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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Abbiamo bisogno di una "Macchina dell'esperienza"?
TEORIE > CONCETTI > ESPERIENZA
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Il concetto di esperienza sta per diventare più importante in vista della nuova stagione che sta per aprirsi con l'evoluzione di Internet verso la realtà virtuale, cioè verso quell'ambiente che è stato chiamato "Metaverso" dallo scrittore Neil Stephenson nel romanzo "Crash Snow". Il Metaverso è in fase di creazione e molte aziende stanno investendo sforzi e capitali enormi per crearlo, tra loro uno dei più famosi è Mark Zuckerberg che sta trasformando Facebook in Meta, cioè in un'azienda completamente dedicata alla realtà virtuale. L'essere umano si autocostruisce, e/o si fa costruire da altri, con le esperienze che vive nel proprio ambiente: esse creano le sue conoscenze, sia che si tratti di esperienze dirette che l'individuo vive personalmente nel mondo, sia che si tratti di esperienze indirette (la maggior parte delle nostre esperienze) che l'individuo apprende da altri (libri, conversazioni, mezzi di comunicazione, social media, ecc.). Il filosofo Robert Nozick aveva già anticipato il tema nel 1974 nel libro "Anarchia, stato e utopia", proponendo una "macchina dell'esperienza" che viene descritta e valutata in questa pagina. La domanda al centro della Experience Machine è: il piacere è tutto ciò che conta? Con l'intento di capire se l'essere umano è guidato, nella sua azione, solo dalla ricerca del piacere personale, come ipotizzato da Sigmund Freud nel 1920 nel libro "Al di là del principio di piacere", che avviò la sua riflessione psicoanalitica o ci sono altre "spinte" mentali (diverse da quella proposta da Freud). Robert Nozick aveva descritto la macchina dell'esperienza in questo modo "Immagina una macchina che possa darti qualsiasi esperienza (o sequenza di esperienze) tu possa desiderare. Quando sei connesso a questa macchina dell'esperienza, puoi avere l'esperienza di scrivere una grande poesia o di portare la pace nel mondo o di amare qualcuno ed essere amato in cambio. Puoi provare i piaceri "provati" di queste cose, come si sentono "dall'interno". Puoi programmare le tue esperienze per... il resto della tua vita. Se la tua immaginazione è impoverita, puoi utilizzare la biblioteca di suggerimenti estratti da biografie e arricchiti da romanzieri e psicologi. Puoi vivere i tuoi sogni più cari "dall'interno". Sceglieresti di farlo per il resto della tua vita?... Entrando, non ricorderai di averlo fatto; quindi nessun piacere verrà rovinato dal rendersi conto che sono prodotti dalla macchina". Si tratta di una domanda che si porrà a tutti gli utenti del Metaverso se, come pare probabile, esso mira a diventare il grande "videogioco planetario". Qual è stata la risposta di Nozick? Robert Nozick ha risposto "NO", cioè ha risposto che la maggior parte degli esseri umani non riterrebbe conveniente dare in pasto la propria vita alla macchina dell'esperienza. Ciò principalmente per tre motivi: (1) perchè le persone ritengono ci sia una differenza enorme tra "fare un'esperienza" in una realtà (solo positiva) costruita artificialmente, piuttosto che "fare delle azioni in una realtà vera" soggetta a tutte le potenziali variabili (positive o negative) della vita reale; (2) perchè le persone vogliono "essere" delle persone "vere" piuttosto che dei fantocci che galleggiano in un serbatoio della macchina dell'esperienza; (3) perchè le persone vogliono vivere nella realtà (misteriosa e incerta) piuttosto che suicidarsi all'interno di una macchina indirizzata da qualcun altro. Infatti sembra che, per apprezzare la macchina dell'esperienza, bisognerà essere psicopatici, sociopatici, ludopatici, o peggio..., cioè quella parte degli esseri umani minoritaria e limitata, secondo una meta-analisi di 15 studi della psichiatra Ana Sanz-Garcia e dei suoi colleghi, al 4,5% della popolazione adulta generale (prevalenza inferiore a quella riscontrata nella popolazione che ha commesso reati o carceraria, che di solito oscilla tra il 10 e il 35% ).
esperienza
Are you the wolf?
No, I am experience.
Punti chiave
Le esperienze vissute sono quelle che formano una persona, che le danno una identità: non il precipitato puro dell'esperienza pre-programmata. (Robert Nozick)
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La coscienza è tutto ciò che sperimenti. È la melodia bloccata nella tua testa, la dolcezza della mousse al cioccolato, il dolore lancinante di un mal di denti, l'amore feroce per tuo figlio e l'amara consapevolezza che alla fine tutti i sentimenti finiranno. L'origine e la natura di queste esperienze, a volte indicate come qualia, sono state un mistero dai primi giorni dell'antichità fino ai giorni nostri. (Christof Koch)
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Per essere felici e provare un vero piacere, bisogna anche provare un certo grado di tristezza e dolore: Il dolore, il desiderio e la tristezza sono essenziali per la propria felicità, sostiene questa argomentazione. Inoltre, la felicità si raggiunge spesso se perseguita solo indirettamente. Ci si può sforzare di avere una buona carriera, una vita familiare, ecc., ma spesso la ricerca è piena di sfide e battute d'arresto; eppure, tutti questi pezzi messi insieme costituiscono la felicità. Inoltre, a volte ottenere ciò che si desidera non aumenta realmente il proprio benessere. (Dana Angreicut)
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Sbagliare è umano, ma è assurdo perseverare nell’errore (errare humanum est, perseverare autem diabolicum) (Sant’Agostino d’Ippona)
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Se l'identità è davvero una costante, allora essere una persona diversa – per definizione – impedirebbe di rimanere se stessi. Il meglio che possiamo sperare è cambiare il nostro contesto. Questo è ciò che accade realmente quando gli individui usano gli equivalenti più vicini alle macchine di trasformazione: visitano i terapeuti per riformulare le conseguenze percepite del loro comportamento; pagano i chirurghi plastici per apportare differenze estetiche alle loro apparenze; prendono droghe per alterare le loro percezioni e partecipano alle lotterie per cambiare la loro ricchezza. (Sam Hill)
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Mi butto continuamente in situazioni e esperienze nuove, e proprio questo è il problema. (Erica Jong)
