
Not one, but I look at the figures
La lettura è un'attività innaturale per l'essere umano, nel senso che deve essere appresa. La qualità della lettura e il piacere che l'essere umano ne ricava dipendono da molti fattori, tra i quali la responsabilità di chi progetta i testi e quella del lettore che ne fruisce.
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- La lettura è un'attività che provoca un carico cognitivo, come teorizzato dalla teoria del carico cognitivo
- Il carico cognitivo è stato definito dallo psicologo John Sweller come ' il carico imposto alla memoria di lavoro dall’informazione che viene presentata al lettore '
- L'entità del carico cognitivo dipende sia dalla struttura del testo, che dalle caratteristiche del lettore
- Esistono evidenze sperimentali che mostrano l'incremento del carico cognitivo nel passaggio da testi convenzionali (lineari) a testi digitali (ipertesti e ipermedia). L'incremento del carico cognitivo negli ipertesti e ipermedia sembra dovuto alla difficoltà di ricostruire la struttura del testo (negli ipertesti) e alla necessità di costruire rappresentazioni integrate di testo e immagini (negli ipermedia)
- La riduzione del carico cognitivo è una responsabilità primaria dei soggetti che progettano i nuovi mezzi digitali per l'apprendimento e l'informazione (Instructional Design); tuttavia ogni fruitore dei nuovi media digitali deve porsi il problema di come ridurre il proprio carico cognitivo attuando una strategia di lettura
Lo stile di lettura di ogni persona è influenzato sia dallo scopo del lettore (informazione, intrattenimento, studio, ecc.), sia dallo stile di apprendimento che può essere significativo o meccanico.
Sappiamo che la lettura è un'attività innaturale per il cervello umano, nel senso che deve essere appresa. La neuroscienziata Maryanne Wolf, autrice del libro 'Proust e il calamaro - Storia e scienza del cervello che legge' (V&P editore), si è occupata a lungo dell'esperienza della lettura sia in persone normali, sia in persone con problemi di dislessia (ha avuto un figlio dislessico). Le sue ricerche sono condensate nel libro citato che esplora la capacità del cervello umano di lasciarsi modellare dalle esperienze, creando nuovi collegamenti tra le sue strutture preesistenti (che è proprio ciò che i dislessici fanno per non lasciarsi schiacciare dal nostro mondo culturale).
Cosa c'entra Proust con il calamaro e la lettura? La Wolf lo spiega nelle prime pagine (pp.11-12):
In questo libro uso il grande scrittore francese come metafora e il molto sottovalutato calamaro come analogia per due aspetti molto diversi del leggere. Proust considerava la lettura una specie di santuario intellettuale in cui gli uomini hanno accesso a migliaia di differenti realtà che altrimenti non potrebbero mai incontrare nè conoscere. [...] Negli anni Cinquanta del Novecento, gli scienziati hanno usato il lungo assone centrale del timido ma furbo calamaro per capire come i neuroni si attivano e si trasmettono segnali, e in certi casi per osservare come riparano o compensano un difetto di funzionamento.

