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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Interpretazione ed ermeneutica
TEORIE > CONCETTI > LETTURA CRITICA
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Nell'antichità classica l'interpretazione poteva avere due modalità, come scrivono i semiologi Pisanty e Pellerej: "Rispetto a una teoria del segno, interpretare significa risalire con un ragionamento (ovvero inferenzialmente) dalla constatazione di un fenomeno manifesto alla conoscenza di qualcosa che è inaccessibile ai sensi, e di cui il fenomeno è un effetto; rispetto a una teoria del linguaggio, interpretare significa attribuire significati alle espressioni linguistiche". La cultura greca, fondamentalmente orale, privilegiava la divinazione oracolare, che è presente in tutta la letteratura scritta e pone particolare enfasi sull'aspetto enigmatico e dialettico dell'oracolo. Il segno oracolare è ambiguo e polisemico, e scatena più interpretazioni diverse in competizione reciproca, e nei racconti riportati dagli storici si assiste a uno scarto tra un'INTERPRETAZIONE LETTERALE, e quindi linguistica del responso dell'oracolo, che di solito risulta errata, e un'INTERPRETAZIONE ENIGMATICA che sfugge alla comprensione, diventando chiara solo quando gli eventi a cui si riferisce si sono effettivamente (e irrimediabilmente) compiuti. Ancora oggi, in buona parte del mondo occidentale, vige l'abitudine di consultare gli oroscopi o i tarocchi, che sono i successori ingenui degli oracoli. Nel Terzo mondo e nelle sue culture arcaiche sono ancora usati rituali magici eseguiti da sciamani locali. L'interpretazione moderna, secondo il filosofo Hans Georg Gadamer, viene effettuata mediante il circolo ermeneutico, applicato all'interpretazione di testi antichi e che egli così descrive nel libro "Verità e metodo" (p. 603): "Come si configura il lavoro ermeneutico? Che conseguenze ha per la comprensione la condizione ermeneutica dell'appartenenza a una tradizione? Ricordiamo la regola ermeneutica secondo cui si deve comprendere il tutto a partire dalle parti e le parti dal tutto. Essa proviene dalla retorica antica, e l'ermeneutica moderna l'ha trasferita dalla retorica alla tecnica del comprendere. Nell'un caso come nell'altro ci troviamo di fronte a un circolo. [...] Ciò che si tratta di fare è allargare l'unità del senso compreso in cerchi concentrici. Il criterio per stabilire la correttezza delle interpretazioni è l'accordarsi dei particolari nel tutto. Se tale accordo manca, l'interpretazione è fallita". In seguito, come scrivono Pisanty e Pellerej (p.54): "La nozione di circolo ermeneutico si è estesa a studi e discipline confinanti che, nel corso del Novecento, hanno stretto rapporti intensi di scambio teorico e concettuale con le teorie linguistiche e testuali." Quindi, secondo la semiotica interpretativa, l'interpretazione di un testo equivale all'interpretazione di un mondo, e il processo circolare del "circolo ermeneutico" rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione. L'applicazione dei metodi ermeneutici si è estesa alla microsociologia di Erving Goffman per l'analisi delle interazioni sociali e i rituali della vita quotidiana, fino all'etnometodologia di Harold Garfinkel per le indagini sui metodi con cui le persone danno un senso alla propria esistenza, e infine agli aspetti interazionali dei processi comunicativi di Paul Watzlawick. Espongo quindi un esempio applicativo del circolo ermeneutico rivolto agli operatori delle relazioni d'aiuto come strumento metodologico per migliorare la comprensione di ciò che avviene nel corso della sedute di psicoterapia, che lo psicoterapeuta Giacomo Gaggero, ha riportato nel libro "Comprendere l'altro" - Il circolo ermeneutico della relazione d'aiuto.
Altan
It is a situation to be interpreted.
Punti chiave
Il mio progetto ermeneutico esprime la convinzione che ci avviciniamo alle cose solo dialogando. (Hans Georg Gadamer)
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Parlare di limiti dell'interpretazione significa appellarsi a un modus, ovvero a una misura. (Umberto Eco p.77)