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Esperienza vuol dire in fondo aver attraversato una serie di eventi che, accumulati, hanno sviluppato un arricchimento interiore e una crescita morale. Per questo tendiamo ad associare l'esperienza alla maturità o alla vecchiaia. (Stefano Gensini, Giancarlo Schirru)
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Viaggiare ha poco senso se, al nostro ritorno, non avremo in valigia occhi nuovi con cui interpretare noi stessi e il mondo. (Thea)
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Se ci riferissimo alla sola esperienza personale conosceremmo molto poco del mondo. Come può una persona dire cose sensate sui figli se non ne ha? Come può una persona dire cose sensate sull’adozione se non ha mai adottato un bambino? Come può una persona parlar male di un lavoro se non lo ha mai fatto? Come può una persona dire cose sensate sulla droga se non si è mai drogata? Di esempi come questi ce ne sono a migliaia e sono certo che a questo punto tutti hanno capito: è banale comprendere che non bisogna aver messo le dita nella presa della corrente per capire che è meglio astenersi dal farlo. Possiamo parlare di esperienza da altri diretta o indiretta. La prima l’abbiamo osservando o interagendo direttamente con le persone, in modo naturale, senza doverci preoccupare di studiare, cioè di acquisire dati con un’azione mirata all’acquisizione; la seconda è invece basata sullo studio, cioè quell’insieme di tecniche e di strategie che utilizziamo per acquisire conoscenza. (Thea - Psicologia e Benessere)
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Anche inconsciamente siamo condizionati dalle notizie che sentiamo nei telegiornali o da quelle che leggiamo sul giornale; se nella nostra città accadono molti fatti violenti, ecco che saremo portati a credere che la nostra città sia pericolosa, anche se nessuno di questi fatti è accaduto direttamente sotto ai nostri occhi. Ovviamente, un’informazione scorretta può alterare la nostra esperienza da altri diretta. Per l’esperienza indiretta il problema della corretta informazione è sempre esistito e si trasforma nel problema della validazione delle fonti. [e della credibilità]. (Thea - Psicologia e Benessere)
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E' necessario ricordare che esistono molti individui che negano alla base, inconsciamente, il valore dell’esperienza (negazione dell’esperienza). Pensiamo alle persone che non sopportano di sbagliare, che si autopuniscono per i loro errori o peggio che tendono a punire con eccessiva severità chi sbaglia; non hanno capito che nessuno può pretendere di capire la vita senza l’esperienza: la ragione, da sola, non basta. (Thea - Psicologia e Benessere)
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Come dobbiamo essere indulgenti con noi stessi al primo errore, così dobbiamo essere spietati quando lo ripetiamo: solo con questo atteggiamento riusciremo a migliorare la qualità della nostra vita. (Thea - Psicologia e Benessere)
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La percezione non è la realtà, ma, è vero, la percezione può diventare la realtà di una persona (c'è una differenza!) perché la percezione ha una potente influenza su come guardiamo alla realtà. [...]  La nostra tendenza è presumere che il modo in cui percepiamo la realtà sia una rappresentazione accurata di ciò che la realtà è veramente. Ma non lo è. Il problema è che la lente attraverso la quale percepiamo è spesso deformata in primo luogo dalle nostre predisposizioni genetiche, esperienze passate, conoscenze pregresse, emozioni, nozioni preconcette, interessi personali e distorsioni cognitive. Il dottor Daniel Kahneman, il noto psicologo che ha ricevuto il premio Nobel per l'economia nel 2002, ha creato una vera e propria industria artigianale identificando quella che ha definito "pregiudizi cognitivi (ci sono 100)' che sono modi sistematici in cui gli esseri umani creano 'realtà sociale soggettiva' che devia dalla realtà oggettiva. Apprezzo il fatto che alcuni filosofi sostengano che la realtà in realtà non esiste, ma, invece, è una costruzione soggettiva perché non sperimentiamo direttamente la realtà. Piuttosto, sperimentiamo la realtà attraverso i sensi che limitano il modo in cui elaboriamo la realtà. (Jim Taylor)
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Quando apri gli occhi, vedi il mondo come è veramente? Vediamo la realtà? Gli esseri umani si sono posti questa domanda per migliaia di anni. Dalle ombre sul muro della caverna di Platone in "The Republic" a Morpheus che offre a Neo la pillola rossa o il becco blu in "The Matrix", l'idea che ciò che vediamo potrebbe non essere ciò che è veramente lì ci ha turbato e stuzzicato. Nel diciottesimo secolo, il filosofo Immanuel Kant sostenne che non si può mai avere accesso al Ding an sich , la “cosa in sé” non filtrata della realtà oggettiva. Le grandi menti della storia hanno ripreso questa domanda sconcertante ancora e ancora. Avevano tutti delle teorie, ma ora la neuroscienza ha una risposta. La risposta è che non vediamo la realtà. Il mondo esiste. È solo che non lo vediamo. Non sperimentiamo il mondo così com'è perché il nostro cervello non si è evoluto per farlo. È una specie di paradosso: il tuo cervello ti dà l'impressione che le tue percezioni siano oggettivamente reali, eppure i processi sensoriali che rendono possibile la percezione in realtà ti separano dall'accesso diretto a quella realtà. I nostri cinque sensi sono come la tastiera di un computer: forniscono i mezzi per far entrare le informazioni dal mondo, ma hanno ben poco a che fare con ciò che viene poi sperimentato nella percezione. In sostanza sono solo mezzi meccanici, e quindi svolgono solo un ruolo limitato in ciò che percepiamo. In effetti, in termini di numero di connessioni neurali, solo il 10 percento delle informazioni che il nostro cervello usa per vedere proviene dai nostri occhi. (Beau Lotto)
