o qualificazioni della parola conscio (cioè, inconscio, preconscio, subconscio). Inoltre, c'è stato un alto consenso riguardo alle qualità dei processi di pensiero coscienti: sono intenzionali, controllabili, di natura seriale (consumano risorse di elaborazione limitate) e accessibili alla consapevolezza (cioè, verbalmente riferibili) "
Evoluzione della vita sulla Terra
Il fisiologo Leonard Eisenberg ha creato questo grafico per contrastare i temi creazionisti che ha visto di recente nei corsi di scienze. Un sondaggio della Penn State University nel 2011 ha rilevato che il 59% degli insegnanti è diffidente nel discutere l'evoluzione in classe e teme di suscitare polemiche insegnandola. Ancora più preoccupante, un altro 13% respinge tutto e invece insegna intelligent design o creazionismo in classe. (Cliccare per approfondire)
Se vogliamo capire la natura umana dobbiamo conoscere la sua storia evolutiva
Riguardo allo sviluppo delle cellule procariote ed eucariote e, più in generale, allo sviluppo degli organismi dotati di sistema nervoso, il neuroscienziato Joseph LeDoux nel libro "Lunga storia di noi stessi", scrive (p.34 e pp. 113-115):

Per apprezzare veramente il modo in cui il nostro cervello ci fa essere quelli che siamo, dobbiamo capire le strategie di sopravvivenza che sono state messe in atto in antichi organismi unicellulari, conservate in forme di vita primitive multicellulari, recepite da cellule specializzate, dette neuroni, quando nei primi invertebrati si è sviluppato il sistema nervoso, per essere poi mantenute nel sistema nervoso degli invertebrati antenati dei vertebrati, e successivamente usate dall'uomo e da tutti gli altri animali nella loro vita quotidiana, indipendentemente dal livello di semplicità o complessità del loro corpo.

Nonostante esistano da almeno 3,5 miliardi di anni, i procarioti non hanno mai intrapreso il percorso evolutivo che li avrebbe portati a un'esistenza complessa, multicellulare, macroscopica. Questo è accaduto solo tra  gli eucarioti. Se non fosse successo, la vita sulla Terra avrebbe continuato a essere microscopica, e a prima vista il nostro pianeta sarebbe risultato senza vita. Un passo fondamentale per lo sviluppo di corpi macroscopici è stata la capacità delle cellule eucariote di aumentare di dimensioni. L'arrivo degli eucarioti, circa 2 miliardi di anni fa, ha sconvolto la pace sulla Terra. Con le loro dimensioni notevolmente più grandi sono stati i primi vari predatori e i procarioti sono diventati le loro prede. Gli eucarioti, però, predavano anche altri eucarioti, innescando così una corsa evolutiva agli armamenti. La selezione naturale ha aiutato gli eucarioti a sviluppare corpi sempre più grandi. Ma perchè non sono cresciuti in dimensione anche i procarioti? I corpi più grandi richiedono più energia e Nick Lane ha calcolato che gli eucarioti possono generare oltre duecentomila volte la quantità di energia prodotta per gene dai procarioti.  Questa abbondanza di energia, sostiene Lane, ha permesso agli eucarioti di espandersi in corpi più grandi, mentre l'incapacità dei procarioti di incrementare le loro riserve energetiche li ha destinati a un'esistenza microbica. Non è difficile indovinare perchè gli eucarioti possono produrre più energia e quindi svilupparsi fino a dimensioni maggiori: hanno i mitocondri, che usano l'ossigeno per generare energia in modo più efficiente rispetto ai mezzi alternativi. Nella storia della Terra, il primo grande aumento di ossigeno è avvenuto poco più di 2 miliardi di anni fa, appena prima la comparsa degli eucarioti.
L'atmosfera non ha sempre avuto le caratteristiche attuali infatti l'atmosfera primordiale (4,6 miliardi di anni fa) si presume fosse ricca di idrogeno, metano, ammoniaca ed elio, mentre si presume fosse stata priva di azoto ed ossigeno (elementi da cui adesso è composta). Oggi la parte respirabile dell'atmosfera della Terra è una pellicola molto sottile: se il nostro pianeta fosse una sfera di 12 metri di diametro (anziché 12.000.000 di metri, 12.000 km), la pellicola respirabile sarebbe spessa 4 millimetri. Sono approssimazioni, naturalmente, ma è un fatto che la maggior parte di noi si troverebbe in grosse difficoltà attorno ai 4.000-4.500 metri d'altezza (ben prima di arrivare in cima al Monte Bianco), se non debitamente preparata o equipaggiata, perché a quella quota l'ossigeno è già troppo rarefatto. Gli eucarioti si evolsero quando l'ossigeno nell'atmosfera crebbe.
Perchè le cellule eucariotiche hanno conquistato il mondo? Perchè hanno sviluppato i mitocondri!
Nonostante i procarioti esistano da almeno 3,5 miliardi di anni, non hanno mai intrapreso il percorso evolutivo che li avrebbe portati a un'esistenza complessa, multicellulare, macroscopica. Questo percorso è accaduto solo agli eucarioti. Se non fosse successo, la vita sulla Terra avrebbe continuato a essere microscopica, e a prima vista il nostro pianeta sarebbe risultato senza vita.  Un passo fondamentale per lo sviluppo di corpi macroscopici è stata la capacità delle cellule eucariote di aumentare di dimensioni. L'arrivo degli eucarioti, circa 2 miliardi di anni fa, ha sconvolto la pace sulla Terra. Con le loro dimensioni notevolmente più grandi sono stati i primi veri predatori. La selezione naturale ha aiutato gli eucarioti a sviluppare corpi sempre più grandi utilizzando una maggiore quantità di energia, mentre l'incapacità dei procarioti di incrementare le loro riserve energetiche li ha destinati a un'esistenza microbica. Come mai gli eucarioti possono produrre più energia e quindi sviluppare la loro dimensione? Perchè hanno i mitocondri, che usano l'ossigeno per generare energia in modo più efficiente rispetto ai mezzi alternativi. Nella storia della Terra, il primo grande aumento di ossigeno è avvenuto poco più di 2 miliardi di anni fa, appena prima della comparsa degli eucarioti.
Cosa ha determinato l'esplosione biologica della vita nel Cambriano (circa 543-480 milioni di anni fa)
Riguardo all'esplosione biologica della vita avvenuta nel periodo cambriano, il chimico e giornalista scientifico Pietro Greco scrive (vedi bibliografia 2019):