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Con la scienza moderna, si tenta di ripulire ogni resoconto sul mondo da quelle ambiguità che richiedono una interpretazione; evitando quest’ultima, si fuoriesce dal soggettivo e si approda a descrizioni valide per tutti. (Tito Arecchi)
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Storicamente, la scienza moderna si è costituita attorno a due auto-limitazioni. La prima – enunciata da Galileo a Marco Welser nel 1610, consiste nel “non tentare le essenze, ma contentarsi delle affezioni quantitative”. In altre parole, con un programma di riduzionismo metodologico, si ritagliano da  un fenomeno solo quegli aspetti suscettibili di misura; si ha così un pacchetto di numeri con cui si cerca di ricostruire il fenomeno, avendo eliminato tutti gli aspetti non misurati. Una manipolazione formale, puramente sintattica, di un pacchetto di simboli, senza attribuire ad essi un significato, è il modo di procedere di un calcolatore; ne è emersa la convinzione che la ragione operi come una macchina di calcolo, per pura via sintattica, su un pacchetto di simboli (i dati misurati o percepiti) senza attribuire ad essi alcun significato.
La seconda auto-limitazione è legata al teorema di Bayes (1763). Nello sviluppare un ragionamento probabilistico, si formula un ventaglio di ipotesi a-priori con diverse probabilità di accadimento. Ognuna di queste ipotesi, introdotta in un modello di mondo, genera un dato. Misurando quali dati effettivamente si verifichino, si costruisce una probabilità a-posteriori che automaticamente seleziona fra tutte le ipotesi a-priori solo la più plausibile. [...] Peraltro, le due auto-limitazioni della ragione scientifica (Galileo e Bayes) non forniscono indicazioni procedurali in situazioni complesse. Il fatto che invece la mente umana riesca con successo a costruire modelli alternativi indica che la nostra visione del mondo non è bayesiana, ma cattura quei significati che sfuggono alla procedura scientifica. È questo che chiamiamo creatività.
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Partendo da un certo gruppo di ipotesi, a ciascuna delle quali assegniamo con argomenti di plausibilità un certo grado di probabilità a priori, il confronto con i dati sperimentali privilegerà una di queste ipotesi rispetto alle altre; avremo cioè probabilità a posteriori più aderenti alla situazione da descrivere. È questo il teorema di Bayes, che è la base dell’inferenza scientifica, e che si è creduto di poter automatizzare dotando un computer di un programma corrispondente e facendone così un sistema esperto, cioè un sistema che elaborando un pacchetto di dati sia in grado di elaborare  una diagnosi su un certo fenomeno. (Tito Arecchi)
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La Bibbia è una sorta di opera-mondo, antica e comune a tutto l’Occidente, che contiene tutte le forme e i modi della letteratura. Grazie a una vastissima conoscenza del testo e al dispiegamento di una raffinata strumentazione teorica, Northrop Frye offre di questo smisurato libro una fondamentale ‘anatomia critica’, attraverso l’elaborazione e l’applicazione di categorie interpretative quali il linguaggio, il mito, la metafora e la tipologia. Il grande codice mostra però come la Bibbia, pur profondamente radicata in tutte le risorse del linguaggio della nostra cultura, le ecceda. Essa infatti non è solo mito o narrazione storica o poesia, è più di un’opera letteraria, è una ‘rivelazione’ in forma di annuncio coinvolgente sul significato della storia e della condizione umana. In questa originalità sta il segreto della sua inesauribile forza generativa culturale. (Piero Boitani)
Cos'è l'interpretazione
Cosa sia l'interpretazione se lo sono sempre chiesti i filosofi a partire dal mondo greco, cioè cosa accade nella mente umana quando si interpreta un testo scritto o un discorso. i semiologi Valentina Pisanty e Roberto Pellerej scrivono nel libro "Semiotica e interpretazione" (pp. 27-28):