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La percezione deriva non solo dai nostri cinque sensi, ma dalla rete apparentemente infinitamente sofisticata del nostro cervello che dà un senso a tutte le informazioni in arrivo. Chiaramente il modello di percezione del nostro cervello ha servito bene la nostra specie, permettendoci di navigare con successo nel mondo e nella sua complessità in continua evoluzione, dai nostri giorni come cacciatori-raccoglitori nella savana alla nostra esistenza attuale pagando le bollette sui nostri smartphone. Siamo in grado di trovare cibo e riparo, mantenere un lavoro e costruire relazioni significative. Abbiamo costruito città, lanciato astronauti nello spazio e creato Internet. Dobbiamo fare qualcosa di giusto, quindi... . . chi se ne frega che non vediamo la realtà? La percezione è importante perché è alla base di tutto ciò che pensiamo, sappiamo e crediamo: le nostre speranze e sogni, i vestiti che indossiamo, le professioni che scegliamo, i pensieri che abbiamo e le persone di cui ci fidiamo. . . e non fidarti. La percezione è il sapore di una mela, l'odore dell'oceano, l'incanto della primavera, il rumore glorioso della città, il sentimento dell'amore e persino le conversazioni sull'impossibilità dell'amore. Il nostro senso di sé, il nostro modo più essenziale di comprendere l'esistenza, inizia e finisce con la percezione. La morte che tutti temiamo è meno la morte del corpo e più la morte della percezione, poiché molti di noi sarebbero abbastanza felici di sapere che dopo la "morte corporea" la nostra capacità di impegnarci nella percezione del mondo intorno a noi è continuata. Questo perché la percezione è ciò che ci permette di sperimentare la vita stessa. . . anzi di vederla dal vivo. (Beau Lotto)
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La ricerca sulle abilità percettivo-cognitive e motorie indica che sono automatizzate attraverso l'esperienza e quindi rese inconsce. La ricerca sull'elaborazione automatica, la percezione subliminale, la memoria implicita e l'ipnosi indica che gli eventi possono influenzare le funzioni mentali anche se non possono essere percepiti o ricordati consapevolmente. Si conclude che esiste una divisione tripartita dell'inconscio cognitivo in processi mentali veramente inconsci che operano su strutture di conoscenza che possono essere esse stesse preconsce o subconsce. (John Frederick Kihlstrom)
Percezione, esperienza e realtà
Il neuroscienziato Beau Lotto scrive: "Quando apri gli occhi, vedi il mondo come è veramente? Vediamo la realtà? Gli esseri umani si sono posti questa domanda per migliaia di anni. Dalle ombre sul muro della caverna di Platone in "The Republic" a Morpheus che offre a Neo la pillola rossa o il becco blu in "The Matrix", l'idea che ciò che vediamo potrebbe non essere ciò che è veramente lì ci ha turbato e stuzzicato. Nel diciottesimo secolo, il filosofo Immanuel Kant sostenne che non si può mai avere accesso al Ding an sich , la “cosa in sé” non filtrata della realtà oggettiva. Le grandi menti della storia hanno ripreso questa domanda sconcertante ancora e ancora. Avevano tutti delle teorie, ma ora la neuroscienza ha una risposta. La risposta è che non vediamo la realtà. Il mondo esiste. È solo che non lo vediamo. Non sperimentiamo il mondo così com'è perché il nostro cervello non si è evoluto per farlo. È una specie di paradosso: il tuo cervello ti dà l'impressione che le tue percezioni siano oggettivamente reali, eppure i processi sensoriali che rendono possibile la percezione in realtà ti separano dall'accesso diretto a quella realtà. I nostri cinque sensi sono come la tastiera di un computer: forniscono i mezzi per far entrare le informazioni dal mondo, ma hanno ben poco a che fare con ciò che viene poi sperimentato nella percezione. In sostanza sono solo mezzi meccanici, e quindi svolgono solo un ruolo limitato in ciò che percepiamo. In effetti, in termini di numero di connessioni neurali, solo il 10 percento delle informazioni che il nostro cervello usa per vedere proviene dai nostri occhi"
Il neuroscienziato Beau Lotto scrive: "Ma se il cervello è una manifestazione della nostra storia, come è mai possibile uscire dal passato per vivere e creare diversamente nel futuro? Fortunatamente, la neuroscienza della percezione - e in effetti l'evoluzione stessa - ci offre una soluzione. La risposta è essenziale perché porterà a future innovazioni nel pensiero e nel comportamento in tutti gli aspetti della nostra vita, dall'amore all'apprendimento. Qual è la prossima grande innovazione? Non è una tecnologia. È un modo di vedere"
E questo nuovo modo di vedere è quello proposto da questo sito che, sotto la riduttiva denominazione di "pensiero critico" invita a vedere il mondo diversamente...
Prevalenza dell'inconscio
La ricerca sulle abilità percettivo-cognitive e motorie indica che esse vengono automatizzate attraverso l'esperienza e quindi rese inconsce. La ricerca sull'elaborazione automatica, la percezione subliminale, la memoria implicita e l'ipnosi indica che gli eventi possono influenzare le funzioni mentali anche se non possono essere percepiti o ricordati consapevolmente. Si conclude che esiste una divisione tripartita dell'inconscio cognitivo in processi mentali veramente inconsci che operano su strutture di conoscenza che possono essere esse stesse preconsce o subconsce
La domanda di Robert Nozick all'uomo moderno
Nel 1974 il filosofo Robert Nozick descrisse, nel libro "Anarchia, stato e utopia", una fantomatica (a quel tempo) macchina dell'esperienza: "Immagina una macchina che possa darti qualsiasi esperienza (o sequenza di esperienze) tu possa desiderare. Quando sei connesso a questa macchina dell'esperienza, puoi avere l'esperienza di scrivere una grande poesia o di portare la pace nel mondo o di amare qualcuno ed essere amato in cambio. Puoi provare i piaceri provati di queste cose, come si sentono "dall'interno". Puoi programmare le tue esperienze per... il resto della tua vita. Se la tua immaginazione è impoverita, puoi utilizzare la biblioteca di suggerimenti estratti da biografie e arricchiti da romanzieri e psicologi. Puoi vivere i tuoi sogni più cari "dall'interno". Sceglieresti di farlo per il resto della tua vita?... Entrando, non ricorderai di averlo fatto; quindi nessun piacere verrà rovinato dal rendersi conto che sono prodotti dalla macchina".
La macchina dell'esperienza di Robert Nozick
La domanda al centro della Experience Machine è: il piacere è tutto ciò che conta?
Cos'è la libertà individuale secondo Nozick
Riguardo al motivo per cui Robert Nozick ha ideato la "Macchina dell'esperienza" dobbiamo chiederci cosa egli pensava della libertà individuale. Egli la pensava come Immanuel Kant, e cioè, come riportato nell' Internet Encyclopedia of Philosophy:

Immanuel Kant pensava che mostriamo il dovuto rispetto per le persone quando le trattiamo come fini a se stesse. Cioè, dovremmo trattare gli altri come se avessero obiettivi e progetti propri e non dobbiamo usarli semplicemente come strumenti per ottenere ciò che vogliamo. Gli esseri umani possono decidere quali comportamenti consentiranno loro di raggiungere i propri obiettivi e possono essere utilizzati solo in un modo che rispetti tale capacità razionale. Ciò significa anche che le persone non possono essere utilizzate in alcun modo senza il loro consenso.

Riguardo ai diritti individuali Nozick continua:

I diritti individuali che le persone possiedono equivalgono a vincoli morali su ciò che può essere fatto loro. L'unica condizione che potrebbe consentire la violazione di tali vincoli collaterali sarebbe se questo fosse l'unico modo per "evitare un catastrofico orrore morale". Salvo una condizione così drammatica, ciò significa che i diritti delle persone non devono essere 'scambiati' anche se ciò significa guadagni per l'intera società. Ma il motivo per cui è così importante che i diritti individuali a sé e alla proprietà non siano violati potrebbe essere ulteriormente spiegato dall'idea che gli individui hanno bisogno dello spazio per rendere la propria vita significativa: “Io [Nozick] ipotizzo che la risposta [alla domanda su cosa i diritti individuali siano] si collega a quella nozione elusiva e difficile: il senso della vita". Nozick ha continuato dicendo che la capacità di ognuno di plasmare la propria vita secondo una sorta di piano di vita è proprio il modo in cui si dà un significato alla propria vita. Questo offre un'altra prospettiva da cui possiamo capire perché la vita umana ha un valore unico. Solo gli esseri con la capacità razionale di plasmare la propria vita possono avere o addirittura perseguire una vita significativa.

In particolare, riguardo all'esperimento mentale della "macchina dell'esperienza" l'Encyclopedia of Philosophy scrive di Nozick:

[Nozick] Ci fa immaginare una macchina sviluppata da "neuropsicologi super stupidi" in cui si potrebbe entrare e fare qualsiasi tipo di esperienza desideri. Il cervello di una persona potrebbe essere stimolato in modo che possa pensare e sentire che sta leggendo un libro, scrivendo un grande romanzo o scalando l'Everest. Ma per tutto il tempo la persona galleggia semplicemente in una vasca con gli elettrodi attaccati alla testa. Se si teme che potrebbe annoiarsi di una vita di circostanze piacevoli, non c'è nulla che le impedisca di avere semplicemente eventi problematici programmati per mantenere le cose interessanti. Poiché si tratta di un esperimento mentale, e Nozick non vuole che i lettori siano distratti da dettagli che li costringano a testare le loro intuizioni, dobbiamo immaginare che la macchina sia affidabile, anzi infrangibile, quindi questi non sarebbero motivi tecnici o banali per non entrare. Nozick chiede al lettore se vuole entrare nella macchina. Nozick pensava che non saremmo entrati, concludendo che le persone avrebbero seguito la sua intuizione che tali esperienze programmate non sono reali. Ha affermato che le persone non vogliono semplicemente sperimentare determinate azioni, ma vogliono eseguirle effettivamente. Nozick sospetta che non entreremmo nella macchina perché non desideriamo semplicemente sperimentare l'essere famosi, ma vogliamo "essere" certi tipi di persone che fanno determinati tipi di cose. Per esempio, non voglio semplicemente sperimentare che sono un grande romanziere, voglio "essere" davvero un grande romanziere. In che modo l'intuizione che dovremmo ottenere dalla macchina dell'esperienza è una critica all'utilitarismo classico? L'idea è che il valore fondamentale alla base dell'utilitarismo, come classicamente descritto da Jeremy Bentham e John Stuart Mill, è che la felicità è il massimo e l'unico bene intrinseco. Cioè, la felicità è il bene per il quale si perseguono tutti gli altri beni. Presumibilmente il fascino iniziale di entrare nella macchina di Nozick sarebbe la promessa di acquisire piacere. Tuttavia, la riluttanza ad entrare alla fine sembra significare che desideriamo qualcos'altro oltre la felicità nelle nostre vite, che sia realtà o genuinità. Quindi, sembra che la felicità non sia il bene supremo. Anche se questo sembra infliggere un colpo significativo contro l'utilitarismo classico, non sembra influenzare altre forme di utilitarismo come l'utilitarismo di preferenza. Gli utilitaristi di preferenza potrebbero affermare che le persone potrebbero non entrare nella macchina non perché si preoccupano di più di valori diversi dalla felicità, ma perché preferiscono sperimentare la felicità solo attraverso alcuni mezzi che implicano il perseguire attivamente la felicità e non semplicemente sperimentarla. Inoltre, potrebbero vedere la felicità in un modo complesso per cui non desiderano semplicemente il piacere "bruto", ma desiderano una sorta di felicità sfumata.
Una descrizione della macchina dell'esperienza (Sam Harris)
esperienza
I am willing to have new experiences but only if they are useless!
I have no intention of changing!
Un'altra descrizione della macchina dell'esperienza (Jeffrey Kaplan)
La macchina dell'esperienza di Nozick ha lo scopo di mostrare che ciò che conviene ad ogni persona è "vivere" la propria vita, nel bene e nel male, senza cercare a tutti i costi il piacere. Quindi è un rifiuto dell'Edonismo.
esperienza
Il neurobiologo Pier Vincenzo Piazza scrive nel libro "Homo biologicus" (pp-70-71): Le esperienze vissute non hanno effetti visibili a occhio nudo sul cervello. Forse per questa ragione abbiamo preso l'abitudine di pensare che agiscano sulla fantomatica mente immateriale, dato che nemmeno lei si vede. Eppure sappiamo tutti che le nostre attività possono modificare il nostro corpo. Basta osservare l'evoluzione fisica di chi pratica uno sport con costanza. La ripetizione dei movimenti trasforma i muscoli che, dopo alcuni mesi d'allenamento, aumentano di volume. Ciò che sappiamo molto meno è che il cervello è il campione del mondo della risposta biologica alle esperienze di vita. Dove al muscolo necessitano settimane, il sistema nervoso può modificare nel giro di poche ore in maniera durevole la propria biologia."
Cos'è l'esperienza?
Ci siamo mai chiesti cos'è l'esperienza che ogni persona fa nella vita reale?  E' utile chiederselo, mentre si affronta la visione di Robert Nozick. Ecco alcune definizioni:
Esperienza esterna ed ed esperienza interna

L'enciclopedia Treccani così definisce l'esperienza:

In generale, conoscenza diretta, personalmente acquisita, di una sfera particolare della realtà. John Locke e l’empirismo distinguono l’ esperienza esterna, o percezione dei fatti a noi esterni (sensazioni), e l’ esperienza interna, o percezione dei moti interni alla coscienza (riflessione). Esperienza esterna ed esperienza interna costituiscono il presupposto di quell’ulteriore riflessione intellettuale che ne elabora i dati. Immanuel Kant accolse questo concetto dell’esperienza, ma sostenne che l’esperienza presume necessariamente alcuni elementi ideali che non possono derivare da essa, ma uniti a essa ne costituiscono l’universalità e necessità (principi ‘a priori’ o ‘trascendentali’). Tra Otto e Novecento l’empirio-criticismo ha parlato di esperienza pura, i cui elementi ultimi e costitutivi sono le sensazioni, gli unici dati certi in base ai quali e alle loro connessioni studiare i fenomeni sia fisici sia psichici. In filosofia della scienza, con il termine esperienza si intende di solito il metodo sperimentale, ossia l’insieme delle procedure comprendenti l’ ‘esperimento’ e l’‘osservazione’. Si suole anche distinguere l’ esperienza comune, che è quella spontanea, senza regole, e l’esperienza scientifica, che nell’osservazione dei fatti applica regole fornite dalla ragione.

