- Autoconsapevoli: consapevoli dei propri stati d'animo nel momento stesso in cui si presentano, queste persone sono comprensibilmente alquanto sofisticate riguardo alla propria vita emotiva. La loro chiara visione delle proprie emozioni può rafforzare altri aspetti della personalità: si tratta di individui autonomi e sicuri dei propri limiti, che godono di una buona salute psicologica e tendono a vedere la vita da una prospettiva positiva. Quando sono di cattivo umore, costoro non continuano a rimuginare e a ossessionarsi, e riescono a liberarsi dello stato d'animo negativo prima degli altri. In breve, il loro essere attenti alla propria vita interiore li aiuta a controllare le emozioni.
- Sopraffatti: si tratta di persone spesso sommerse dalle proprie emozioni e incapaci di sfuggir loro, come se nella loro mente avessero preso il sopravvento. Essendo dei tipi volubili e non pienamente consapevoli dei propri sentimenti, questi individui si perdono in essi invece di considerarli con un minimo di distacco. Di conseguenza, rendendosi conto di non avere alcun controllo sulla propria vita emotiva, costoro fanno ben poco per sfuggire agli stati d'animo negativi. Spesso si sentono sopraffatti e incapaci di controllare le proprie emozioni.
- Rassegnati: sebbene queste persone abbiano spesso idee chiare sui propri sentimenti, anch'esse tendono tuttavia ad accettarli senza tentare di modificarli. Sembra che in questa categoria rientrino due tipi di soggetti: in primo luogo quelli che solitamente hanno stati d'animo positivi e perciò sono scarsamente motivati a modificarli; e in secondo luogo coloro che, nonostante siano chiaramente consapevoli dei propri stati d'animo, e siano suscettibili a sentimenti negativi, tuttavia li accettano assumendo un atteggiamento di laissez-faire, senza cercare di modificarli nonostante la sofferenza che essi comportano - una situazione che si riscontra, ad esempio, nei depressi che si sono rassegnati alla propria disperazione.
La Expert System ha proposto un sistema che colleziona dei dati, che in questi dati va a cercare dei segnali (sintomi e patologie) filtrandoli sulla base di eventi di vario tipo, sottoponendo poi in tempo reale queste informazioni a persone che devono andare a verificare se in quel momento una particolare sintomatologia possa rappresentare la probabilità di una nuova esplosione epidemica. [...] Il pubblico non solo va dal medico, ma spesso scrive su Facebook o su Twitter come si sente, che ha fatica a respirare, etc. Ecco tutti questi dati devono essere fatti confluire e vanno trattati, aggregati, perché solo così possiamo intercettare la presenza di nuove minacce.
Gli individui resilienti possono possedere una comprensione complessa delle loro emozioni positive (che riflette un più alto grado di granularità emotiva positiva) e utilizzano questa conoscenza in modo flessibile e con risorse che agiscono adattandosi in risposta a circostanze negative. Quando gli individui "rappresentano" risposte emotive complesse in se stessi e in altri, dovrebbero avere un più ampio repertorio comportamentale e reagiscono con le risposte a loro disponibili, consentendo loro una maggiore flessibilità nell'uso efficace di tali risposte.
Quando parliamo di emozioni, abbiamo bisogno di quella che l'antropologo americano Clifford Geertz negli anni settanta definiva una "descrizione densa". Per spiegarlo, Geertz faceva una domanda elegante: che differenza c'è tra un battito di ciglia e una strizzata d'occhio? Se rispondiamo in termini puramente fisici - parlando, quindi, di una catena di contrazioni muscolari all'interno di una palpebra - allora un battito di ciglia e una strizzata d'occhio sono più o meno la stessa cosa. Ma per poter capire davvero cosa sia una strizzata d'occhio è necessario sapere in quale contesto culturale si sta verificando. Bisogna capire gli scherzi, le battute, le allusioni sessuali, e bisogna essere a conoscenza di cose che non sono affatto innate, costruzioni di natura sociale come l'ironia e il camp. Un discorso simile lo si può fare per l'amore, l'odio, il desiderio, la paura, la rabbia, e così via. Senza contesto, avete a disposizione soltanto una "descrizione sottile" di quello che sta succedendo, non conoscete tutta la storia, vi manca il quadro completo - ed è proprio nella completezza del quadro, nella totalità della storia, che si coglie davvero un'emozione.
