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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Educazione o Informazione, il cattivo uso della TV secondo Karl Popper
TEORIE > CONCETTI > DEMOCRAZIA E WEB
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L'eliminazione della violenza dalla vita sociale è lo scopo che Karl Popper si pone, infatti dall'assenza di violenza può nascere lo stato di diritto, e avviarsi quel lungo cammino di civilizzazione e di rispetto di regole e patti senza il quale non ha senso parlare di libero mercato. Negli ultimi anni della sua vita Popper ha dedicato tutti i suoi sforzi ad argomentare contro l'attuale modo di fare televisione. Infatti, nonostante la TV abbia anche avuto effetti positivi su molti adulti ponendosi come un "sovvertitore culturale" e, talvolta, trasformandosi nella cornucopia permissiva del mondo favorendo l'edonismo di massa e, nei popoli ancora esclusi dalla ricchezza e libertà occidentali, incentivando le migrazioni. Nonostante questi effetti culturali sugli adulti la preoccupazione di Popper riguardava soprattutto l'infanzia, come scrive nel libro "Cattiva maestra televisione" (p.69): "L'articolo di John Condry, che qui appare, mostra l'immensa influenza della televisione sui bambini e la grande quantità di tempo che essi vi passano davanti, due cose che sono ovviamente collegate. Mi pare che l'autore di questo saggio sia estremamente bene informato su questi argomenti e che li tratti con chiarezza e in modo oggettivo. Egli giunge alla conclusione che i bambini non sono da rimproverare per il tempo passato davanti alla TV e che non è colpa loro se attraverso la televisione ricevono una informazione distorta. E ne spiega la ragione in un modo che ci lascia senza speranza, dicendo che "la televisione non scomparirà nel futuro" ma anche che "è improbabile che cambi al punto da diventare un ambiente ragionevolmente accettabile per la socializzazione dei bambini".  Popper era scoraggiato dall'impossibilità che i dirigenti televisivi decidessero di realizzare attraenti programmi di valore piuttosto che programmi noiosi e scadenti. Egli scrive (p.71): "Non manca chi sia in grado di distinguere che cosa è bene e che cosa no dal punto di vista educativo. Ed è perciò possibile applicare questo genere di competenza per far nascere anche una produzione televisiva migliore, anche se dobbiamo sapere che non sarà facile e che è un compito per persone di talento quello di realizzare cose interessanti e buone". Sui dirigenti televisivi Popper scrive (p.70-72): " In occasione di una lezione che ho tenuto in Germania non molti anni fa ho incontrato il responsabile di una televisione, che era venuto ad ascoltarmi, insieme ad alcuni collaboratori. Ebbi con lui una conversazione, durante la quale egli sostenne alcune orribili tesi, nella cui verità egli naturalmente credeva. Diceva per esempio: "Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole", come se si potesse sapere quello che la gente vuole dalle statistiche sugli ascolti delle trasmissioni. [...] Egli credeva che le sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia"  e si riteneva costretto ad andare nella direzione che sentiva come l'unica che lui era in grado di comprendere, nella direzione che sosteneva essere "la più popolare". Ora, non c'è nulla nella democrazia che giustifichi le tesi di quel capo della TV, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni a livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo corrispondeva ai principi della democrazia "perchè la gente lo vuole". Il giornalista Giancarlo Bosetti riporta: "Ci sono state negli Stati Uniti migliaia di ricerche, esattamente 3.500 dal 1950 ad oggi, dedicate agli effetti della violenza nei media sulla popolazione. La correlazione tra le due variabili - esposizione alla violenza in TV e comportamenti aggressivi nel breve e nel lungo periodo - emerge con una chiarezza paragonabile a quella tra fumo e cancro al polmone. E' molto difficile dimostrare che in un singolo caso c'è un nesso causale, come per il fumo, ma il rapporto c'è. Nel 1992 il "Journal of the American Medical Association" ha pubblicato la ricerca di Brandon Centerwall secondo la quale l'introduzione della televisione negli Stati Uniti negli anni cinquanta ha provocato il raddoppio del tasso di omicidi e se ipoteticamente la tecnologia televisiva non fosse mai stata sviluppata, ci sarebbero oggi negli Stati Uniti ogni anno di meno: diecimila omicidi, 70 mila aggressioni e 700 mila ferimenti". Inoltre la TV ha contribuito a molti dei cambiamenti sociali e politici, ad esempio in Italia (ma non solo), abbiamo assistito a importanti cambiamenti, quali ad esempio il declino costante della partecipazione al voto, e la perdita di presa delle argomentazioni razionali nei dibattiti politici e nei talk show. Infatti, con l'avvento della TV  l'elettore è passato dall'essere un "cittadino" al ritrovarsi semplicemente "spettatore". La sua mente che prima si formava nel dialogo dei partiti, dei sindacati, e anche delle parrocchie, era divenuto "soggetto" nel confliggere delle idee e delle identità sociali. Con il predominio televisivo la sua mente aveva subìto l'influsso dei media nella sua socializzazione, favorendo l'insorgere del populismo.