Intorno a 543 milioni di anni fa, con un altro piccolo battito d’ali, la concentrazione di ossigeno negli oceani supera la soglia del 10% rispetto a quella attuale. Il mare è ancora povero della preziosa molecola. Ma tanto basta per consentire l’evoluzione di animali capaci di muoversi con rapidità e di cibarsi con altri animali: nascono i predatori. È una catastrofe. Sotto quelle giovani fauci la “fauna di Ediacara”, incapace di difendersi, inizia velocemente a ridursi. Ma basta poco ai sopravvissuti per escogitare qualche efficace difesa: alcuni sviluppano un esoscheletro, una dura corazza che protegge dagli attacchi. Inizia così una fantastica corsa alle armi tra prede e predatori, nota come “esplosione del Cambriano”, con cui la vita animale sperimenta strutture le più diverse. È un’esplosione – una creatività – senza precedenti e, soprattutto, senza analoghi posteriori. Nulla di simile era avvenuto prima e nulla di simile è avvenuto dopo: tutti i phila, le grandi architetture della vita, oggi esistenti sono nate nel corso dell’“esplosione del Cambriano".
Il biologo molecolare William Martin scrive: "Tutte le forme di vita conosciute risalgono a un ultimo antenato comune universale (LUCA) che ha assistito all'inizio dell'evoluzione darwiniana. LUCA è un costrutto teorico: potrebbe o non potrebbe essere stato qualcosa che oggi chiameremmo un organismo. Aiuta a colmare il divario concettuale tra rocce e acqua sulla Terra primordiale e idee sulla natura delle prime cellule. I pensieri su LUCA abbracciano decenni. Esistono varie idee nella letteratura su come LUCA fosse organizzato fisicamente e quali proprietà possedeva. Queste idee sono tradizionalmente legate alle nostre idee sull'albero della vita in generale e su dove potrebbe trovarsi la sua radice"
Cos'era LUCA (Last Universal Common Ancestor)
Il biologo molecolare Federico Baglioni scrive (vedi bibliografia 2014):

LUCA significa Last Universal Common Ancestor e rappresenta una cellula ancestrale da cui si sono evolute tutte le forme viventi e in particolare batteri e archea (o archeobatteri). Questo è il risultato di un modello messo a punto da alcuni ricercatori dell’University College di Londra e descritto in un articolo pubblicato “PLoS Biology”. [vedi bibliografia 2014] Da decenni ci si interroga su come si siano evoluti batteri e archea e da quali dei due abbia origine l’umanità. Una questione tutt’altro che facile, visto che fino agli anni Settanta si pensava che entrambi gli organismi facessero parte di un unico regno; tale convinzione era dovuta al fatto che sono effettivamente molte le caratteristiche comuni tra le due forme viventi, come i geni, il tipo di lettura del DNA e le proteine. Quando però si scoprì che differivano profondamente per quanto riguarda le membrane e i meccanismi di replicazione del DNA, i ricercatori iniziarono a formulare nuove ipotesi. E poiché i batteri mostravano una membrana e un sistema di produzione di energia molto simili alle cellule di noi eucarioti, si pensò che probabilmente erano i batteri i nostri “antenati”.
Come si è evoluto il sistema nervoso dell'essere umano?
Il neuroscienziato Joseph LeDoux ha descritto nel libro "Lunga storia di noi stessi - Come il cervello è diventato cosciente" la lunghissima storia evolutiva che risale alla nascita di un insieme di cellule dell'organismo primordiale LUCA (Last Universal Common Ancestor). Nel libro egli ha ripercorso l'evoluzione biologica delle capacità mentali umane considerandole come l'esito di una lunga storia evolutiva. Nella prefazione al libro egli scrive (p.17):

Lunga storia di noi stessi tratta dell'evoluzione del comportamento. Non si occupa solo del comportamento degli esseri umani, di altri mammiferi o di altri animali, ma anche di come il comportamento abbia cominciato ad esistere non appena sono comparse le entità viventi, gli organismi. Per sopravvivere, quegli antichi microrganismi unicellulari, antenati dei batteri con cui condividiamo il pianeta, hanno dovuto fare molte delle cose che facciamo anche noi: evitare danni, procacciarsi sostanze nutritive, conservare i fluidi e la temperatura, riprodursi. [...] obiettivo fondamentale di questo libro è quello di fornire un resoconto di ciò che più ci differenzia dalle altre specie animali: il linguaggio, la cultura, la capacità di pensare e ragionare e la capacità di riflettere su chi siamo. Sono cose nuove, che hanno, però, radici profonde che risalgono agli albori della vita.
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Tipologie di ominidi finora conosciuti
Diffusione della specie homo nel mondo
Perchè l'inconscio si è evoluto nel cervello dei primi ominidi
Perchè l'inconscio si è evoluto probabilmente nel cervello dei primi ominidi o ominini (vari tipi di Australopitechi)? I motivi li riassumono lo psicologo cognitivo John Bargh e il neuroscienziato Ezequiel Morsella nel loro studio sulla mente inconscia (vedi bibliografia 2008), essi scrivono:

L'evoluzione (così come l'apprendimento precoce e la cultura) influenza le nostre preferenze e, attraverso di esse, le nostre tendenze ad avvicinarci o evitare aspetti del nostro ambiente. Siamo predisposti a preferire determinati oggetti e aspetti del nostro ambiente rispetto ad altri. [...] Le nostre preferenze attuali derivano da quelle che in passato servivano a fini adattivi. Un principio della teoria evoluzionistica è che l'evoluzione si basa gradualmente su ciò con cui deve lavorare in quel momento; i cambiamenti sono lenti e incrementali ( Allman, 2000 ). La conoscenza acquisita a un livello inferiore di selezione cieca - le scorciatoie e altri "buoni trucchi" ( Dennett, 1995 ) che hanno funzionato costantemente sul nostro passato evolutivo a lungo termine - sono alimentati verso l'alto come punto di partenza e appaiono come conoscenza a priori, la fonte di cui non siamo a conoscenza. Campbell (1974) ha chiamato questi "processi di scelta rapida" perché ci evitano (individualmente) di dover capire da zero quali processi sono utili e quali sono pericolosi. In base alla presente argomentazione secondo cui l'inconscio si è evoluto come sistema di guida comportamentale e come fonte di impulsi adattivi e di azione appropriati, queste preferenze attivate inconsciamente dovrebbero essere direttamente collegate ai meccanismi comportamentali. Diversi studi hanno ora stabilito questa connessione: i processi di valutazione immediati e non intenzionali sono direttamente collegati alle predisposizioni comportamentali di approccio e di evitamento. L'idea che l'azione precede la riflessione non è nuova. Diversi teorici hanno postulato che la mente cosciente non è la fonte o l'origine del nostro comportamento; invece, teorizzano che gli impulsi ad agire siano attivati ​​​​inconsciamente e che il ruolo della coscienza sia quello di guardiano e creatore di sensi dopo il fatto (Gazzaniga, 1985; James, 1890; Libet, 1986; Wegner, 2002). In questo modello, i processi coscienti si attivano dopo che si è verificato un impulso comportamentale nel cervello, cioè l'impulso viene prima generato inconsciamente, quindi la coscienza lo rivendica (e lo sperimenta) come proprio. Eppure, fino ad oggi, si è detto poco sulla provenienza, esattamente, di quegli impulsi. Date le prove sopra esaminate, tuttavia, ora sembra esserci una risposta a questa domanda. Ci sono una moltitudine di impulsi comportamentali generati in un dato momento derivati ​​dalle nostre motivazioni e preferenze evolute, dalle norme e dai valori culturali, dalle esperienze passate in situazioni simili e da ciò che altre persone stanno attualmente facendo in quella stessa situazione. Questi impulsi ci hanno permesso di operare inconsciamente motivazioni, preferenze e tendenze comportamentali di approccio e di evitamento associati, così come il mimetismo e altri effetti di innesco del comportamento innescati dalla mera percezione del comportamento degli altri. Sembra che non manchino certamente suggerimenti dal nostro inconscio su cosa fare in una data situazione.
Perchè si è evoluto l'inconscio?
John Bargh ed Ezequiel Morsella scrivono: "L'inconscio si è evoluto come sistema di guida comportamentale e come fonte di impulsi adattivi e di azione appropriati, queste preferenze attivate inconsciamente dovrebbero essere direttamente collegate ai meccanismi comportamentali. Diversi studi hanno ora stabilito questa connessione: i processi di valutazione immediati e non intenzionali sono direttamente collegati alle predisposizioni comportamentali di approccio e di evitamento, così come il mimetismo e altri effetti di innesco del comportamento innescati dalla mera percezione del comportamento degli altri."
Approccio o evitamento sono alla base dello sviluppo di euristiche?
La tendenza ad avvicinarsi o a evitare elementi presenti nell'ambiente è stato, per i primi ominidi, fondamentale per sopravvivere. Essi hanno quindi predisposto il loro cervello inconscio a preferire oggetti e aspetti del loro ambiente rispetto ad altri, per motivi adattativi. Un principio della teoria evoluzionistica è che l'evoluzione si basa sugli aspetti con cui deve lavorare in quel momento, i cambiamenti sono lenti e incrementali. Le scorciatoie mentali (euristiche) e altri buoni trucchi per decidere rapidamente (e bene) sono stati sviluppati con le esperienze del loro passato, e gli hanno evitato di dover capire, ogni volta da zero, quali processi mentali erano utili e quali erano pericolosi: sono entrati a far parte del bagaglio conoscitivo inconscio. L'inconscio si è evoluto come sistema di guida comportamentale e come fonte di impulsi adattivi e di azione appropriati
Nascita dell'inconscio
Quando si parla di inconscio si pensa soprattutto a Sigmund Freud perchè è stato il principale propulsore di questo concetto a partire dalla fine dell'Ottocento. Ma naturalmente la sua opera è stata preceduta da un'esigenza culturale, che incominciò a manifestarsi in Europa con il Romanticismo a partire dall'Ottocento come spiega lo psicologo Frank Tallis nel libro "Breve storia dell'inconscio". Egli scrive (pp.17-29):
Quando il filosofo tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz scoprì il "Saggio sull'intelletto umano" di John Locke, ne fu assai impressionato. Quest'opera, pubblicata nel 1690, era un'analisi meticolosa di come la conoscenza giunge a consolidarsi nella mente. Anche se il "saggio" di Locke lo aveva entusiasmato, Leibniz nutriva alcune riserve e ne scrisse una breve critica. [...] Il "Saggio" di Locke, verso il quale Leibniz avrebbe espresso il suo dissenso postumo, racchiude tutte le caratteristiche del pensiero illuminista: la complessità  dei fenomeni mentali viene scomposta in parti costitutive più essenziali e "l'opposizione alla ragione" viene descritta come una "specie di follia". [...] La risposta di Leibniz a Locke (con la sua enfasi sulle determinanti inconsce del comportamento) rappresentava una pubblicità assai controversa nel secolo della ragione. [...] E così le idee rivoluzionarie di Leibniz sul funzionamento della mente finirono per essere trascurate. [...] All'inizio del XIX secolo l'inconscio si era ormai trasformato in qualcosa di diverso dalle "piccole percezioni" di Leibniz, che sembravano ora un concetto piuttosto limitato. Aveva acquisito una configurazione complessa di proprietà e di associazioni che riflettevano le inquietudini romantiche. L'inconscio era la fonte dell'ispirazione e della creatività, un'incudine nascosta su cui i prodotti dell'immaginazione venivano misteriosamente forgiati dall'esperienza.[...]  Un'accezione ulteriore dell'inconscio cominciava a diffondersi: quella che lo vedeva come un posto o una dislocazione. Un luogo dentro la testa che poteva essere effettivamente visitato. Un luogo per il quale si poteva evadere dalla prigione newtoniana del tempo e dello spazio. Un luogo di possibilità senza fine. Era inevitabile che, una volta concettualizzato l'inconscio come luogo, la gente volesse andarci. A tempo debito, lo fecero. Tuttavia, molti di questi primi viaggiatori della mente necessitavano di un piccolo aiuto dal "papaver somniferum", il papavero da oppio. Il lasciapassare della natura per l'inconscio.

Dall'Illuminismo al Romanticismo
La nascita del Romanticismo nella letteratura inglese è connessa alla pubblicazione delle Ballate liriche (1798) di Willian Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge. [...]  Si è detto che il movente centrale della creatività romantica non fosse l'espressione di sè, bensì l'esplorazione del Sè e in effetti, molte poesie di Wordsworth e Coleridge sono da considerarsi come prodotti di un'indagine o di un'autoanalisi. [...] Più volte si è attribuita a Coleridge l'introduzione del termine "psicologia" nella lingua inglese, sebbene la parola fosse di importazione tedesca. Le riflessioni di Coleridge sulla mente e sulla capacità immaginativa sono forse più sottili di quelle di Wordsworth, sebbene questo possa essere ricondotto a un vantaggio iniquo. A differenza del suo più morigerato compagno, Coleridge faceva uso di droghe. Nell'Ottocento, l'oppio era facilmente reperibile presso farmacisti, speziali e medici, che raccomandavano il suo impiego come analgesico. Coleridge ne era dipendente dal 1801, e le sue esperienze erano talmente influenzate dall'oppio che egli continuò a ragionare sulla natura dei fenomeni mentali per il resto della vita.
Nel 1690 John Locke aveva descritto nel "Saggio sull'intelletto umano" il funzionamento mentale secondo i canoni del pensiero illuminista, cioè razionale e senza incertezze. Leibniz l'aveva contestato suggerendo invece quanto il comportamento umano fosse guidato da cause inconsce (piccole percezioni). Ma i tempi non erano maturi, e lo diventarono solo nel secolo successivo. Nell'Ottocento infatti l'inconscio diventerà la fonte di ispirazione e creatività del Romanticismo. Incominciava a diffondersi l'idea che l'inconscio fosse un luogo dentro la testa che avrebbe permesso di sfuggire ai vincoli fisici di spazio e tempo: un luogo di possibilità senza fine
Freud, archeologo della mente, alla ricerca delle origini dei Miti
L'Ottocento e il Novecento sono stati anni di grandi scoperte archeologiche, delle quali Freud era appassionato per affrontare la sua ricerca sull'origine dei Miti. La scoperta di Troia con il palazzo di Priamo, e quella di Micene con le tombe di Agamennone e Cassandra, oltre a Cnosso sede del labirinto dove Teseo uccise il Minotauro, riportarono all'attualità Miti e personaggi dell'antichità. L'inconscio poteva aiutare a immaginare come verosimile l'ipotesi che in origine, ad esempio, Zeus fosse un Toro, o l'importanza ancora attuale di molte tragedie greche delle quali si intuisce l'origine inconscia (Edipo Re, Antigone, Medea, ecc.). Frank Tallis parlando delle importanti, ma difficili da credere (a quel tempo), implicazioni sull'importanza dell'inconscio su tutta l'attività cognitiva umana, scrive (pp.126-128):