Nella maturazione linguistica del bambino, niente è isolato e senza conseguenze. [...] Nello sviluppo iniziale delle abilità linguistiche, uno dei principali aiuti alla futura capacità di leggere è semplicemente la quantità di tempo riservata al 'chiacchierare a tavola'.
L'importanza di di gesti così banali come parlare al bambino, leggergli qualcosa e ascoltarlo è una parte importante dello sviluppo linguistico iniziale, ma la realtà di molte famiglie (alcune economicamente disagiate, altre no) è tale che viene dedicato troppo poco tempo perfino a queste attenzioni elementari prima che il bambino raggiunga i cinque anni. [...] Tutti i professionisti che si occupano di bambini possono aiutare a fare in modo che i genitori prendano coscienza del contributo che possono dare alle capacità future dei figli.
La ricchezza semantica della lettura dipende dal patrimonio di termini, sinonimi, nozioni del lettore. Come scrive la Wolf (pp.14-15), citando le ricerche dello scienziato cognitivo David Swinney (ved. bibliografia ):
La povertà verbale non danneggia solo il linguaggio ma anche la riflessione, scrive la Wolf (p.114):
Swinney ha scoperto che il cervello non associa una parola a un significato unico e semplice, ma inizia una sorta di caccia al tesoro, cercando ogni informazione in qualche modo collegata a quella parola. La ricchezza di questa dimensione semantica della lettura dipende quindi dal patrimonio di nozioni che abbiamo accumulato. I bambini che dispongono di un ricco repertorio di parole e delle relative associazioni ricavano dalla lettura e dalla conversazione esperienze molto diverse da quelle dei bambini con un più limitato capitale di parole e concetti.
Non ascoltare certe parole significa non imparare certi concetti. Non incontrare certe forme della sintassi vuol dire capire meno i nessi tra certi eventi di un racconto. Non conoscere le forme del racconto vuol dire essere meno in grado di dedurre e prevedere. Quando le tradizioni culturali e i sentimenti altrui non sono mai oggetti di esperienza, si è meno in grado di capire che cosa provano gli altri.
La visione foveale è la nostra visione centrale nella quale l'immagine del testo appare perfettamente a fuoco perchè centrato rispetto alla fovea. La visione parafoveale è invece quella che si estende, seppure sfocata, a destra o a sinistra della fovea. Quando leggiamo siamo in grado di 'vedere' da quattordici a quindici lettere a destra o a sinistra della fovea.

Nelle lingue più regolari dell'inglese in termini di corrispondenza grafemi-fonemi, quali l'italiano e il tedesco, i bambini risparmiano quasi un anno di faticosa decodifica durante l'apprendimento. Scrive la Wolf (pp.166-167):
Le specifiche abilità fonologiche usate nella lettura dipendono dall'esperienza di chi legge, dalla parola da leggere e dal sistema di scrittura utilizzato. Una parola molto regolare e molto comune come 'carpet' (tappeto) richiede molta meno elaborazione fonologica di una parola come, poniamo, 'phonological' (fonologico). [...] Il lettore neofita inglese raduna accuratamente le rappresentazioni fonemiche delle lettere e impara ad assemblarle in parole. Questo processo talvolta può durare qualche anno.
Scrive la Wolf (p.244):
Non nutro dubbi sulle modalità straordinarie in cui il mondo digitale dà vita alle realtà e ai punti di vista di altri popoli e culture. Quello che mi chiedo è se il giovane lettore tipico consideri l'analisi del testo e la ricerca di strati di significati più profondi sempre più anacronistici, a causa della sua abitudine all'immediatezza e all'apparente completezza delle informazioni mostrate dallo schermo di un computer. [...] Mi domando quindi se i nosti figli stiano imparando il cuore del processo di lettura: andare al di là del testo.


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- J.Bruner (1973), La costruzione narrativa della realtà (PDF) Interessante Tesi di laurea di Marta De Lorenzo
- David Swinney (1979), Lexical Access during Sentence Comprehension (Re)Consideration of Context Effects (PDF) [2031 citazioni]
- Thierry Baccino, I movimenti oculari nella lettura (PDF)
- Keith Rayner (1998), Eye Movements in Reading and Information Processing: 20 Years of Research (PDF)
- Blog Didattica e cervello, Dislessia e... non solo!
- Antonio Calvani (2016), Come insegnare a leggere: facciamo il punto (PDF)- SApIE
- Anne Mangen, Adriaan van der Weel (2016), The evolution of reading in the age of digitisation: an integrative framework for reading research (PDF) [46 citazioni]
- Theresa Schilhab, Gitte Balling, Anežka Kuzmičová (2018), Decreasing materiality from print to screen reading (PDF)
Pagina aggiornata il 27 febbraio 2021