Nell'antichità classica, la riflessione sull'interpretazione procede lungo due strade parallele: da un lato, la teoria del segno si occupa dei meccanismi logici che presiedono a ogni accrescimento della conoscenza cioè all'analisi di come l'uomo ottiene nuove conoscenze grazie allo strumento chiamato "segno". Dall'altro, la teoria del linguaggio si occupa dei rapporti tra le parole, i pensieri e la realtà. Rispetto a una teoria del segno, interpretare significa risalire con un ragionamento (ovvero inferenzialmente) dalla constatazione di un fenomeno manifesto alla conoscenza di qualcosa che è inaccessibile ai sensi, e di cui il fenomeno è un effetto; rispetto a una teoria del linguaggio, interpretare significa attribuire significati alle espressioni linguistiche. La teoria del segno affonda le sue radici in diverse forme di pratiche e di saperi congetturali, come la divinazione, l'arte della navigazione e l'astronomia. [...] La cultura greca, fondamentalmente orale, privilegia la divinazione oracolare ispirata rispetto a quella tecnica (che Platone condanna nel Fedro). Bisogna peraltro osservare che, mentre la divinazione, come pratica effettiva, occupa un posto piuttosto marginale nella società greca, il modello della divinazione oracolare è presente in tutta la letteratura scritta, da Erodoto ai poeti tragici, e pone una particolare enfasi sull'aspetto enigmatico e dialettico dell'oracolo. Il segno oracolare è ambiguo e polisemico, e scatena più interpretazioni diverse in competizione reciproca: generalmente nei racconti riportati dagli storici e dai memorialisti si assiste a uno scarto tra un'interpretazione letterale (errata) del responso dell'oracolo, e un'interpretazione enigmatica che sfugge alla comprensione, diventando chiara solo quando gli eventi a cui si riferisce si sono effettivamente (e irrimediabilmente) compiuti.