Non potendo prender parte a un vero e proprio scavo archeologico [Freud] cominciò a considerare la possibilità di intraprendere l'equivalente psicologico. Alcuni accenni dell'intenzione di Freud si ritrovano nelle prime lettere al suo amico e collega Wilhelm Fliess. Nel 1897 Freud utilizzava espressioni come "mito endopsichico" e "psicomitologia". E in una lettera datata 4 luglio 1901 scriveva: "Hai letto che gli inglesi hanno scavato un vecchio palazzo a Creta (Cnosso), che dichiarano essere il vero labirinto di Minosse? Sembra che Zeus fosse originariamente un toro. Anche il nostro vecchio Dio fu venerato presumibilmente come toro, prima della sublimazione istigata dai persiani. Mi vengono i pensieri più disparati, che per ora non possono essere messi per iscritto". Restiamo con l'impressione di un uomo comune [Freud] che, imbattutosi in alcune difficili verità sulla condizione umana, abbia accettato suo malgrado il peso di portare queste realtà a un mondo ostile e poco ricettivo. Siamo spinti a provare compassione per lui e ad ammirarlo per il suo coraggio. In nessuno dei suoi scritti ciò si rende tanto evidente come nella diciottesima lezione dell'Introduzione alla psicoanalisi (1916-1917). Nel paragrafo conclusivo di quest'opera, Freud afferma di aver inferto, sottolineando l'importanza dell'inconscio nella vita mentale "la terza mortificazione", dopo Copernico e Darwin, al narcisismo umano.

Riguardo alla formazione dei simboli della madre e del toro e al loro uso religioso, lo storico delle religioni Julien Ries , in uno studio sulle origini della coscienza (vedi bibliografia) , scrive:

Si tratta di due simboli chiave che danno adito all’interpretazione dell’arte neolitica che troviamo molto diffusa in Anatolia, in Siria e in Palestina nel VIII millennio e di cui la documentazione più importante è la città di Çatal Hüyük che fu occupata dal 6.200 al 5.500 a.C. In questa città gli archeologi hanno trovato una grande quantità di santuari domestici, di affreschi dipinti, di alto-rilievi, di statue. I due simboli, la dea madre e il toro, occupano un posto di rilievo. Si tratta di due divinità in presenza delle quali si ergono esseri umani, con le braccia alzate verso di esse in un gesto di implorazione o per lo meno di relazione. Con la civiltà natufiana, all’alba del Neolitico, siamo in presenza di una nuova documentazione che gli archeologi sono sul punto di mettere a nostra disposizione. Questa documentazione ci fa percepire quattro tappe nella crescita dell’uomo a partire dal X millennio.

1. La sedentarizzazione, un fatto culturale che sfocia nella creazione di comunità di villaggio.
2. La creazione di un’arte nuova nella quale emergono due simboli: la donna feconda e il toro.
3. L’invenzione dell’agricoltura, del lavoro dei campi e della ceramica segnano l’inizio del Neolitico
4. La creazione di santuari, la moltiplicazione delle statue della dea madre e del toro, i primi oranti con le mani levate verso le divinità e la diffusione di questa religione in tutto il Vicino-Oriente dal VI millennio, quindi nel mondo mediterraneo.

L’uomo, secondo l'archeologo Jacques Cauvin, ha creato ormai una vera religione. Ha preso coscienza del divino, e la esprime attraverso simboli e rappresentazioni, per mezzo di significanti come le statue e gli affreschi. Per la prima volta nella storia dell’umanità si manifesta la coscienza della necessità di relazioni dell’uomo con la divinità.
Frank Tallis scrive: "Queste considerazioni portarono alla pubblicazione di Totem e Tabù (1912-1913), che molto probabilmente è l'opera più fantasiosa di Freud. In essa, si ipotizzarono le possibili corrispondenze tra il complesso di Edipo, l'emergenza di temi edipici nell'arte e nel teatro, un evento reale in cui il maschio dominante (o padre) veniva ucciso dai maschi più giovani di un'orda primitiva (o tribù) al fine di ottenere l'accesso alle femmine fino ad allora gelosamente custodite. Era una suggestione straordinaria. Inoltre, portava con sé l'importante implicazione che le memorie antiche e le emozioni loro associate potevano essersi tramandate attraverso generazioni successive"
Il Toro celeste degli Egizi
Nella sepoltura del faraone Seti I, in una stanza laterale
decorata con scene del Libro del toro celeste adorato dai fedeli, che illustrano la creazione della volta celeste da parte della dea Nut.
Lo psicoanalista Paolo Migone scrive: "Per inconscio cognitivo si intende quella parte del funzionamento mentale che è inconscia non perché è stata rimossa, ma perché non è mai stata conosciuta, e quindi non sarà né potrà mai essere ricordata" [...]  la coscienza è molto lenta, funzionando un po' come un "collo di bottiglia": occorre più tempo affinché tutta "l'acqua dell'inconscio" esca e divenga conscia [...] Mi sembra che si possa dire che la caratteristica principale dell'inconscio psicoanalitico [affettivo] sia quella di essere "dinamico"
Quanti inconsci ci sono? Prevalenza dell'inconscio nel ragionamento umano
Quello di cui abbiamo parlato finora è solo una parte dell'inconscio, quello psicoanalitico di Freud, che viene chiamato "affettivo", ma poi ce n'è un altro che Freud trascurò ma che è evidente a tutti noi: l'inconscio cognitivo. Lo psicologo Arthur Reber, sulla prevalenza dell'inconscio nel ragionamento umano, scrive (vedi bibliografia 1992):

Negli ultimi decenni è diventato sempre più chiaro che una notevole quantità di lavoro cognitivo va avanti indipendentemente dalla coscienza. La ricerca è stata [da noi] condotta principalmente su due aspetti, apprendimento implicito e memoria implicita. Il primo si è occupato principalmente dell'acquisizione di conoscenze indipendenti dalla consapevolezza e il secondo del modo in cui i ricordi non prontamente disponibili per il richiamo o il riconoscimento cosciente svolgono un ruolo nel comportamento; collettivamente queste operazioni comprendono le funzioni essenziali dell'inconscio cognitivo. [...] L'argomento è che l'inconscio cognitivo, nonostante la sua apparente raffinatezza, è di notevole antichità evolutiva e precede di molto tempo i sistemi cognitivi coscienti. Vengono esplorate varie implicazioni di questa prospettiva evolutiva, comprese questioni come la filogenesi e l'ontogenesi dei processi impliciti, la robustezza delle funzioni implicite mostrate dalla capacità di resistere alle interruzioni dovute a disturbi psicologici e neurologici, la relazione tra cognizione implicita e intelligenza e le differenze individuali nelle capacità cognitive implicite".