I sensi, il rapporto con le cose e con gli altri

Mentre Educational Rai, con i suoi linguisti Sfefano Gensini e Giancarlo Schirru, così definisce l'esperienza:

La parola esperienza proviene per via colta dal sostantivo latino experientia, a sua volta derivato da experiens, participio presente del verbo experiri, cioè provare, sperimentare. Il termine, come avviene spesso per gli adattamenti dotti, non ha mutato sostanzialmente il suo significato da quello della corrispondente forma latina: indica infatti lo sperimentare o il conoscere direttamente un aspetto della realtà.
Nella tradizione filosofica il termine ha avuto un significato molto specifico, ristretto alla conoscenza ottenuta dal solo mondo fisico, intesa come separata dalla ragione e dall'idea: indica cioè quel tipo di conoscenza che parte dell’attività dei sensi. Nel linguaggio comune, la parola ha però usi più vari e indica in modo generico la conoscenza del mondo ottenuta attraverso la vita quotidiana, il rapporto con le cose e gli altri. Esperienza vuol dire in fondo aver attraversato una serie di eventi che, accumulati, hanno sviluppato un arricchimento interiore e una crescita morale. Per questo tendiamo ad associare l'esperienza alla maturità o alla vecchiaia. Oppure associamo il termine a ogni singolo atto che ha permesso di conoscere un particolare aspetto del mondo o della vita: ad esempio un viaggio, una difficoltà, un’avventura amorosa. O ancora intendiamo per esperienza la perizia che si raggiunge attraverso la consuetudine o l’applicazione costante in una determinata tecnica o in una professione.

Esperienza da sé ed esperienza da altri

Il sito "psicologia e benessere" della casa editrice Thea, così descrive l'esperienza:

Classicamente, l’esperienza è la conoscenza di concetti o eventi ottenuta tramite l’interazione o l’osservazione. Di per sé l’esperienza non ha lo stesso peso in tutti gli individui proprio perché l’interazione e l’osservazione sono processi molto complessi. Innanzitutto occorre distinguere l’esperienza da sé da quella da altri. L’ "esperienza da sé" è quella che più comunemente viene considerata. È quella che il soggetto acquisisce di persona, sulla propria pelle, vivendo. Non a caso un adulto sbaglia mediamente di meno di un adolescente proprio perché “ha più esperienza”; vivere una situazione già vissuta dovrebbe avere come conseguenza quella di viverla meglio della volta precedente, ovviamente se l’elaborazione dell’esperienza non è stata fallimentare. L’importanza dell’esperienza da sé è tale da essere riassunta nel classico motto "errare humanum est, perseverare autem diabolicum". L’esperienza da altri è quella che il soggetto acquisisce per qualcosa che è accaduto o accade al di fuori di sé, contrariamente alla credenza comune, oggi l’esperienza da sé dà una minore quantità d’informazione rispetto a quella da altri. In altri termini, se ci riferissimo alla sola esperienza personale conosceremmo molto poco del mondo. Come può una persona dire cose sensate sui figli se non ne ha? Come può una persona dire cose sensate sull’adozione se non ha mai adottato un bambino? Come può una persona parlar male di un lavoro se non lo ha mai fatto? Come può una persona dire cose sensate sulla droga se non si è mai drogata? Di esempi come questi ce ne sono a migliaia e sono certo che a questo punto tutti hanno capito: è banale comprendere che non bisogna aver messo le dita nella presa della corrente per capire che è meglio astenersi dal farlo. Possiamo parlare di esperienza da altri diretta o indiretta. La prima l’abbiamo osservando o interagendo direttamente con le persone, in modo naturale, senza doverci preoccupare di studiare, cioè di acquisire dati con un’azione mirata all’acquisizione; la seconda è invece basata sullo studio, cioè quell’insieme di tecniche e di strategie che utilizziamo per acquisire conoscenza. Attualmente la distinzione fra le due forme è meno netta che per esempio un secolo fa, quando quella diretta era basata soprattutto sul contatto fisico con le persone; oggi lo sviluppo dei media porta nelle case moltissima informazione su ciò che accade agli altri nel mondo. Anche inconsciamente siamo condizionati dalle notizie che sentiamo nei telegiornali o da quelle che leggiamo sul giornale; se nella nostra città accadono molti fatti violenti, ecco che saremo portati a credere che la nostra città sia pericolosa, anche se nessuno di questi fatti è accaduto direttamente sotto ai nostri occhi. Ovviamente, un’informazione scorretta può alterare la nostra esperienza da altri diretta. Per l’esperienza indiretta il problema della corretta informazione è sempre esistito e si trasforma nel problema della validazione delle fonti. [e della credibilità]

Quest'ultima osservazione ci obbliga ad esercitare un "pensiero critico" sull'informazione e valutare attentamente la credibilità delle nostre fonti. L'importanza di questo concetto è stata recentemente dimostrata dalle azioni dei "NO VAX" molti dei quali (in tutto il mondo), nella pandemia di Covid19, quando infettati e moribondi, hanno continuato a "negare": non hanno imparato nulla dall'esperienza...