Riguardo all'etimologia del termine Wikipedia scrive:


Il termine italiano deriva dal latino interpretatio, che con il verbo latino interpretari, esprime tutti i significati del corrispondente termine italiano. L'espressione latina, a sua volta, traduce il termine greco antico hermenèia (da cui ermeneutica, che ha un significato più specifico).

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L'interpretazione degli oracoli sposta il focus dall'interpretazione letterale a quella enigmatica
Nell'antichità classica l'interpretazione poteva avere due modalità, come scrivono i semiologi Pisanty e Pellerej: "Rispetto a una teoria del segno, interpretare significa risalire con un ragionamento (ovvero inferenzialmente) dalla constatazione di un fenomeno manifesto alla conoscenza di qualcosa che è inaccessibile ai sensi, e di cui il fenomeno è un effetto; rispetto a una teoria del linguaggio, interpretare significa attribuire significati alle espressioni linguistiche". La cultura greca, fondamentalmente orale, privilegia la divinazione oracolare, che è presente in tutta la letteratura scritta e pone particolare enfasi sull'aspetto enigmatico e dialettico dell'oracolo. Il segno oracolare è ambiguo e polisemico, e scatena più interpretazioni diverse in competizione reciproca, e nei racconti riportati dagli storici si assiste a uno scarto tra un'INTERPRETAZIONE LETTERALE, e quindi linguistica del responso dell'oracolo, che risulta errata, e un'INTERPRETAZIONE ENIGMATICA che sfugge alla comprensione, diventando chiara solo quando gli eventi a cui si riferisce si sono effettivamente (e irrimediabilmente) compiuti.
Cos'è un testo? E' un mondo possibile!
Cos'è un testo dal punto di vista semiotico e cos'è la "cooperazione interpretativa" che ogni lettore attento attua quando legge un testo, è stato chiarito da Umberto Eco con la semiotica interpretativa (vedi bibliografia 2020):
Si definirà chiuso un testo che riduce drasticamente tali varietà indirizzando il lettore verso una e una sola lettura e non richiedendo alcun lavoro personale; viceversa si definisce aperto il testo che, oltre a controllare la cooperazione del lettore, contempla rimandi, chiavi di lettura, supplementari e possibiilità di letture incrociate. Il testo chiuso, però, in quanto tale, può essere sottoposto ad un uso libero, ovvero non previsto. L’uso libero non va confuso con l’interpretazione: mentre la seconda partecipa alla generazione del senso e contempla un incontro in un comune spazio pianificato dall’autore, l’uso libero è frutto di un arbitrio del lettore che, scavalcando il tessuto testuale, evade su propri cammini personali che esulano drasticamente dalla cooperazione. Eco tenta di limitare i rischi di una tale decodifica aberrante, distinguendo: a) la intentio lectoris: ciò che il lettore vede nel testo; b) la intentio auctoris: ciò che l’autore vuole dire, gli infiniti sensi che ha immesso intenzionalmente; c) la intentio operis: ciò che il testo dice indipendentemente dalle intenzioni dell’autore, ovvero i riferimenti alla propria coerenza contestuale e ai sistemi di significazione cui esso stesso si rifà. La cooperazione interpretativa avviene progressivamente nel corso della lettura e si sviluppa su vari espedienti che prevedono un continuo scambio tra le prospettive offerte dall’autore e le attese-ipotesi del lettore. Questi, chiamato a collaborare con lo sviluppo della fabula, deve saper fare previsioni, selezionare proprietà, decidere universi di discorso, deve, dunque, procedere per inferenze e attendere che gli stati successivi approvino o contraddicano le ipotesi formulate. L’attività previsionale avviene sia su condizioni oggettive sia su personali speculazioni. Così facendo, viene a configurarsi un possibile corso di eventi, un possibile stato di cose o meglio un mondo possibile. Prefigurare mondi possibili significa assumere atteggiamenti proposizionali e scegliere, tra le possibilità oggettivamente riconoscibili come “ammesse”, quelle che si ritengono più probabili. È necessario innanzitutto ricorrere al topic testuale. Il topic è un fenomeno pragmatico, è una ipotesi che dipende dall’iniziativa del lettore il quale, ponendosi fuori dal testo, individua un percorso di lettura che risponde alla domanda “di cosa si sta parlando?”. In base al topic, o meglio alla serie di topic organizzati gerarchicamente lungo il testo, il lettore magnifica e narcotizza le proprietà dei lessemi in gioco stabilendo un livello di coerenza interpretativa, un unico livello di senso, detto isotopia. L’inviduazione del topic è un movimento cooperativo-pragmatico che indirizza il lettore a individuare le isotopie, intese come proprietà semantiche di un testo. Per indirizzarsi nella lettura, il lettore seleziona sempre un topic anche se non ne è consapevole. Da ciò si evince, seguendo i dettami peirciani, che quando si trova di fronte ad un lessema, il lettore non sa quali delle proprietà (semi del semema) deve attivare per mettere in moto i processi di identificazione. Il testo si limita, pertanto, ad indirizzare verso le proprietà che dovranno regolare quel dato mondo narrato, dando per implicite quelle che partecipano al mondo reale e specificando quelle che invece lo caratterizzano nella data circostanza. Per lessema intendiamo una unità del lessico appartenente al piano della langue e come tale ancora astratta; intendiamo invece per semema la stessa unità considerata dal punto di vista del suo contenuto composta da semi, ovvero da tratti minimi già definiti altrove figure del contenuto. Mentre le sceneggiature comuni provengono dalla normale competenza enciclopedica, le sceneggiature intertestuali dipendono da corredi individuali relativi alla conoscenza di altri testi che, attraverso schemi retorici e narrativi, hanno consolidato una data situazione con una certa successione di eventi.
In quale modo leggiamo
La cooperazione interpretativa avviene progressivamente nel corso della lettura e si sviluppa su vari espedienti che prevedono un continuo scambio tra le prospettive offerte dall’autore e le attese-ipotesi del lettore. Questi, chiamato a collaborare con lo sviluppo della fabula, deve saper fare previsioni, selezionare proprietà, decidere universi di discorso, deve, dunque, procedere per inferenze e attendere che gli stati successivi approvino o contraddicano le ipotesi formulate. L’attività previsionale avviene sia su condizioni oggettive sia su personali speculazioni. Così facendo, viene a configurarsi un possibile corso di eventi, un possibile stato di cose o meglio un "mondo possibile". Prefigurare mondi possibili significa assumere atteggiamenti proposizionali e scegliere, tra le possibilità oggettivamente riconoscibili come “ammesse”, quelle che si ritengono più probabili.
Un testo prefigura "mondi possibili"
Secondo Umberto Eco: "Si definirà chiuso un testo che riduce drasticamente tali varietà indirizzando il lettore verso una e una sola lettura e non richiedendo alcun lavoro personale; viceversa si definisce aperto il testo che, oltre a controllare la cooperazione del lettore, contempla rimandi, chiavi di lettura, supplementari e possibilità di letture incrociate. [...] Prefigurare mondi possibili significa assumere atteggiamenti proposizionali e scegliere, tra le possibilità oggettivamente riconoscibili come “ammesse”, quelle che si ritengono più probabili".
L'interpretazione linguistica inventata da Agostino d'Ippona
Le parole vengono riconosciute come "segni" a partire da Agostino d'Ippona, come scrivono Pisanty e Pellerej (p.34):