Sembra dunque che ci siano vari tipi di inconscio che possono, oggi, essere raggruppati in un inconscio cognitivo e in un inconscio affettivo (cioè psicoanalitico) come scrive lo psicoanalista Paolo Migone:

Un'altra caratteristica dell'inconscio psicoanalitico è quella di essere, come una volta lo definì Freud (1932, p. 179), un "calderone ribollente" di impulsi e desideri. Questo aspetto lo rende certamente molto diverso dall'inconscio cognitivo, dove non si parla di desideri che premono per la loro gratificazione immediata, di pulsioni insaziabili che continuamente mettono in difficoltà l'Io il quale deve usare dei meccanismi di difesa per arginarle (rimozione, sublimazione, spostamento, ecc.). Nell'inconscio cognitivo si parla, più che di emozioni, appunto di "cognizioni", di pensieri, di problem solving, e di "processi" più che di "contenuti". Secondo la psicoanalisi freudiana infatti il pensiero - cioè i processi cognitivi, quelli insomma che sono oggetto di studio dei cognitivisti - non si forma autonomamente, ma dal conflitto con la realtà".

La vera differenza  tra affettivo e cognitivo Paolo Migone la esprime scrivendo:

Per inconscio cognitivo si intende quella parte del funzionamento mentale che è inconscia non perché è stata rimossa, ma perché non è mai stata conosciuta, e quindi non sarà né potrà mai essere ricordata. [...]  Si può anche dire che l'inconscio propriamente cognitivo sia quella parte di noi "che non si può mai ricordare né dimenticare", ed è una parte importantissima del nostro funzionamento mentale, indispensabile nella vita quotidiana. Si può anche chiamare "memoria procedurale", o "elaborazione parallela distribuita" (Parallel Distributed Processing [PDP]) delle informazioni della memoria a lungo termine, memoria che regola e controlla i movimenti automatici (andare in bicicletta, camminare, ecc.). Noi afferriamo una palla al volo senza essere consci di come facciamo, e se ce lo chiediamo è possibile che non riusciamo più a prenderla così bene. Questa memoria è "parallela" perché appunto una caratteristica dei processi inconsci è di non essere "seriali", cioè non operano uno dopo l'altro ma con infiniti processi paralleli che avvengono simultaneamente. La coscienza invece per definizione è seriale, cioè le informazioni passano una dopo l'altra, per così dire in "fila indiana": questa è una grossa limitazione, nel senso che non possiamo fare consapevolmente due cose simultaneamente (ad esempio due discorsi), ma solo una per volta, mentre possiamo conversare con un amico e nello stesso tempo guidare la macchina. Mentre cioè pensiamo o facciamo una cosa, avvengono simultaneamente tanti altri processi nel nostro inconscio cognitivo (si pensi ad esempio alle informazioni date dal nostro cervello ai muscoli del tronco che ci permettono, mentre parliamo, di mantenere la stazione eretta, di cui non siamo consapevoli né ci servirebbe esserlo). Ne consegue che la coscienza opera, per così dire, una selezione tra le tante informazioni presenti nell'inconscio, e questo è il motivo per cui quello che diventa conscio è sempre una parte molto ridotta, limitata, e forse anche distorta, della complessità delle elaborazioni inconsce parallele (tra l'altro, una delle domande più interessanti che si chiedono alcuni filosofi della mente e studiosi del rapporto mente/corpo non riguarda tanto la natura della coscienza, sulla quale peraltro il dibattito è ancora molto vivo, quanto il motivo per cui essa esiste, dato che molte specie animali sono sopravvissute bene per millenni, e si sono anche evolute raggiungendo livelli elevati di funzionamento e adattamento, senza aver mai avuto alcun bisogno della coscienza). Inoltre la coscienza è molto più lenta, funzionando un po' come un "collo di bottiglia": occorre più tempo affinché tutta "l'acqua dell'inconscio" esca e divenga conscia [...] Mi sembra che si possa dire che la caratteristica principale dell'inconscio psicoanalitico sia quella di essere "dinamico". Lo psicologo John Kilstrom specifica meglio la differenza tra i due tipi di inconscio scrivendo: "Il concetto psicodinamico di inconscio si contrappone alla visione della vita mentale inconscia adottata dalla moderna psicologia cognitiva e sociale. Per Sigmund Freud (1856–1939), l'inconscio dinamico conteneva pensieri, sentimenti e desideri che erano stati negati alla consapevolezza cosciente a causa di una forza psicologica, cioè la rimozione, schierata contro di essi. Faceva parte di una struttura inconscia più ampia i cui contenuti erano descrittivamente inconsci, semplicemente perché non erano consapevoli in un momento particolare. L'evidenza per l'inconscio cognitivo, sotto forma di processi automatici, memoria implicita, percezione subliminale e simili, non garantisce l'accettazione dell'inconscio dinamico della teoria psicoanalitica. La voce descrive brevemente tre esempi di programmi di ricerca che hanno tentato di documentare l'inconscio dinamico".
Sembra dunque che ci siano, almeno, due tipi di inconscio, cioè: L'inconscio affettivo (quello psicoanalitico) e l'inconscio cognitivo, come scrive lo psicoanalista Paolo Migone: "Un'altra caratteristica dell'inconscio psicoanalitico è quella di essere, come una volta lo definì Freud (1932, p. 179), un "calderone ribollente" di impulsi e desideri. Questo aspetto lo rende certamente molto diverso dall'inconscio cognitivo, dove non si parla di desideri che premono per la loro gratificazione immediata, di pulsioni insaziabili che continuamente mettono in difficoltà l'Io il quale deve usare dei meccanismi di difesa per arginarle (rimozione, sublimazione, spostamento, ecc.). Nell'inconscio cognitivo si parla, più che di emozioni, appunto di "cognizioni", di pensieri, di problem solving, e di "processi" più che di "contenuti". Secondo la psicoanalisi freudiana infatti il pensiero - cioè i processi cognitivi, quelli insomma che sono oggetto di studio dei cognitivisti - non si forma autonomamente, ma dal conflitto con la realtà".
Alla luce delle verifiche strumentali rese possibili dalle neuroscienze, Sigmund Freud aveva visto giusto con un secolo di anticipo?
Gli psicoterapeuti Alfio Maggiolini e Virginia Suigo hanno recentemente intervistato lo psicoanalista e neuropsicologo Mark Solms rivolgendogli alcune domande sulla validità delle idee di Sigmund Freud alla luce delle verifiche neurobiologiche oggi possibili con i nuovi mezzi  (vedi bibliografia 2020):

Domanda1: Ci sono differenze tra il concetto di “inconscio” secondo Freud e secondo le neuroscienze moderne?

