La semplificazione dell'alfabeto ha liberato risorse cognitive per un pensiero più razionale. Tale condizione si è espressa al meglio nell'antica Grecia, ma proprio i greci colti furono ambivalenti nei confronti dell'insegnamento del loro alfabeto, continuando a difendere per secoli la loro raffinata cultura orale e contestando il valore della loro cultura scritta.
_
La vista isola gli elementi, l'udito li unifica. Mentre la vista pone l'osservatore al di fuori di ciò che vede, a distanza, il suono fluisce verso l'ascoltatore. A differenza della vista, che seziona, l'udito è dunque un senso che unifica. (Walter Ong)
_

Nel corso del '900 in molti siti archeologici, soprattutto mesopotamici (Turchia, Pakistan, Valle del Nilo), vennero ritrovati oggetti di argilla di piccole dimensioni e di forme geometriche tridimensionali (sfere, coni, dischi, tetraedi, ecc). Essi vennero denominati genericamente 'gettoni' e la loro datazione rivelò che erano stati fabbricati dal IX secolo a.C. al II secolo a.C.
Gli esempi più antichi di scrittura in Mesopotamia non sarebbero, come molti hanno supposto, il risultato di un atto di pura invenzione. Pare invece che essi siano una nuova forma di applicazione [...] di un sistema di registrazione presente nell'Asia occidentale dall'inizio del Neolitico in poi.
L'importanza dell'alfabeto greco, rispetto ad altri alfabeti, nel facilitare il pensiero è stata messa in luce dal linguista Walter Ong, che scrive nel suo libro "Oralità e scrittura" (p.132):
Per comprendere come si sia sviluppata la scrittura a partire dall'oralità, è utile considerare il sistema semitico come un alfabeto di consonanti (e di semi-vocali) cui i lettori, mentre leggono, semplicemente aggiungono le vocali appropriate. Detto questo a proposito dell'alfabeto semitico, appare chiaro che i greci fecero qualcosa di grandissima importanza psicologica quando svilupparono il primo alfabeto completo, comprendente anche le vocali. Havelock ritiene che questa trasformazione cruciale della parola da suono a espressione visiva abbia conferito all'antica cultura greca il suo ascendente intellettuale sulle altre culture antiche. Chi leggeva il semitico doveva basarsi su dati testuali e non testuali, doveva cioè conoscere la lingua che stava leggendo per sapere quali vocali inserire fra le consonanti. [...] Bambini ancora piccoli erano in grado di imparare l'alfabeto greco e un limitato vocabolario; mentre invece gli scolari israeliani, circa fino alla terza elementare devono essere aiutati, aggiungendo alle scritture dei "punti" vocalici. L'alfabeto greco era democratico, poichè facile per tutti era impararlo, internazionalista, potendo essere usato anche per le lingue straniere.
Scrive Walter Ong (pp.120-121):
Molti si sorprendono quando vengono a sapere che quasi le stesse obiezioni che oggi sono comunemente rivolte ai computer venivano mosse alla scrittura da Platone, nel Fedro (274-7) e nella "Settima Lettera". La scrittura, Platone fa dire a Socrate nel Fedro, è disumana, poichè finge di ricreare al di fuori della mente ciò che in realtà può esistere solo al suo interno. La scrittura è una cosa, un manufatto. Lo stesso, naturalmente, viene detto dei computer. In secondo luogo, incalza il Socrate di Platone, la scrittura distrugge la memoria: chi se ne serve cesserà di ricordare, e dovrà contare su risorse esterne quando mancheranno quelle interiori. La scrittura indebolisce la mente. [...] Un punto debole nella posizione di Platone è che egli, per dare efficacia alle sue obiezioni, le presentò per iscritto.
Come Havelock ha eccellentemente dimostrato, tutta l'epistemologia platonica inconsapevolmente si fondava proprio su un rifiuto del vecchio mondo della cultura orale, mobile e caldo, il mondo delle interazioni personali, rappresentato dai poeti, che egli non aveva voluto nella sua "Repubblica". Il termine idea, "forma" ha una base visiva, poichè deriva dalla stessa radice del latino video, "vedere"; la forma platonica era concepita in analogia con quella visiva. Le idee platoniche sono silenti, immobili, prive di calore, non interattive ma isolate, non inserite nel mondo vitale umano ma al di sopra e al di là di esso. Naturalmente Platone non aveva piena consapevolezza delle forze inconsce all'opera nella sua psiche per produrre questa reazione, spesso eccessiva, che è dell'individuo alfabetizzato nei confronti della lentezza e dell'indugio nell'oralità.
Iscriviti alla Newsletter di pensierocritico.eu per ricevere in anteprima nuovi contenuti e aggiornamenti:
- Eric Havelock (2009), La musa impara a scrivere. Riflessioni sull'oralità e l'alfabetismo dall'antichità al giorno d'oggi (PDF)
- Denise Schmandt-Besserat (1978), Gli antecedenti della scrittura - Le Scienze
Denise Schmandt-Besserat (2007), From Tokens to Writing: the Pursuit of Abstraction (PDF)
- Marco Mocchi (1999), RUCKER, ESCHER, DICK: tassellature di mondi fantastici
- (2009), Dalla tradizione orale alla parola scritta - Festival internazionale dell’oralità popolare - Comune di Torino
Pagina aggiornata il 29 gennaio 2021