La saldatura tra dottrina del linguaggio e dottrina dei segni si realizza pienamente con Agostino d'Ippona (534-430) che, nel "DE Magistro", afferma: "Noi diciamo in generale segno tutto ciò che significa qualche cosa, e fra questi abbiamo anche le parole". Agostino è perciò il primo a definire le parole "segni", inaugurando così una tradizione di identificazione tra singole parole e segni che giunge fino al XX secolo. Nel De Magistro Agostino dapprima distingue i segni in generale dalle parole, che ne sono solamente una classe, benchè la più rilevante. I segni sono oggetti materiali, in grado di essere percepiti con i sensi, che destano nella mente dell'ascoltatore qualcos'altro oltre all'impressione che producono sui sensi. Segno è cioè tutto ciò che significa qualcosa. Esistono segni non verbali, come i gesti, le insegne, i segnali uditivi o sonori, e segni verbali, cioè le parole, oggetti linguistici sonori articolati percepibili o trasmissibili per via uditiva. Le parole servono sia a trasmettere nozioni agli altri sia a ricordarli a se stessi. [...] Nei capitoli 22 e 23 del De Magistro Agostino descrive il meccanismo dell'interpretazione: la mente umana, udite le parole, si conduce alle cose di cui le parole sono segni. Le parole sono cioè strumenti funzionali capaci di significare le cose trasmettendo i segni, ma perchè questo avvenga la mente deve trasferire la sua attenzione dal suono di cui sono composte le parole ai significati che vi sono collegati, e questo passaggio è l'interpretazione linguistica.
Agostino d'Ippona è il primo a definire le parole "segni"
Agostino d'Ippona è il primo a definire le parole "segni", inaugurando così una tradizione di identificazione tra singole parole e segni che giunge fino al XX secolo. Nel De Magistro Agostino dapprima distingue i segni in generale dalle parole, che destano nella mente dell'ascoltatore qualcos'altro oltre all'impressione che producono sui sensi. Segno è cioè tutto ciò che significa qualcosa. Esistono segni non verbali, come i gesti, le insegne, i segnali uditivi o sonori, e segni verbali, cioè le parole.
Gli scopi dell'Ermeneutica e il suo percorso storico
Cos'è l'ermeneutica? E' una pratica esegetica che nasce tra il Sette e l'Ottocento diventando una disciplina filosofica che si fa carico delle questioni sollevate dalle teorie semiotiche.
Scrivono Pisanty e Pellerej (p.35):

Il problema che ha dato origine all'ermeneutica è stata la necessità di effettuare ricerche storiche, etimologiche e grammaticali per riuscire a capire il senso di testi culturalmente autorevoli, ma scritti in una lingua ormai non più parlata, di cui si sono perduti l'uso e la conoscenza. Nella cultura ellenistica è stato il caso dell'Iliade e dell'Odissea, composte tra VIII e VII secolo a.C. in una lingua classica con termini rari o dialettali ormai incomprensibili. La filologia è stata fondata ad Alessandria come scienza storica della grammatica per recuperare il senso originale dei testi omerici, e in seguito dei testi lirici, individuando leggi e norme dell'espressione attualizzate dalla grammatica. [...] Nel Settecento si stabilisce anche il principio che l'interpretazione riguarda un'opera intera, e non solamente singoli passi dubbi o enigmatici. [...] Dalla seconda metà dell'Ottocento, con Dilthey (1833-1911), l'ermeneutica diventa una teoria generale delle forme umane del conoscere, estendendo il proprio quesito di base "Come si capisce ciò che si ha di fronte a sé?" dal confronto con i testi scritti alla totalità dei fenomeni che si affrontano nell'esistenza umana. Il nuovo testo enigmatico che occorre interpretare diventa l'intera realtà del mondo. Nel Novecento, con Hedegger (1927) e Gadamer (1960), il fulcro di interesse si sposta sul modo in cui l'essere umano esiste nel mondo in quanto entità che organizza il suo essere grazie all'uso del linguaggio, partendo dal presupposto che l'intelligenza umana esista, e diventi consapevole di sé, solamente attraverso il dispiegarsi dell'espressione linguistica. Sarebbe quindi il linguaggio a organizzare e dirigere l'attività intellettuale umana, oltre che a renderla capace di riconoscersi come capacità di riflettere. E' così che l'ermeneutica si trasforma, da tecnica volta a facilitare la comprensione dei testi, a "dottrina filosofica che si proponga di stabilire la natura, i caratteri, le condizioni e i limiti di igni possibile comprendere" (Bianco 1998).
L'ermeneutica è nata per capire il senso di testi storici autorevoli, ma scritti in una lingua ormai non più parlata
L'ermeneutica è nata dalla necessità di effettuare ricerche storiche, etimologiche e grammaticali per  capire il senso di testi culturalmente autorevoli, ma scritti in una lingua ormai non più parlata. I testi omerici Iliade e Odissea sono stati i primi testi interpretati ermeneuticamente, seguiti dai testi biblici scritti in lingua ebraica. Agostino ha formulato diversi principi ermeneutici, ma solo più tardi, con Dante e gli umanisti l'ermeneutica verrà applicata anche a testi profani di diverso genere, quali i testi letterari medioevali. Nel Settecento Friedrich Schleiermacher trasformò l'ermeneutica in una disciplina filosofica applicabile a tutti i testi, a partire dai discorsi quotidiani, pronunciati a voce, fino ai testi scritti più complessi, e nell'Ottocento l'ermeneutica si occupò della ricostruzione dell'epoca storica e dei caratteri psicologici degli autori dei testi. Dalla seconda metà dell'Ottocento, con Dilthey, l'ermeneutica diventò una teoria generale della conoscenza, tesa a interpretare l'intera realtà del mondo. Nel Novecento, con Heidegger e Gadamer, l'ermeneutica sposta la sua attenzione all'importanza dell'espressione linguistica nell'abilitare la riflessione umana.
Cos'è l'ermeneutica
Il filosofo Giovanni Piazza spiega chiaramente il significato dell'ermeneutica
Il circolo ermeneutico nella complessità del testo
Il fisico Tito Arecchi, grande esperto di complessità, anche testuale, scrive (vedi bibliografia 2006):