Risposta1 di Mark Solms:
Credo che l’aspetto più importante da sottolineare, quando si confrontano le credenze attuali con quelle freudiane in tema di coscienza, è che ai tempi di Freud era opinione diffusa che la coscienza avesse a che fare con la percezione. Come un flusso che proviene dall’esterno. Lo stesso Freud era convinto che la coscienza fosse legata alle percezioni. Oltre a questo, tuttavia, secondo Freud esisteva anche ciò che egli stesso ha definito “coscienza affettiva”, o coscienza emotiva. Da questo punto di vista, Freud era in anticipo rispetto al suo tempo. Ora sappiamo che la coscienza emotiva, ossia la coscienza che proviene dall’interno del soggetto, è molto più importante della coscienza percettiva. Quest’ultima, infatti, è secondaria rispetto alla coscienza affettiva. La forma primaria di coscienza è la coscienza endogena, generata internamente.
In sintesi, tutti i maestri di Freud erano convinti che la coscienza provenisse dall’esterno; Freud stesso lo pensava, ma pensava altresì, in aggiunta a ciò, che esistesse anche una coscienza affettiva. Oggi crediamo che questa coscienza affettiva sia la più importante e che diventiamo consapevoli di ciò che proviene dall’esterno solo grazie ad essa. Si è verificato un vero e proprio spostamento della nostra attenzione. Mentre in passato eravamo per lo più concentrati sulla coscienza in relazione al mondo esterno, oggi tendiamo a guardare alla coscienza come a qualcosa che nasce da dentro di noi.

Domanda2: Che cosa ci dicono queste riflessioni circa le motivazioni che guidano il nostro comportamento? In altre parole, per gli esseri umani quanto contano le motivazioni inconsce e quelle consapevoli?

Risposta2: Anche sotto questo profilo, Freud è stato un pioniere nel riconoscere l’importanza delle motivazioni e della soggettività, di ciò che viene da dentro di noi. Ciò che Freud non aveva compreso, tuttavia, è quanto tutto questo abbia a che fare con la coscienza. Freud pensava alle spinte motivazionali interne come a pulsioni, intesi come meccanismi inconsci, corporei, che influenzano la mente in maniera molto indiretta. La prospettiva da cui osserviamo il fenomeno oggi è che questi meccanismi motivazionali interiori sono proprio ciò che genera la coscienza, a partire da ciò che genera le sensazioni come avere fame, sete o sonno. Questa è la forma fondamentale della coscienza. È ciò che ci spinge a uscire fuori nel mondo. L’unica ragione per la quale siamo interessati al mondo esterno è che è proprio lì che si trova tutto ciò di cui potremmo avere bisogno. Pertanto, sensazioni e motivazioni sono due aspetti di un unico fenomeno. Le sensazioni sono l’origine della coscienza; la motivazione è anch’essa l’origine della coscienza. In sostanza, la coscienza è ciò che ci permette di diventare consapevoli del mondo esterno e di attribuire a esso un qualche valore. Pertanto, in questo senso, la coscienza è qualcosa di qualitativo. Ha carattere valutativo. Il mondo, di per sé, è fatto di cose. Il significato che queste cose hanno per noi è permeato dalle sensazioni e dalla coscienza. In definitiva, motivazione, coscienza e sensazione sono tutte parti della stessa cosa.

Domanda3: Che cos’è la neuropsicoanalisi? Qual è il contributo dato dalla neuropsicoanalisi alla psicoanalisi?

Risposta3: I metodi neuroscientifici presentano numerosi vantaggi rispetto a quelli psicoanalitici, ma ciò non significa che possano sostituire del tutto il metodo psicoanalitico. Il metodo psicoanalitico ha il grande potere di essere in grado di esplorare l’esperienza soggettiva, che è molto difficile da studiare oggettivamente. Quindi, per poter studiare la mente anche come oggetto – che è ciò che fa la neuroscienza –, la neuroscienza deve studiare anche il soggetto della mente come oggetto. [...] Non avremmo mai capito, grazie ai soli metodi psicoanalitici, che la forma fondamentale della coscienza è quella affettiva. Non lo sapremmo. Perché, invece, lo sappiamo? Lo sappiamo perché, quando osserviamo il cervello dal punto di vista anatomico (attraverso metodi neuroscientifici), stiamo in effetti guardando quale parte del cervello genera la coscienza. In altre parole, ci stiamo domandando: «da dove viene la coscienza anatomicamente, cioè in un modo che è possibile vedere con i nostri occhi?». Non viene dalla corteccia, né dalle aree cerebrali percettive sensoriali. Viene dal profondo. Questa è una scoperta anatomica, che è stato possibile fare grazie ai casi di danno a quelle parti del cervello. Abbiamo potuto vedere, infatti, dove si trovava il danno. E quindi abbiamo avuto modo di applicare tutti quei metodi ulteriori (come la EEG, la stimolazione cerebrale profonda, la PET), che sono in grado di mostrarci quali sostanze neurochimiche vengono attivate quando l’individuo è cosciente e quando non lo è.
Frank Tallis scrive: "Freud si rivolge all'esperienza che il comune lettore fa della vita mentale, che sembra dipendere da un substrato inconscio di attività. Egli sottolinea che le idee (e talvolta le soluzioni ai problemi) sembrano affacciarsi alla coscienza senza un pretesto. Da dove provengono? Dove avviene la risoluzione di questi problemi? Una semplice autosservazione sembrerebbe suggerire che molte idee sono il risultato di precedenti stadi di analisi preconscia o di contemplazione. Ma i pensieri e le immagini ordinarie semplicemente arrivano nel flusso di coscienza. Non siamo consapevoli del loro assemblaggio, ma solo della loro trasmissione"
In che modo avviene il Priming: messaggi subliminali e sopraliminali
Il modo per accedere all'inconscio, usato dai ricercatori, è stato quello "subliminale", cioè quello di esporre dei contenuti (parole, suoni, immagini, ecc) per un tempo inferiore alla soglia percettiva  umana, che è di circa 500ms. La coscienza del soggetto non è consapevole di aver visto i contenuti, ma il suo inconscio li ha registrati. Il sito Neuroscienze.net riporta:
L’interesse per la percezione subliminale risale ai primi del novecento e nasce grazie ai sorprendenti risultati degli esperimenti condotti dal neurologo Otto Poetzel (riportati anche nell’edizione del 1919 de L’Interpretazone dei sogni di Freud). Questi sottoponeva dei soggetti a delle proiezioni di immagini per brevissime frazioni di secondo e poi chiedeva loro di disegnare ciò che avevano visto. Poi, il giorno successivo esaminava i loro sogni, scoprendovi quegli elementi o particolari delle immagini proiettate che il soggetto non aveva rilevato consciamente il giorno prima e che non aveva riportato nei suoi disegni. Questi risultati portavano alla luce il fatto che l’uomo vede e sente molto di più di quanto egli consapevolmente crede di vedere e sentire, e non solo, ma anche che quanto egli vede e sente “senza saperlo” rimane presente ed agisce nella sua memoria subconscia. Tali risultati aprirono la strada a tutta un serie di studi sul fenomeno della percezione subliminale.