Farsi da sè
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FUTURO E TV: Secondo Karl Popper la civiltà è  lotta contro la violenza. Scrive Popper: "C'è progresso civile se c'è lotta alla violenza in nome della pace tra le Nazioni, all'interno delle Nazioni e, prima di tutto, all'interno delle nostre case. La televisione costituisce una minaccia per tutto questo. La mia esperienza dell'ambiente televisivo mi insegna che i suoi professionisti non sanno quello che fanno". Hans Magnus Enzensberger scrive: "Nelle immagini televisive il contenuto di realtà è minore delle leggende degli inizi dell'età moderna, ma il loro effetto è incomparabilmente più forte. In particolare la pubblicità, che nei paesi ricchi dove è prodotta viene intesa come un semplice sistema di segni senza referenti reali, nel Secondo e nel Terzo Mondo passa per una descrizione attendibile di un possibile modo di vita. Essa crea l'orizzonte delle aspettative legate alle MIGRAZIONI. Abitudini e culture secolari (con alto numero di figli, ruolo subordinato delle donne, legame con la comunità di appartenenza) vengono sconvolte dalle immagini della TV, da modelli di vita occidentale che provocano cambiamenti rapidi, spesso benefici e liberatori, ma anche violenti e non mediati da processi culturali consapevoli. Può accadere così, ad esempio, che l'uso dei contraccettivi, proibito dalla disciplina religiosa, o sconosciuto a causa del sottosviluppo, faccia il suo ingresso attraverso un apprendistato via etere, via telenovelas"
Punti di riflessione
La quantità di violenza che una società libera può digerire e metabolizzare attraverso gli strumenti di repressione e pena, attraverso gli strumenti assicurativi e tutti i congegni inventati per assorbirne gli effetti perturbanti, ha dei limiti molto precisi. Al di là di una certa soglia, oltre un certo numero di criminali in circolazione (o persino in carcere), una democrazia diventa uno stato di polizia, un luogo dove la vita o la libertà, la sicurezza o il diritto, sono in permanenza a rischio. Le garanzie che preservano lo stato di diritto e le libertà individuali insieme, la sicurezza dei cittadini e la possibilità di criticare il potere, in una parola, le basi della civiltà liberale son affidate, in primo luogo, ai processi educativi. (Giancarlo Bosetti - Cattiva maestra televisione p. 23)
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Nel 1985 [Popper] ormai abbandonata la carica d'insegnante scrive "Il futuro è aperto" al quale seguiranno numerose interviste ai giornali e alla televisione nelle quali non si stancherà mai di lottare contro l'irrazionalismo. Negli ultimi anni egli attaccherà il potere illimitato e irresponsabile dei media pubblicando "Cattiva maestra televisione”. (Mattia "Anzoletti" Boscolo)
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Dal momento che mettiamo tanta cura nello scegliere scuola e asilo per i nostri bambini, dedichiamo allora qualche momento di attenzione a questo elettrodomestico così speciale da influenzare in tanti modi, per fortuna talvolta casualmente anche benigni, la crescita dei piccoli, come e più della scuola e dell'asilo. (Giancarlo Bosetti - Cattiva maestra televisione p. 25)
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Invece di posare a profeti, è nostro compito fare le cose nel miglior modo possibile - e andare alla ricerca dei nostri errori. (Karl Popper  - Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza p.9)
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Una delle funzioni primarie dell'istruzione, sia a casa che a scuola, è di collegare il passato con il futuro, di mostrare in che modo il presente discende da ciò che l'ha preceduto, e in che modo il futuro è legato ad entrambi. La televisione è governata dall'orologio. Qualsiasi elemento drammatico e qualsiasi incertezza che vengano introdotti devono essere risolti e soddisfatti entro la fine del programma. Ci sono prodotti da vendere. Se quel che attrae l'attenzione è distorcere la realtà, vi sarà distorsione. Scopo primario della televisione, anche di quella sua parte che si definisce "istruttiva", è conquistare l'audience. Anche se la TV istruttiva per lo più non si occupa di vendere prodotti, essa compete con la TV commerciale per l'attenzione del pubblico. La televisione vive nel presente, non ha rispetto per il passato e ha scarso interesse per il futuro. (John Condry - Cattiva maestra televisione pp.87-88)