La complessità nasce dal tentativo di una costruzione logica del mondo a partire dalle «affezioni quantitative» in cui frantumiamo un oggetto di esperienza, piuttosto che «tentarne l’essenza» (G. Galilei, Lettera a Marco Welser, 1610). Supponiamo di scomporre una mela nelle sue affezioni quantitative, cioè nelle proprietà distinte che possiamo misurare: sapore, odore, colore, forma etc. Ad ognuno di questi punti di vista corrisponde un apparato di misura che fornisce un numero. Se abbiamo scelto un pacchetto adeguato di indicatori, la collezione ordinata dei numeri corrispondenti a ciascuna misura dovrebbe caratterizzare la mela. L’approccio è motivato dalla convinzione che si possa raggiungere una descrizione completa di un oggetto di esperienza attraverso i suoi «atomi di significato» misurabili con apparati di misura che forniscono numeri ripetibili e indipendenti dagli stati dell’osservatore (esempio della mela: odore, colore, sapore, etc., oppure, più radicalmente, gli atomi di cui essa è composta). Ogni oggetto diventa così un elemento definito di un insieme di Cantor, espresso da una collezione ordinata di numeri utilizzabili come dati di ingresso in una teoria matematica che permetta di prevedere il futuro. Come vedremo, la procedura appena delineata può bastare per il rifornimento del magazzino di un mercato, però non esaurisce la realtà della mela.

E queste considerazioni valgono per qualunque cosa, e anche per i libri, e in particolare per libri densi e profondi come la Bibbia, non scomponibili in "atomi di significato" e di cui Arecchi scrive:

Gli esempi più convincenti vengono dalla linguistica. Prima nasce il linguaggio articolato, la poesia, le favole, e poi da queste si estrae un lessico. L’operazione inversa, partire dal vocabolario e programmare al computer un testo letterario, è fallimentare. In questo ordine di complessità rientra la traduzione da una lingua all’altra. Esistono macchinette per cavarsela alla stazione o al ristorante in Cina; ma per un testo elaborato, per esempio Omero, il traduttore non è automatico: piuttosto è un bilingue che vive le situazioni di Ulisse in Greco e le racconta in Italiano. Questo ruolo del traduttore è discusso in un bel libro: Il grande codice (la Bibbia e la letteratura) di Northrop Frye (Einaudi, Torino 1986); l’autore si pone il problema: come mai la Bibbia scritta in Ebraico (lessico di 5.000 vocaboli) può essere tradotta in Inglese (il cui lessico comprende 500.000 vocaboli)? La risposta è che una procedura come la traduzione letteraria non può essere condensata in un elenco di operazioni di macchina, e perciò non può essere automatizzata.
La procedura di descrivere completamente un 'oggetto di esperienza' (ad esempio una mela) attraverso i suoi «atomi di significato» misurabili con apparati di misura  (esempio della mela: odore, colore, sapore, etc., oppure, più radicalmente, gli atomi di cui essa è composta). La procedura appena delineata può bastare per il rifornimento del magazzino di un mercato, però non esaurisce la realtà della mela.
Il "Circolo ermeneutico" è un processo iterativo che "avvicina" al significato di un testo
Secondo la semiotica interpretativa, l'interpretazione di un testo equivale all'interpretazione di un mondo. Il processo circolare, noto come circolo ermeneutico rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione. (Cliccare per approfondire)
Cos'è l'interpretazione di un testo
Secondo la semiotica interpretativa, l'interpretazione di un testo equivale all'interpretazione di un mondo. Nel descrivere il circolo ermeneutico che rappresenta il processo interpretativo che ogni lettore fa (in qualche modo), scrivono i semiologi Valentina Pisanty e Roberto Pellerey nel libro "Semiotica e Interpretazione" (p.67):