I messaggi "sopraliminali" implicano uno stimolo che ha un'influenza sia conscia che inconscia. La parola "limen" proviene dal greco e significa "soglia". A differenza dei messaggi subliminali, i messaggi sopraliminali contengono uno stimolo che le persone possono effettivamente notare, ma esse non sanno che sta influenzando il loro comportamento. Questo fenomeno influenza la vita quotidiana di ogni persona e prende il nome di "priming". Nella nostra rete semantica ogni nodo che contiene informazioni simili o correlate è connesso; se un'area della nostra rete semantica è attivata, lo sono anche altre aree. Di conseguenza i messaggi sopraliminali ci influenzano inducendoci a pensare ad aspetti di un messaggio che sono correlati. E' un meccanismo mentale che ci fa preferire tutto ciò che abbiamo già visto rispetto a stimoli completamente sconosciuti. Un automatismo usato dai pubblicitari e dai politici per favorire l'accoglimento rapido di prodotti, personaggi e idee. Il Priming consiste infatti nello sfruttamento dell'euristica del riconoscimento da parte dei comunicatori: quanto maggiore è l'enfasi e la frequenza con cui una notizia viene divulgata, tanto maggiore è anche il richiamo alla memoria dello schema mentale del lettore (e di tutti i concetti che il lettore ha associato nel tempo a quel tema). Sfruttando il priming i comunicatori influenzano le decisioni di voto degli elettori e di acquisto dei consumatori. Non a caso Amazon ha denominato "prime" i servizi che offre in abbonamento ai consumatori.



I neuroscienziati Christianne Jacobs e Alexander Sack nel loro articolo (vedi bibliografia 2012), hanno indagato il ruolo che l'adescamento subliminale gioca nei comportamenti. Essi scrivono:

Si stanno accumulando prove a favore della necessità di una connettività ricorrente per la consapevolezza visiva, sebbene alcune domande, come la necessità di una connessione globale rispetto a elaborazioni locali ricorrenti, non sono ancora chiarite. Tuttavia, questo non vuol dire che l'elaborazione ricorrente sia sufficiente per la coscienza, come implicherebbe una definizione neurale della coscienza in termini di connettività ricorrente. Sosteniamo che l'interesse limitato che la neuroscienza cognitiva ha attualmente per l'NCSP (Neural Correlates of Subliminal Priming) è immeritato, perché la scoperta dell'NCSP può fornire informazioni sul motivo per cui le persone esprimono (e non) determinati comportamenti. [...] Il priming subliminale ha guadagnato interesse da una prospettiva neuroscientifica e, accanto alla risposta comportamentale, la risposta neurale agli stimoli subliminali è diventata un argomento di ricerca scientifica. Affinché uno stimolo inconscio guidi il comportamento futuro, deve, almeno in una certa misura, attivare il macchinario neurale, che è in sostanza il generatore di tutti i comportamenti. L'attività neurale correlata alla capacità di innesco di uno stimolo subliminale potrebbe essere chiamata i correlati neurali dell'innesco subliminale o NCSP. D'altra parte, il fatto che lo stimolo rimanga inconsapevole, implica che manchi un aspetto vitale dell'elaborazione neurale, ovvero l'NCC (Neural Correlate of Consciousness). Tracciare la firma neurale del priming subliminale (e sopraliminale) potrebbe avvicinarci alla risoluzione del mistero di come il cervello umano crea la coscienza. Un approccio che è stato adottato per identificare l'NCC è la sottrazione delle risposte neurali agli stimoli visivi consapevoli rispetto a quelli inconsapevoli. L'attività neurale residua dopo la sottrazione è considerata parte del NCC. Ultimamente è stata avanzata l'idea che l'NCC sia costituito da connessioni ricorrenti (o rientranti) non gerarchiche.



Percezione subliminale in relazione a NCC e NCSP. Il priming subliminale è un paradigma interessante, perché comporta la dissociazione della consapevolezza visiva e dell'impatto comportamentale, come misurato dal priming. Le condizioni del priming subliminale sono state principalmente confrontate con le condizioni del priming sopraliminale (consapevolezza e priming). Questo approccio fornisce informazioni sui correlati neurali della coscienza (NCC). La dimensione opposta riflette il contrasto tra il priming subliminale e le condizioni in cui lo stimolo visivo subliminale non porta al priming. Questo approccio può essere informativo per quanto riguarda i correlati neurali del priming subliminale (NCSP). La quarta condizione (consapevolezza + nessun adescamento) è la situazione che teoricamente completerebbe la tabella,

Le conclusioni dell'articolo sono:

Connessioni ricorrenti sono state implicate in molti aspetti della percezione visiva, non ultima la consapevolezza fenomenale degli stimoli visivi. Le prove neuroscientifiche che le connessioni ricorrenti sono (parte del) NCC si stanno accumulando. Ma per alcuni ricercatori questo non va abbastanza lontano. Victor Lamme, uno dei primi e più visibili fautori di connessioni ricorrenti come l'NCC, ha suggerito che non si parla più di correlato neurale della coscienza, ma piuttosto di una definizione neurale di coscienza (NDC). Non sorprende che affermi che definire la coscienza in termini di connettività ricorrente ha più senso. Ci si potrebbe chiedere se i tempi siano maturi per un simile cambiamento paradigmatico. Anche se l'evidenza empirica che implica un'attività ricorrente nella consapevolezza è in aumento, ciò non porta automaticamente alla conclusione che l'attività ricorrente sia sufficiente per la consapevolezza, una conclusione che è implicitamente parte del concetto di NDC.
I neuroscienziati Christianne Jacobs e Alexander Sack scrivono: "Durante le elezioni presidenziali americane del 2000, il Partito Repubblicano è stato accusato di aver nascosto un messaggio in uno dei suoi spot televisivi. Nel contesto della politica del Partito Democratico, la parola “topi” è stata lanciata, presumibilmente per stabilire un legame cognitivo che associa i Democratici ai topi. Ma si diceva che la presentazione della parola fosse così breve che non poteva essere percepita consapevolmente dagli spettatori. Evidentemente, dato che questo spot è stato trasmesso dalla televisione nazionale, piuttosto che in un ambiente di laboratorio controllato, non ci sono dati disponibili sulla misura in cui le persone fossero effettivamente ignare del messaggio nascosto. Tuttavia, sono state eseguite molte ricerche sperimentali sulle condizioni di stimolo che modulano la consapevolezza visiva, ed è stato studiato se qualsiasi informazione correlata allo stimolo rilevante di questo tipo di stimoli brevi viene elaborata, anche se la consapevolezza è assente. Il concetto di percezione subliminale è affascinante, perché riflette il fatto che il nostro cervello può “sapere” più di quanto sperimentiamo consapevolmente. Questo porta a chiedersi come le nostre decisioni siano influenzate da questi processi (neurali) inconsci.Tornando all'esempio della nostra vita quotidiana di campagna politica, potremmo porci la domanda: anche se i potenziali elettori percepissero inconsciamente il messaggio nascosto, questo influenzerebbe il loro comportamento di voto?  Ovviamente, nell'esempio fornito sarebbe molto difficile da determinare, a causa della grande quantità di variabili (confondenti) che contribuiscono tutte alle preferenze politiche delle persone. Ma la questione fondamentale della possibile influenza di uno stimolo subliminale sul comportamento successivo può essere isolata e studiata in un ambiente di laboratorio semplificato"
Dal preconscio alla coscienza
Riguardo al sistema preconscio, che contiene tutti quei pensieri che possono diventare consci mediante uno stimolo esterno, un'associazione reiterata o una connessione ricorrente, la Treccani cita:
In psicologia, si dice preconscio qualsiasi fenomeno psichico che, pur appartenendo alla sfera dell’inconscio, è tuttavia atto e prossimo a diventare conscio in qualsiasi momento e senza resistenze. Sigmund Freud, proprio sulla base della sua possibilità di accesso alla coscienza, distingue il preconscio dall’inconscio.