Il grande risalto che oggi viene dato alle emozioni può aver avuto origine nella vasta diffusione verso la metà degli anni novanta di un insieme di studi psicologici al cui ambito di ricerca venne dato il nome (piuttosto accattivante) di "intelligenza emotiva", anche nota come "quoziente emotivo" (EQ). I sostenitori di questo tipo di studi ritenevano che l'abilità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, e poi di utilizzarle come strumenti per prendere decisioni, fosse altrettanto importante del quoziente d'intelligenza tradizionale quando si trattava di determinare le probabilità che una persona avesse successo. E sì, è stato dimostrato che una buona consapevolezza delle emozioni è strettamente connessa a una serie di risultati positivi, come una maggiore resilienza durante i periodi di stress, migliori prestazioni lavorative, più elevate capacità di negoziare e prendere decisioni, rapporti più stabili all'interno della sfera affettiva. [...] Comunque la pensiate, sarete d'accordo nel dire che esistono legami affascinanti tra i nostri sentimenti e le parole che usiamo per esprimerli.
Lo psicologo Paolo Legrenzi, recensendo il libro della Watt Smith "Atlante delle emozioni umane" (vedi bibliografia), scrive:
L’incertezza, per esempio, è oggi considerata uno stato d’animo non gradito né in noi né negli altri. Questo dipende forse dal fatto che dobbiamo subirne molta, troppa, da quando l’Uomo, domata quella presente in Natura, si è messo a produrne per conto proprio e a immetterla nella società. All’inizio dell’Ottocento il mondo era tranquillizzante, forse noioso per le classi previlegiate.
Lo stile emozionale individuale, combinato con la cultura personale e il suo grado di adattamento sociale, va a definire la nostra personalità, che pertanto è la combinazione di molti fattori, tra cui quella che Jung chiamava "persona" intesa come maschera sociale, che ognuno di noi indossa nei diversi contesti in cui vive. Altri studiosi hanno definito questa varietà di dimensioni sociali e interne che viviamo come pluralità degli stati del sé. Il sé, quindi, è il luogo dell'integrazione costante, della continua ricerca dell'equilibrio dentro le dinamiche intrapsichiche che, nel corso dello sviluppo individuale, si strutturano con un elevato grado di autoalimentazione.
- Resilienza: quando vi trovate di fronte a una sfida emozionale, siete in grado di mobilitare la tenacia e determinazione necessarie per resistere, oppure vi sentite impotenti e vi arrendete? Quando subite un trauma, vi rialzate o sprofondate nella depressione e nella rassegnazione? Ai due estremi ci sono i rapidi e i lenti a riprendersi dalle avversità, con in mezzo tutte le gradazioni possibili.
- Prospettiva: quando le cose non vanno per il verso giusto, riuscite a conservare un livello di energia ed impegno oppure tendete al cinismo e al pessimismo? Il continuum agli estremi segna il tipo positivo e quello negativo.
- Intuito sociale: riuscite a leggere il linguaggio del corpo delle altre persone e a comprendere quindi che tipo di relazione instaurare? Il continuum segna il grado di intuizione sociale.
- Autoconsapevolezza: siete consapevoli dei vostri pensieri e sensazioni e siete sensibili ai messaggi che il vostro corpo vi invia? Il continuum segna il grado di consapevolezza di sé.
- Sensibilità al contesto: siete capaci di cogliere le regole convenzionali dell'interazione sociale? Oppure nemmeno vi accorgete che il vostro comportamento è inappropriato? Il continuum segna il grado di sintonizzazione sociale.
- Attenzione: riuscite a ignorare le distrazioni e a rimanere concentrati? Oppure i vostri pensieri volano al litigio di poco fa o all'ansia per l'imminente appuntamento di lavoro? Il continuum segna il grado di capacità di concentrazione (stile focalizzato/non focalizzato).
- Autoconsapevoli: consapevoli dei propri stati d'animo nel momento stesso in cui si presentano, queste persone sono comprensibilmente alquanto sofisticate riguardo alla propria vita emotiva. La loro chiara visione delle proprie emozioni può rafforzare altri aspetti della personalità: si tratta di individui autonomi e sicuri dei propri limiti, che godono di una buona salute psicologica e tendono a vedere la vita da una prospettiva positiva. Quando sono di cattivo umore, costoro non continuano a rimuginare e a ossessionarsi, e riescono a liberarsi dello stato d'animo negativo prima degli altri. In breve, il loro essere attenti alla propria vita interiore li aiuta a controllare le emozioni.