Prima ancora di cominciare a leggere un libro, l'interprete parte da una ipotesi preliminare di senso, ovvero da un sistema di attese che articola una vaga pre-comprensione del significato generale da attribuire al testo. Man mano che procede nella lettura, la sua ipotesi iniziale viene messa alla prova dall'evidenza testuale: se essa viene confermata, allora ne esce rafforzata, mentre se tale ipotesi si dimostra incompatibile rispetto a quanto emerge dall'ulteriore penetrazione del testo, allora l'interprete la sostituisce con un'ipotesi più adeguata. Questo processo circolare, noto come circolo ermeneutico rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione.

La semiotica interpretativa fa confluire interpretazione dei testi e interpretazione dei mondi, come scrivono Valentina Pisanty e Roberto Pellerey nel libro "Semiotica e Interpretazione"  (p.67):

La semiotica interpretativa ritiene che, affinchè si possa parlare di semiosi (e dunque di interpretazione), non sia indispensabile che vi sia un emittente intenzionato a comunicare qualcosa: l'importante è che vi sia un interprete che decide di attribuire dei contenuti a una certa porzione del mondo sensibile (ossia, a un fenomeno sensibile ai sensi), la quale può essere considerata alla stregua di un testo. In base a questa accezione allargata, un testo è ogni porzione del mondo sensibile sulla quale qualcuno decide di esercitare la propria attività interpretativa.
Cos'è un 'testo' secondo la semiotica interpretativa? Un testo è ogni porzione del mondo sensibile sulla quale qualcuno decide di esercitare la propria attività interpretativa.
Il modello strutturale per i Cicli di Iterazione è una spirale in espansione. Ogni iterazione si basa sulla conoscenza del ciclo precedente.
William J. Gibbs, 2000
Il processo circolare del 'circolo ermeneutico' rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione. Possiamo applicare il circolo ermeneutico a molte attività umane (sia umanistiche che scientifiche) per fare un'interpretazione più accurata, ad esempio, in 'Semiotica e interpretazione' lo storico Edward Hallen Carr scrive (p.57): "I fatti non sono come 'pesci sul banco del pescivendolo' che lo storico porta a casa e cucina come meglio gli pare, ma sono molto più simili ai pesci che nuotano in un oceano vasto e in gran parte inaccessibile; ciò che viene pescato dipende dal tipo di esca impiegata, dalla parte dell'oceano in cui si gettano le reti, oltre che dal caso". L'applicazione dei metodi ermeneutici si è estesa alla microsociologia di Erving Goffman per l'analisi delle interazioni sociali e dei rituali della vita quotidiana, fino all'etnometodologia di Harold Garfinkel per le indagini sui metodi con cui le persone danno un senso alla propria esistenza, e anche agli aspetti interazionali dei processi comunicativi di Paul Watzlawick, per citare solo pochi esempi.
Un esempio applicativo: circolo ermeneutico della relazione d'aiuto
Lo psicoterapeuta Giacomo Gaggero ha descritto in un libro (Comprendere l'altro) l'applicazione del Circolo ermeneutico nella relazione d'aiuto, che costituisce un approccio strutturato e dinamico di ciò che avviene in una sessione di psicoterapia. Egli scrive (pp. 16-17):

Il circolo ermeneutico si sviluppa nel tempo ('prima', 'durante', 'dopo', l'incontro) e prevede diverse fasi in cui assumere differenti prospettive interpretative. Elenchiamo i diversi 'momenti'  che contraddistinguono il 'circolo':

1. Momento progettuale
2. L'incontro
3. Descrizione
4. Analisi controtransferale e delle risonanze
5. Analisi simbolica
6. Analisi stilistica I
7. Analisi stilistica II
8. Analisi della relazione con il setting
9. Formulazione di una ipotesi interpretativa alla luce degli elementi emersi
10. Nuovo momento progettuale