Il "salto" dal preconscio al conscio può essere rapido e frequente se i contenuti preconsci sono accettati dalla persona e non comportano rischi identitari. Essi costituiscono la base di futuri apprendimenti.
Il passaggio di un contenuto dal preconscio alla coscienza dipende dall'attenzione che il soggetto dedica al tema inconscio e dall'intensità dell'eccitazione emotiva
Conclusioni (provvisorie): Il pensiero inconscio si è costruito subito, nella mente umana, per supportare la sopravvivenza (probabilmente attraverso la costruzione delle euristiche che governano anche oggi ogni nostra decisione)
La consapevolezza umana delle fantastiche proprietà del cervello è cresciuta lentamente, di pari passo con l'evoluzione culturale, fino all'accelerazione degli ultimi due secoli. Dopo l'Illuminismo, nel quale si pensava che l'intelletto umano fosse esclusivamente razionale, e che il filosofo John Locke espresse nel 1690 con il "Saggio sull'intelletto umano" con il quale diede avvio alla Psicologia, arrivò il filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz, precursore del calcolo matematico e dell'informatica, che espresse critiche al saggio di Locke asserendo che vi fossero delle cause inconsce (le piccole percezioni) nel funzionamento mentale umano. Ma i tempi non erano maturi, dato che si era ancora nel periodo illuminista. Stavano maturando nella società quelle inquietudini che diedero luogo al Romanticismo. Lo psicologo Frank Tallis, descrivendo il superamento delle idee illuministiche riguardo alla mente scrive nel libro "Breve storia dell'inconscio": "La precisione degli orologi da tavolo, che aveva offerto all'età della ragione una metafora così potente aveva perduto il suo smalto. La mente non era un orologio ben regolato. Non poteva essere smontata e riassemblata con l'introspezione. La mente era vasta, profonda, forse infinita e le sue profondità potevano essere visitate nel sonno e sperimentate nei sogni. L'inconscio era arrivato. [...] All'inizio del 1880 la psicoterapia non esisteva (e l'ipnosi si era dimostrato un trattamento poco affidabile). Verso la fine degli anni ottanta dell'Ottocento, però, tutto sarebbe cambiato. L'inconscio stava per conquistare un ruolo centrale nelle spiegazioni fin de siecle della malattia mentale. Inoltre, la psicoterapia sarà l'istituzione e il mezzo attraverso cui l'inconscio diventerà il più famoso tra i concetti psicologici." Che la vita mentale dell'essere umano si svolgesse prevalentemente al di fuori della coscienza era già stato intuito prima della nascita della psicoanalisi, ma Sigmund Freud con la pubblicazione nel 1899 della "Interpretazione dei sogni" lo rese noto al grande pubblico. Freud, che era un neurologo, nacque in un periodo storico privo di strumenti che gli consentissero di sperimentare e dimostrare scientificamente le sue ipotesi sulle patologie mentali, e questa limitazione lo costrinse a uno sforzo culturale enorme che ha arricchito la cultura occidentale (come documentato, ad esempio, nei libri: Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio, Totem e Tabù, Il disagio della civiltà, L'avvenire di una illusione). Di alcune proprietà umane, presenti nella normalità, Freud si disinteressò deliberatamente, probabilmente perchè egli era interessato a ciò che patologizzava l'essere umano. Non dimostrò interesse, ad esempio, per l'inconscio cognitivo che sostiene molte delle attività quotidiane umane. Oggi lo psicologo Arthur Reber, sulla prevalenza dell'inconscio nel funzionamento umano, scrive: "Negli ultimi decenni è diventato sempre più chiaro che una notevole quantità di lavoro cognitivo va avanti indipendentemente dalla coscienza". Oggi la neuroscienziata Heather A. Berlin scrive: "L'inconscio è virtualmente illimitato e riesce a gestire una quantità di stimoli immensa senza risentirne. Ciò che percepiamo coscientemente dipende dalle esperienze che abbiamo fatto, quindi dalla cultura che abbiamo e dagli ambienti in cui siamo stati immersi. Da un esperimento subliminale scaturisce che la corteccia prefrontale è l'ultima a sapere le cose, perchè prima che la decisione dei livelli più incosci arrivi a lei ce ne passa. Le aree sottocorticali più vecchie evolutivamente vengono interessate prima delle altre perchè ti stanno convincendo ad avere una ricompensa; il tuo cervello da rettile ti sta guidando a cercare una ricompensa o ad evitare il dolore, ecc. mentre la corteccia prefrontale pensa alle conseguenze a lungo termine delle tue scelte. La corteccia prefrontale è il tuo superego. Quando c'è uno squilibrio troppo elevato tra i due sistemi (che combattono tra loro) ci possono essere disturbi mentali. Freud aveva ragione quando parlava dei meccanismi di difesa quali la repressione o la dissociazione." Riguardo ai progressi della Psiche, lo psicoanalista Luigi Zoja scrive nel suo libro "Psiche": "Il progresso, la democrazia, lo Stato di diritto, la giustizia sociale, lo sviluppo economico, i diritti umani: tutto ciò richiede una fuoriuscita dal vissuto magico e dalla situazione in cui la psiche è eccessivamente diluita nel mondo circostante. E' la condizione necessaria per separare il soggetto dall'oggetto osservato e raggiungere delle conquiste". Ma queste sono conquiste della coscienza...
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    Pagina aggiornata il 7 settembre 2023

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    Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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