- Sopraffatti: si tratta di persone spesso sommerse dalle proprie emozioni e incapaci di sfuggir loro, come se nella loro mente avessero preso il sopravvento. Essendo dei tipi volubili e non pienamente consapevoli dei propri sentimenti, questi individui si perdono in essi invece di considerarli con un minimo di distacco. Di conseguenza, rendendosi conto di non avere alcun controllo sulla propria vita emotiva, costoro fanno ben poco per sfuggire agli stati d'animo negativi. Spesso si sentono sopraffatti e incapaci di controllare le proprie emozioni.
- Rassegnati: sebbene queste persone abbiano spesso idee chiare sui propri sentimenti, anch'esse tendono tuttavia ad accettarli senza tentare di modificarli. Sembra che in questa categoria rientrino due tipi di soggetti: in primo luogo quelli che solitamente hanno stati d'animo positivi e perciò sono scarsamente motivati a modificarli; e in secondo luogo coloro che, nonostante siano chiaramente consapevoli dei propri stati d'animo, e siano suscettibili a sentimenti negativi, tuttavia li accettano assumendo un atteggiamento di laissez-faire, senza cercare di modificarli nonostante la sofferenza che essi comportano - una situazione che si riscontra, ad esempio, nei depressi che si sono rassegnati alla propria disperazione.
As far as possible, no.
Barrett sostiene che il modello proposto in Inside Out si adatta bene al pensiero comune sulle emozioni ma è scientificamente errato. Secondo Barrett, infatti, per più di un secolo gli scienziati hanno ritenuto che nel cervello esistano dei “blob” di circuiti neurali – così come personificati nel film - che attivano un episodio emozionale con tutte le manifestazioni annesse: ogni volta che si ha un episodio emozionale, uno dei “blob” si è attivato. Ma questo, secondo Barrett, anche se si adatta con l’esperienza quotidiana delle emozioni (ovvero il percepire le emozioni come discrete, separate le une dalle altre e con manifestazioni prototipiche) e viene rappresentato in un bel film è, alla luce degli attuali studi neuroscientifici, totalmente sbagliato. Se si vuole utilizzare un film come metafora, i processi emozionali nel cervello non sono come Gioia e i suoi amici ma più come gli Avengers, che salvano il mondo lavorando insieme come una squadra. [...] Gli episodi emozionali sono costruiti da sistemi o processi (generali, non esclusivamente emozionali) che lavorano insieme: ad esempio un sistema è legato alla percezione del proprio corpo, un altro alla propria esperienza passata, un altro ancora alla percezione degli stimoli o all’interpretazione della situazione.
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Paul Ekman (1992), An argument for basic emotions (PDF) [5706 citazioni]
Drake Baer (2017), This Psychologist Is Figuring Out How Your Brain Makes Emotions - The Cut Intervista a Lisa Feldman Barrett sui concetti del paradigma costruzionista delle emozioni
Michele M. Tugade, Barbara L. Fredrickson, Lisa Feldman Barrett (2004), Psychological Resilience and Positive Emotional Granularity: Examining the Benefits of Positive Emotions on Coping and Health (PDF) [1101 citazioni]
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Lisa Feldman Barrett (2006), Valence is a basic building block of emotional life (PDF [255 citazioni]
Lisa Feldman Barrett, Michele Tugade, Barbara Fredrickson (2005), Psychological Resilience and Positive Emotional Granularity: Examining the Benefits of Positive Emotions on Coping and Health (PDF) [1091 citazioni]
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Ilaria Betti (2016), 10 parole per descrivere 10 emozioni inspiegabili. Awumbuk, malu, torschlusspanik: in un libro tutti i nomi delle sensazioni "strane" - The Huffington Post
Patti Smith (2016), «Parole dimenticate? No, solo tanta emozione» - La Nuova Sardegna
Rachael E. Jack et Al. (2012), Facial expressions of emotion are not culturally universal - PNAS
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Andreas Komninos (2016), Norman's Three Levels of Design - Interaction Design Foundation - Come vengono progettati i prodotti per colpire le emozioni umane
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- Giulia Cesarini Argiroffo (2020), Neuromarketing dei sensi - Neuroscienze.net
- GIULIA CESARINI ARGIROFFO
Pagina aggiornata il 13 marzo 2024