Il lavoro interpretativo (o 'ermeneutico') procede quindi in modo circolare; esso si arricchisce ad ogni passaggio e ad ogni lettura di nuovi elementi che, progressivamente, consentono una maggiore comprensione della seduta o del processo esaminati.
Come ha scritto Umberto Eco: "La semiosi è spiegata da sé stessa: questa circolarità continua è la condizione normale della significazione e permette perfino ai processi comunicativi di usare segni per menzionare cose e stati del mondo". Ecco perchè come hanno teorizzato molti filosofi, a partire da Platone fino a Karl Popper che ha basato tutta la sua epistemologia su questo concetto: "una ricerca non è mai conclusa".
La struttura della comprensione
Gadamer
Conclusioni (provvisorie): L'applicazione del circolo ermeneutico si è estesa dai testi antichi alle attività sociologiche, psicologiche, antropologiche della modernità
Nell'antichità classica l'interpretazione poteva avere due modalità, come scrivono i semiologi Pisanty e Pellerej: "Rispetto a una teoria del segno, interpretare significa risalire con un ragionamento (ovvero inferenzialmente) dalla constatazione di un fenomeno manifesto alla conoscenza di qualcosa che è inaccessibile ai sensi, e di cui il fenomeno è un effetto; rispetto a una teoria del linguaggio, interpretare significa attribuire significati alle espressioni linguistiche". La cultura greca, fondamentalmente orale, privilegiava la divinazione oracolare, che è presente in tutta la letteratura scritta e pone particolare enfasi sull'aspetto enigmatico e dialettico dell'oracolo. Il segno oracolare è ambiguo e polisemico, e scatena più interpretazioni diverse in competizione reciproca, e nei racconti riportati dagli storici si assiste a uno scarto tra un'INTERPRETAZIONE LETTERALE, e quindi linguistica del responso dell'oracolo, che di solito risulta errata, e un'INTERPRETAZIONE ENIGMATICA che sfugge alla comprensione, diventando chiara solo quando gli eventi a cui si riferisce si sono effettivamente (e irrimediabilmente) compiuti. Ancora oggi, in buona parte del mondo occidentale, vige l'abitudine di consultare gli oroscopi o i tarocchi, che sono i successori ingenui degli oracoli. Nel Terzo mondo e nelle sue culture arcaiche sono ancora usati rituali magici eseguiti da sciamani locali. L'interpretazione moderna, secondo il filosofo Hans Georg Gadamer, viene effettuata mediante il circolo ermeneutico, applicato all'interpretazione di testi antichi e che egli così descrive nel libro "Verità e metodo" (p. 603): "Come si configura il lavoro ermeneutico? Che conseguenze ha per la comprensione la condizione ermeneutica dell'appartenenza a una tradizione? Ricordiamo la regola ermeneutica secondo cui si deve comprendere il tutto a partire dalle parti e le parti dal tutto. Essa proviene dalla retorica antica, e l'ermeneutica moderna l'ha trasferita dalla retorica alla tecnica del comprendere. Nell'un caso come nell'altro ci troviamo di fronte a un circolo. [...] Ciò che si tratta di fare è allargare l'unità del senso compreso in cerchi concentrici. Il criterio per stabilire la correttezza delle interpretazioni è l'accordarsi dei particolari nel tutto. Se tale accordo manca, l'interpretazione è fallita". In seguito, come scrivono Pisanty e Pellerej (p.54): "La nozione di circolo ermeneutico si è estesa a studi e discipline confinanti che, nel corso del Novecento, hanno stretto rapporti intensi di scambio teorico e concettuale con le teorie linguistiche e testuali." Quindi, secondo la semiotica interpretativa, l'interpretazione di un testo equivale all'interpretazione di un mondo, e il processo circolare del "circolo ermeneutico" rappresenta l'essenza stessa dell'interpretazione. L'applicazione dei metodi ermeneutici si è estesa alla microsociologia di Erving Goffman per l'analisi delle interazioni sociali e i rituali della vita quotidiana, fino all'etnometodologia di Harold Garfinkel per le indagini sui metodi con cui le persone danno un senso alla propria esistenza, fino agli aspetti interazionali dei processi comunicativi di Paul Watzlawick. Infine porto un esempio applicativo del circolo ermeneutico rivolto agli operatori delle relazioni d'aiuto come strumento metodologico per migliorare la comprensione di ciò che avviene nel corso della sedute di psicoterapia dello psicoterapeuta Giacomo Gaggero, che ha riportato le sue esperinze nel libro "Comprendere l'altro" - Il circolo ermeneutico della relazione d'aiuto.
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Pagina aggiornata il 21 novembre 2022

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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