Prima di procedere nella descrizione di come questa elaborazione possa essere ottimizzata, è necessario ricordare che esistono molti individui che negano alla base, inconsciamente, il valore dell’esperienza (negazione dell’esperienza). Pensiamo alle persone che non sopportano di sbagliare, che si autopuniscono per i loro errori o peggio che tendono a punire con eccessiva severità chi sbaglia; non hanno capito che nessuno può pretendere di capire la vita senza l’esperienza: la ragione, da sola, non basta. Per convincersi, si consideri una persona molto intelligente che non sa giocare a scacchi e una persona mediocre che gioca da una vita. Il nostro genio si compra un libriccino, impara le regolette del gioco (non ci vuole più di un’ora) e poi, dall’alto della sua intelligenza, decide di sfidare il nostro giocatore da caffè. Ebbene, nonostante quello che può pensare la maggioranza delle persone, il nostro genio farà una figuraccia perché gli scacchi, come la vita, sono soprattutto una questione di esperienza. È chiaro poi che, a parità di esperienza, conta la capacità di capirla, di elaborarla. Accanto alla negazione dell’esperienza troviamo due figure opposte nella gestione dell’esperienza, il recidivo e il praticone. Il recidivo è colui che fa sempre gli stessi errori e, di fatto, resta esistenzialmente sempre al punto di partenza. L’esperienza deve servire per fare le scelte giuste, mutando regole sbagliate in regole corrette: se non lo facciamo (si può continuare a perseverare nello stesso errore per l’incapacità di assimilare il processo che serve per evitarlo o per la pigrizia nel cambiare la propria vita o per altri mille motivi) tutta la nostra fatica è sprecata, siamo esistenzialmente stupidi. Come dobbiamo essere indulgenti con noi stessi al primo errore, così dobbiamo essere spietati quando lo ripetiamo: solo con questo atteggiamento riusciremo a migliorare la qualità della vita.

L'esperienza è dunque la conoscenza  (diretta o indiretta) che l'individuo ha acquisito riguardo a una certa realtà.
Certo la vita di ognuno di noi è stata determinata dalle esperienze che abbiamo fatto (o non fatto) negli ambienti che abbiamo frequentato. Essi hanno determinato la formazione del nostro sé e dei nostri comportamenti. Spesso, le esperienze più importanti (scuola, lavoro, famiglia, malattie, lutti, relazioni sentimentali e amicali, ecc.) hanno cambiato la nostra prospettiva e, dunque, anche la nostra identità personale. Ognuno, riflettendo sul proprio passato, può individuare quali esperienze sono state fondamentali nel creare la propria identità.
Cos'è la "vita umana" secondo Robert Nozick
La nostra "vita", secondo Robert Nozick è il prodotto combinato di molte cose, riconducibili a una serie di valori i cui più importanti sono: (1) Esperienza: ciò che "sentiamo" (2) Identità; ciò che siamo (3) Eredità: ciò che lasciamo agli altri (Cliccare per approfondire)
L'eterna lotta tra piacere e realtà
Il sito "Il viaggio dell'Eroe" scrive:

Secondo Sigmund Freud tutte le scelte della psiche sono dettate dal principio del piacere: l’uomo desidera la sua felicità, l’appagamento immediato e incondizionato dei suoi desideri, ma tale desiderio si scontra quasi sempre con la realtà, ovvero con le costrizioni morali e le tradizioni sociali che sono ostili al pieno soddisfacimento del piacere. Spesso desideriamo così intensamente e al di là di ogni morale che è inevitabile non ottenere quasi mai ciò che vogliamo. Il principio del piacere si scontra con la realtà e ne deriva l’inevitabile frustrazione dei desideri.