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Se i bambini di oggi sono crudeli verso i loro simili, come sostengono alcuni, se mancano di solidarietà, se ridono dei deboli e disprezzano le persone che mostrano di avere bisogno di aiuto, questi atteggiamenti sono forse attribuibili a ciò che si vede sul piccolo schermo? I poveri e i meno fortunati sono rappresentati di rado in televisione, e quando ciò accade vengono per lo più additati al ridicolo. La ricchezza è la chiave per passarsela bene in TV; i più ammirati sono ricchi, vivono in dimore sontuose e vanno in giro in limousine lunghe come treni. La cosa davvero assurda è che la TV non mostra mai nessuno intento a lavorare per guadagnare le ricchezze che ostenta. Non esiste alcun legame fra il lavoro e la vita. I bambini, che preferiscono la soluzione più rapida ai problemi, cercano la bella vita così come la definisce la televisione, vale a dire possedere tante cose, ma non come procurarsele. (John Condry - Cattiva maestra televisione pp.88-89)
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La televisione è come un farmaco. La sera lo si prende e ci si sente meglio. Oppure è come una lavatrice… anche il cervello ha bisogno di essere ripulito ogni tanto. Non è detto che sia un male. (Hans Magnus Enzensberger)
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[è stato condotto uno studio sui messaggi televisivi pro e contro la droga,  il risultato è:] Per ogni messaggio televisivo che dice: "Dite no alla droga", ve ne sono 6 che dicono: "Se non ti senti bene, prendi una droga o un farmaco per modificare il tuo stato". Non riesci a dormire? Prendi qualcosa. Non riesci a stare sveglio? Prendi qualcosa. Vuoi dimagrire? Prendi qualcosa. Ti senti un po' giù?, Prendi qualcosa, oppure beviti una birra o un bicchiere di vino. [...] Che cosa insegna questo ai giovani a proposito dell'uso ed abuso di sostanze? Non dice forse, in fondo, che le droghe sono legittime, fanno parte della cultura generale, tranne naturalmente per le poche che non rientrano tra quelle ammesse? (John Condry - Cattiva maestra televisione pp.90-91)
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Nelle sitcom e negli spettacoli di varietà, i personaggi si toccano, si baciano, si abbracciano e suggeriscono un'intimità sessuale mediante allusioni e atteggiamenti di flirt e di seduzione, questi messaggi carichi di suggerimenti in genere sono accompagnati da risate registrate. C'è forse da stupirsi che oggigiorno i bambini abbiano problemi con l'intimità? Il comportamento sessuale non si può imparare dalla televisione, e questo per due motivi: primo, le rappresentazioni sono generalmente false e distorte; secondo, nulla ci viene detto su quel che potremmo preferire nella gamma di possibilità che esistono. (John Condry - Cattiva maestra televisione pp.91-92)
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Il flusso dipende dalla capacità di impegnarsi in un'intensa concentrazione. Ma i media, come la televisione, sembrano accorciare la nostra capacità di attenzione.
È vero che alcuni ragazzi che sono cresciuti solo in televisione hanno tempi di attenzione ridicolmente brevi. Un problema posto dalla televisione è che non fornisce ai bambini la prova fisica di causa ed effetto. Nei tempi antichi, se non ti alzavi dal letto alle 5 del mattino per mungere le mucche, sapevi che presto quelle mucche avrebbero iniziato a urlare. Quello che hai fatto ha avuto delle conseguenze. Ora i bambini sono osservatori passivi delle informazioni senza alcuna responsabilità. (Mihaly Csikszentmihalyi)
Secondo Karl Popper la civiltà è  lotta contro la violenza. Scrive Popper: "C'è progresso civile se c'è lotta alla violenza in nome della pace tra le Nazioni, all'interno delle Nazioni e, prima di tutto, all'interno delle nostre case. La televisione costituisce una minaccia per tutto questo.
La mia esperienza dell'ambiente televisivo mi insegna che i suoi professionisti non sanno quello che fanno".
La TV, oltre ad essere un motore di emancipazione culturale, è anche un problema di responsabilità sociale
Karl Popper si dedicò alla TV negli ultimi anni della sua vecchiaia e, stando alle parole del giornalista Giancarlo Bosetti, il quale raccolse le interviste sul tema e curò il libro di Popper "Cattiva maestra televisione", lo fece con particolare fervore. La visione che Karl Popper aveva del potere mediatico della televisione riguarda l'intero potere che l'informazione esercita sulla società, e quindi anche la responsabilità che i dirigenti delle TV esercitano nella scelta dei loro programmi. Responsabilità nei confronti, soprattutto, dei bambini che vanno tenuti lontani dalla violenza. Infatti la funzione della TV è, ontologicamente, pedagogica e Bosetti, nell'introduzione al bellissimo libro di Popper, scrive (p. 23):

Le garanzie che preservano lo stato di diritto e le libertà elementari insieme, la sicurezza dei cittadini e la possibilità di criticare il potere, in una parola, le basi della civiltà liberale sono affidate, in primo luogo, ai processi educativi. È l'educazione il mezzo principale che consente di mantenere la violenza al di sotto della soglia di pericolo, quella oltre la quale viene minacciata la sopravvivenza della società aperta. Ed educare vuol dire prima di tutto educare alla non violenza. Qui la televisione viene vista da Popper, ancor prima che come uno strumento di manipolazione dell'opinione a beneficio del potere, come un fattore di disturbo della educazione alla non violenza.

Invece, sul cambiamento sociale stimolato nel mondo dalla TV, Bosetti scrive (p.40):

Se fino all'89 la proliferazione delle antenne e dei satelliti ha aaccelerato la disintegrazione del mondo comunista, da lì in avanti il circo delle'etere porta per tutto il globo la sua "cornucopia permissiva", Dallas e Dinasty non hanno più barriere. La combinazione di "vuoto morale", "perdita di responsabilità", "edonismo di massa", "desiderio sconfinato di"autogratificazione attraverso i consumi materiali", mentre gran parte del mondo "sta ancora lottando per soddisfare i bisogni primari", si presenta come l'innesco di una esplosione di potenza finora sconosciuta.

Gli effetti della Tv sulle società del Terzo Mondo sono stati evidenziati dal filosofo Hans Magnus Enzensberger che ha scritto (p.42):

Le immagini ad alta frequenza che la rete mondiale dei media porta fin nei più sperduti villaggi della periferia del mondo: "Il loro contenuto di realtà è ancora minore di quello delle leggende degli inizi dell'età moderna; ma il loro effetto è inconparabilmente più forte. In particolare la pubblicità, che nei paesi ricchi dove è prodotta viene intesa senza problemi come un semplice sistema di segni senza referenti reali, nel Secondo e nel Terzo Mondo passa per una descrizione attendibile di un possibile modo di vita. Essa condiziona in buona parte l'orizzonte delle aspettative legate alla migrazione". [...] Ma è anche il caso di abitudini e culture secolari (alto numero di figli, ruolo subordinato delle donne, legame con la comunità di appartenenza) sulle quali la trasmissione, anche attraverso le immagini della TV, di un modello di vita occidentale provoca cambiamenti rapidi, spessissimo benefici e liberatori, ma anche violenti e non mediati da processi culturali consapevoli. Può accadere così, anche per via televisiva, che l'uso dei contraccettivi, proibito dalla disciplina religiosa, o sconosciuto a causa del sottosviluppo, faccia il suo ingresso attraverso un apprendistato via etere, via telenovelas.