Ecco allora che al principio del piacere può subentrare quello di realtà: esso cerca la soddisfazione del desiderio in relazione a ciò che la realtà può offrire.
Mentre il principio di piacere cerca la soddisfazione immediata del bisogno in modo completamente irrazionale, il principio di realtà persegue l’appagamento del desiderio ponendosi obiettivi estesi nel tempo e sublimando l’impossibile appagamento immediato in rappresentazioni sostitutive. In altre parole, di fronte all’impossibilità di un appagamento completo, il principio di realtà agisce in modo da adattare il soddisfacimento del desiderio alle situazioni avverse.
Come dobbiamo essere indulgenti con noi stessi al primo errore, così dobbiamo essere spietati quando lo ripetiamo: solo con questo atteggiamento riusciremo a migliorare la qualità della nostra vita
Uno schema dell'esperienza umana
Le esperienze di vita di un essere umano sono un'interazione dinamica tra l'ambiente circostante, l'ambiente interno e le diverse forme di coscienza che lo aiutano a dare un senso a entrambi questi ambienti.
Il Metaverso piacerà solo agli psicopatici, o anche ai normodotati?
Esistono molti studi e report sull'incidenza di psicopatia nella personalità degli individui. Per approfondire andare alla pagina: "Psicopatologia"
Il significato della Experience Machine è che, nonostante il richiamo di una vita di bei momenti all'interno della macchina, lo scopo dell'esperimento mentale di Nozick era persuaderci che la vita è ben più di semplici esperienze piacevoli. Il punto della macchina, dice Nozick, non è dimostrare la bellezza della vita in Matrix, ma mostrare che dovremmo preferire una vita autentica nel mondo reale a una (in)autentica all'interno della macchina. Questa riflessione, maturata quando la realtà virtuale non era ancora realizzabile, diventa utile adesso che sta per concretizzarsi la macchina dell'esperienza del futuro umano basato sulla realtà virtuale e aumentata: il Metaverso
Conclusioni (provvisorie): Sembra che, per apprezzare la macchina dell'esperienza, bisognerà essere psicopatici, sociopatici, ludopatici, o peggio..., cioè quella parte degli esseri umani minoritaria della società
Il concetto di esperienza sta per diventare più importante in vista della nuova stagione che sta per aprirsi con l'evoluzione di Internet verso la realtà virtuale, cioè verso quell'ambiente che è stato chiamato "Metaverso" dallo scrittore Neil Stephenson nel romanzo "Crash Snow". Il Metaverso è in fase di creazione e molte aziende stanno investendo sforzi e capitali enormi per crearlo, tra loro uno dei più famosi è Mark Zuckerberg che sta trasformando Facebook in Meta, cioè in un'azienda completamente dedicata alla realtà virtuale. L'essere umano si autocostruisce, e/o si fa costruire da altri, con le esperienze che vive nel proprio ambiente: esse creano le sue conoscenze, sia che si tratti di esperienze dirette che l'individuo vive personalmente nel mondo, sia che si tratti di esperienze indirette (la maggior parte delle nostre esperienze) che l'individuo apprende da altri (libri, conversazioni, mezzi di comunicazione, social media, ecc.). Il filosofo Robert Nozick aveva già anticipato il tema nel 1974 nel libro "Anarchia, stato e utopia", proponendo una "macchina dell'esperienza" che viene descritta e valutata in questa pagina. La domanda al centro della Experience Machine è: il piacere è tutto ciò che conta? Con l'intento di capire se l'essere umano è guidato, nella sua azione, solo dalla ricerca del piacere personale, come ipotizzato da Sigmund Freud nel 1920 nel libro "Al di là del principio di piacere", che avviò la sua riflessione psicoanalitica o ci sono altre "spinte" mentali (diverse da quella proposta da Freud). Robert Nozick aveva descritto la macchina dell'esperienza in questo modo "Immagina una macchina che possa darti qualsiasi esperienza (o sequenza di esperienze) tu possa desiderare. Quando sei connesso a questa macchina dell'esperienza, puoi avere l'esperienza di scrivere una grande poesia o di portare la pace nel mondo o di amare qualcuno ed essere amato in cambio. Puoi provare i piaceri "provati" di queste cose, come si sentono "dall'interno". Puoi programmare le tue esperienze per... il resto della tua vita. Se la tua immaginazione è impoverita, puoi utilizzare la biblioteca di suggerimenti estratti da biografie e arricchiti da romanzieri e psicologi. Puoi vivere i tuoi sogni più cari "dall'interno". Sceglieresti di farlo per il resto della tua vita?... Entrando, non ricorderai di averlo fatto; quindi nessun piacere verrà rovinato dal rendersi conto che sono prodotti dalla macchina". Si tratta di una domanda che si porrà a tutti gli utenti del Metaverso se, come pare probabile, esso mira a diventare il grande "videogioco planetario". Qual è stata la risposta di Nozick? Robert Nozick ha risposto "NO", cioè ha risposto che la maggior parte degli esseri umani non riterrebbe conveniente dare in pasto la propria vita alla macchina dell'esperienza. Ciò principalmente per tre motivi: (1) perchè le persone ritengono ci sia una differenza enorme tra "fare un'esperienza" in una realtà (solo positiva) costruita artificialmente, piuttosto che "fare delle azioni in una realtà vera" soggetta a tutte le potenziali variabili (positive o negative) della vita reale; (2) perchè le persone vogliono "essere" delle persone "vere" piuttosto che dei fantocci che galleggiano in un serbatoio della macchina dell'esperienza; (3) perchè le persone vogliono vivere nella realtà (misteriosa e incerta) piuttosto che suicidarsi all'interno di una macchina indirizzata da qualcun altro. Infatti sembra che, per apprezzare la macchina dell'esperienza, bisognerà essere psicopatici, sociopatici, ludopatici, o peggio..., cioè quella parte degli esseri umani minoritaria e limitata, secondo uno meta-analisi di 15 studi della psichiatra Ana Sanz-Garcia e dei suoi colleghi, al 4,5% della popolazione adulta generale (prevalenza inferiore a quella riscontrata nella popolazione che ha commesso reati o carceraria, che di solito oscilla tra il 10 e il 35% ).
per scaricare le conclusioni (in pdf):
Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)


  • Philosophical Disquisitions (2017), [link:146]Understanding the Experience Machine Argument[/link:146]
  • Dana Andreicut (2017), [link:147]To Connect Or Not To Connect?[/link:147] - Philosophy Now
  • Sam Hill (2012), [link:148]Experience, Identity and Ideology[/link:148] - Pan
  • Sfefano Gensini, Giancarlo Schirru (2020), [link:152]lemma Esperienza[/link:152] - Educational RAI
  • Dale Murray , [link:154]Robert Nozick: Filosofia politica[/link:154] - Internet Encyclopedia of Philosophy
  • Robert Nozick (1974), [link:149]The  Experience  Machine[/link:149] - Excerpt (in english) from  Anarchy,  State,  and  Utopia  (1974) [46 citazioni]
  • Ben Bramble (2016), [link:150]The Experience Machine[/link:150] [26 citazioni] Considerazioni sull'edonismo
  • Ana Sanz-Garcìa et al. (2021), [link:151]Prevalence of Psychopathy in the General Adult Population: A Systematic Review and Meta-Analysis[/link:151] [1 citazione]
  • Portale Thea/Psicologia e Benessere,[link:153] Esperienza[/link:153]
  • Jim Taylor (2019), [link:155]La percezione NON è la realtà[/link:155] - Dr. Jim Taylor
  • Beau Lotto (2017), [link:156]Is this the real life? The neuroscience of perception offers us an answer[/link:156] - Salon
  • Romolo Rossi (2007),  Lezione 23 Al di la' del principio del piacere (Rileggendo Freud) - Psychiatry online Italia
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Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)

Pagina aggiornata il 21 agosto 2022

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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