La pubblicità, che nei paesi ricchi dove è prodotta viene intesa per ciò che essa è, nel Secondo e nel Terzo Mondo passa per una descrizione attendibile di un possibile modo di vita. Essa condiziona l'orizzonte delle aspettative legate alla migrazione. Ma condiziona anche abitudini e culture secolari (alto numero di figli, ruolo subordinato delle donne, legame con la comunità di appartenenza) sulle quali la trasmissione, anche attraverso le immagini della TV, di un modello di vita occidentale provoca cambiamenti rapidi, spesso benefici e liberatori, ma anche violenti e non mediati da processi culturali consapevoli
Hans Magnus Enzensberger scrive: "Nelle immagini televisive il contenuto di realtà è minore delle leggende degli inizi dell'età moderna, ma il loro effetto è incomparabilmente più forte. In particolare la pubblicità, che nei paesi ricchi dove è prodotta viene intesa come un semplice sistema di segni senza referenti reali, nel Secondo e nel Terzo Mondo passa per una descrizione attendibile di un possibile modo di vita. Essa crea l'orizzonte delle aspettative legate alle MIGRAZIONI. Abitudini e culture secolari (con alto numero di figli, ruolo subordinato delle donne, legame con la comunità di appartenenza) vengono sconvolte dalle immagini della TV, da modelli di vita occidentale che provocano cambiamenti rapidi, spesso benefici e liberatori, ma anche violenti e non mediati da processi culturali consapevoli. Può accadere così, ad esempio, che l'uso dei contraccettivi, proibito dalla disciplina religiosa, o sconosciuto a causa del sottosviluppo, faccia il suo ingresso attraverso un apprendistato via etere, via telenovelas"
Karl Popper e l'influenza della TV
La televisione è un disturbo all'educazione alla non-violenza, infatti, secondo Popper, le garanzie che preservano lo stato di diritto e le libertà elementari, la sicurezza dei cittadini e la possibilità di criticare il potere, in una parola, le basi della civiltà liberale sono affidate, in primo luogo, ai processi educativi. È l'educazione il mezzo principale che consente di mantenere la violenza al di sotto della soglia di pericolo, quella oltre la quale viene minacciata la sopravvivenza della società aperta. Ed educare vuol dire prima di tutto educare alla non-violenza.
All'origine del populismo degli ultimi anni vi sono i cambiamenti sociali indotti dalla TV
La TV ha contribuito a molti dei cambiamenti sociali e politici, ad esempio in Italia (ma non solo), cambiamenti cui abbiamo assistito con inquietudine, quali ad esempio il declino costante della partecipazione al voto, la perdita di presa delle argomentazioni razionali nei dibattiti politici, come scrive Giancarlo Bosetti (p.45-46):

Questa è anche la conseguenza del collasso di quel sistema di formazione dei giudizi politici che era rappresentato dai partiti di massa. Questo aspetto della transizione "di regime", con il venir meno delle vecchie entità mediatrici e creatrici di opinione, è stato ben colto, per esempio, e non senza un evidente rimpianto, da Rossana Rossanda: "La pervasività della TV non sta dunque nella diabolicità del mezzo, sta nell'essersi fatto il cittadino non più che spettatore, atomo e quindi unidimensionale. Il fatto è che la testa si formava anche su altro, la mediatizzazione non era la sola forma di socializzazione, o il suo sostitutivo. Qualche milione di persone si era fatto cittadino nel reticolo dei partiti e dei sindacati, e sì, anche delle parrocchie, era divenuto soggetto nel confliggere delle idee e delle identità sociali, scoperto e agito nel luogo di lavoro in città o nelle campagne in naufragio." Ma la scomparsa di tante influenti istituzioni intermedie attraverso le quali si formava la volontà politica e l'entrata del paese in una fase tumultuosa di passaggio, verso un assetto politico imprecisato ma comunque nuovo, ci suggerisce di paragonare la "ragione pubblica" dell'Italia di questi anni, più che al passato, a quella dei paesi dell'Est europeo. Nel rapporto tra telecamere ed elettori, l'Italia, fatte tutte le dovute proporzioni, rischia di somigliare molto più alla Polonia e alla Russia che alla Germania o all'Inghilterra. Il fenomeno della ossessione televisiva è descritto bene dallo storico polacco Bronislaw Geremek, che nota nelle democrazie di tutto il mondo "l'indebolimento di una certa morale poltica, quella che vieta l'impiego della più bassa demagogia". Il populismo ha le sue auguste tradizioni un po' ovunque nel mondo, ma ora sembra radicarsi proprio nella specificità della situzione postcomunista sia perchè la trasformazione globale dell'economia, della politica e della cultura, che è indispensabile, comporta costi umani elevati, delusioni, e malcontento che si prestano all'azione dei demagoghi, sia perchè il crollo del vecchio regime lascia un vuoto di istituzioni interedie che è ancora più propizio ai venditori di miracoli per via televisiva. Ecco come si spiegano gli immensi successi della propaganda populistica e i fondati timori di tentazioni autoritarie nei paesi postcomunisti.
Da cittadino a spettatore: con la TV il cittadino è diventato spettatore, unidimensionale. La sua mente che prima si formava nel reticolo dei partiti, dei sindacati, e anche delle parrocchie, era divenuto "soggetto" nel confliggere delle idee e delle identità sociali. Con la TV la sua mente aveva subìto l'influsso dei media nella sua socializzazione...
Oggi l'uomo politico può parlare a milioni di persone, mentre nelle campagne elettorali tradizionali poteva parlare solo a migliaia di persone. Nello stesso tempo l'uomo politico soggetto alla cultura dei media, dimentica ogni riferimento alla morale politica e alla qualità dell'argomento usato. Di fatto ecco la vera malattia: la voglia di piacere all'ascoltatore, all'elettore, al popolo. E' una malattia incurabile.
Perchè Karl Popper decise di occuparsi della violenza in TV
Secondo Giancarlo Bosetti il motivo per cui Karl Popper ha deciso di occuparsi della TV, negli ultimi anni della propria vita, annettendole un'influenza molto importante sulla società, sono state le ricerche svolte negli Stati Uniti. Egli scrive (pp. 50-51):

Ci sono state negli Stati Uniti migliaia di ricerche, esattamente 3.500 dal 1950 ad oggi, dedicate agli effetti della violenza nei media sulla popolazione. La correlazione tra le due variabili - esposizione alla violenza in TV e comportamenti aggressivi nel breve e nel lungo periodo - emerge con una chiarezza paragonabile a quella tra fumo e cancro al polmone. E' molto difficile dimostrare che in un singolo caso c'è un nesso causale, come per il fumo, ma il rapporto c'è. Nel 1992 il "Journal of the American Medical Association" ha pubblicato la ricerca di Brandon Centerwall secondo la quale l'introduzione della televisione negli Stati Uniti negli anni cinquanta ha provocato il raddoppio del tasso di omicidi e se ipoteticamente la tecnologia televisiva non fosse mai stata sviluppata, ci sarebbero oggi negli Stati Uniti ogni anno di meno: diecimila omicidi, 70 mila aggressioni e 700 mila ferimenti. [...] L'opinione pubblica e gli specialisti possono pensarne oggi quel che credono, ma non c'è dubbio che è da queste sollecitazioni, da questi materiali che Karl Popper trasse la convinzione che la televisione sta educando i bambini alla violenza e che dobbiamo spezzare questo processo. E ne fece una tesi da assumere per vera fino a che non fosse stata falsificata.
Il discorso di Bill Clinton sulla TV
Il primo giugno del 1999 il presidente degli Stati Uniti fece questo discorso: "I nostri bambini sono stati nutriti da una dose quotidiana tossica di violenza. E' una cosa che si vende bene. Ora, trent'anni di studi hanno mostrato che questo desensibilizza i bambini alla violenza e alle sue conseguenze. Adesso sappiamo che al momento in cui un tipico ragazzo americano raggiunge l'età di diciotto anni, ha visto 200 mila scene di violenza, 40 mila di omicidio...i ragazzi ne sono attratti...non deve stupire che metà dei videogiochi che finiscono nelle mani di un dodicenne siano violenti...gli studi dimostrano che il confine tra la violenza di fantasia e quella reale, che è una linea molto chiara per la maggior parte degli adulti, può diventare molto confusa per bambini vulnerabili... per questo ho fatto pressione con forza sull'industria dell'intrattenimento perchè consideri le conseguenze di quello che crea e del modo in cui lo reclamizza. E' possibile nello stesso tempo apprezzare il diritto alla libertà di espressione garantita dal Primo Emendamento e preoccuparsi delle limitazione necessarie..."
(da "Cattiva maestra televisione" p. 48)
Conclusioni (provvisorie): secondo Karl Popper la violenza nella vita sociale dipende anche dalla TV
L'eliminazione della violenza dalla vita sociale è lo scopo che Karl Popper si pone, infatti dall'assenza di violenza può nascere lo stato di diritto, e avviarsi quel lungo cammino di civilizzazione e di rispetto di regole e patti senza il quale non ha senso parlare di libero mercato. Negli ultimi anni della sua vita Popper ha dedicato tutti i suoi sforzi ad argomentare contro l'attuale modo di fare televisione. Infatti, nonostante la TV abbia anche avuto effetti positivi su molti adulti ponendosi come un "sovvertitore culturale" e, talvolta, trasformandosi nella cornucopia permissiva del mondo favorendo l'edonismo di massa e, nei popoli ancora esclusi dalla ricchezza e libertà occidentali, incentivando le migrazioni. Nonostante questi effetti culturali sugli adulti la preoccupazione di Popper riguardava soprattutto l'infanzia, come scrive nel libro "Cattiva maestra televisione" (p.69): "L'articolo di John Condry, che qui appare, mostra l'immensa influenza della televisione sui bambini e la grande quantità di tempo che essi vi passano davanti, due cose che sono ovviamente collegate. Mi pare che l'autore di questo saggio sia estremamente bene informato su questi argomenti e che li tratti con chiarezza e in modo oggettivo. Egli giunge alla conclusione che i bambini non sono da rimproverare per il tempo passato davanti alla TV e che non è colpa loro se attraverso la televisione ricevono una informazione distorta. E ne spiega la ragione in un modo che ci lascia senza speranza, dicendo che "la televisione non scomparirà nel futuro" ma anche che "è improbabile che cambi al punto da diventare un ambiente ragionevolmente accettabile per la socializzazione dei bambini".  Popper era scoraggiato dall'impossibilità che i dirigenti televisivi decidessero di realizzare attraenti programmi di valore piuttosto che programmi noiosi e scadenti. Egli scrive (p.71): "Non manca chi sia in grado di distinguere che cosa è bene e che cosa no dal punto di vista educativo. Ed è perciò possibile applicare questo genere di competenza per far nascere anche una produzione televisiva migliore, anche se dobbiamo sapere che non sarà facile e che è un compito per persone di talento quello di realizzare cose interessanti e buone". Sui dirigenti televisivi Popper scrive (p.70-72): " In occasione di una lezione che ho tenuto in Germania non molti anni fa ho incontrato il responsabile di una televisione, che era venuto ad ascoltarmi, insieme ad alcuni collaboratori. Ebbi con lui una conversazione, durante la quale egli sostenne alcune orribili tesi, nella cui verità egli naturalmente credeva. Diceva per esempio: "Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole", come se si potesse sapere quello che la gente vuole dalle statistiche sugli ascolti delle trasmissioni. [...] Egli credeva che le sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia"  e si riteneva costretto ad andare nella direzione che sentiva come l'unica che lui era in grado di comprendere, nella direzione che sosteneva essere "la più popolare". Ora, non c'è nulla nella democrazia che giustifichi le tesi di quel capo della TV, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni a livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo corrispondeva ai principi della democrazia "perchè la gente lo vuole". Il giornalista Giancarlo Bosetti riporta: "Ci sono state negli Stati Uniti migliaia di ricerche, esattamente 3.500 dal 1950 ad oggi, dedicate agli effetti della violenza nei media sulla popolazione. La correlazione tra le due variabili - esposizione alla violenza in TV e comportamenti aggressivi nel breve e nel lungo periodo - emerge con una chiarezza paragonabile a quella tra fumo e cancro al polmone. E' molto difficile dimostrare che in un singolo caso c'è un nesso causale, come per il fumo, ma il rapporto c'è. Nel 1992 il "Journal of the American Medical Association" ha pubblicato la ricerca di Brandon Centerwall secondo la quale l'introduzione della televisione negli Stati Uniti negli anni cinquanta ha provocato il raddoppio del tasso di omicidi e se ipoteticamente la tecnologia televisiva non fosse mai stata sviluppata, ci sarebbero oggi negli Stati Uniti ogni anno di meno: diecimila omicidi, 70 mila aggressioni e 700 mila ferimenti". Inoltre la TV ha contribuito a molti dei cambiamenti sociali e politici, ad esempio in Italia (ma non solo), abbiamo assistito a importanti cambiamenti, quali ad esempio il declino costante della partecipazione al voto, e la perdita di presa delle argomentazioni razionali nei dibattiti politici e nei talk show. Infatti, con l'avvento della TV  l'elettore è passato dall'essere un "cittadino" al ritrovarsi semplicemente "spettatore". La sua mente che prima si formava nel dialogo dei partiti, dei sindacati, e anche delle parrocchie, era divenuto "soggetto" nel confliggere delle idee e delle identità sociali. Con il predominio televisivo la sua mente aveva subìto l'influsso dei media nella sua socializzazione, favorendo l'insorgere del populismo.
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Libri consigliati
a chi vuole conoscere le idee di Karl Popper sulla TV

Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)

Pagina aggiornata il 21 novembre 2022

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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