Moda, abiti, conflitti e cultura: come i cambiamenti effimeri della moda nascondono quelli importanti della cultura
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Il filosofo Remo Bodei, presentando il libro della sociologa Elena Esposito "I paradossi della moda", pone una domanda fondamentale: "Se la "banalità misteriosa" della moda non ha a che fare né con la bellezza né con l'utilità, cosa spinge allora le persone a seguirla? E perchè anche coloro che la combattono sono immancabilmente catturati nella sua rete?" Una risposta alla domanda sull'utilità della moda Remo Bodei la ricava dal libro di Elena Esposito, e scrive: "La risposta è che la moda rappresenta, in epoca moderna, il tacito sforzo di acclimatare uomini e donne all'aumentato tasso di contingenza della vita sociale e all'accelerazione del tempo storico. Essa scarica cioè l'angoscia senza nome che si produce dinanzi all'accresciuta incertezza delle situazioni e dei parametri di comprensione degli eventi su cambiamenti più futili e privi di qualsiasi intrinseca spiegazione. L'ansia si trasforma così nella serena (e persino gioiosa) accettazione della caducità, che, proprio perchè condivisa, appare inevitabile e suscita un desiderio mimetico. Nei periodi in cui il peso della tradizione e quello della gerarchia sociale erano dominanti, la moda certamente esisteva già, ma le sue variazioni erano più lente e l'imitazione dei comportamenti altrui - con il conseguente rifiuto dell'originalità - più forte. A partire dal Cinquecento, a promuovere il ruolo della moda è lo choc provocato dall'accumulo delle novità e dalla progressiva legittimazione dell'individuo e dei suoi gusti." La nascita della stampa e la successiva diffusione dei giornali acclimatano l'abitudine alle news, creando canali di diffusione rapida delle mode, che non sono soltanto quelle relative all'abbigliamento, ma anche alle idee e alla mentalità. Scrive il neurofisiologo Fabrizio Benedetti: "Una quantità immensa di placebo pervade la nostra vita e crea false realtà. Realtà che crediamo vere, ma che invece sono presenti esclusivamente dentro di noi. Tutto ciò è dovuto alle nostre credenze, convinzioni, suggestioni e aspettative, le quali possono essere eliminate così come si eliminano i farmaci nei trial clinici per vedere se il dolore diminuisce per la nostra fiducia nella terapia oppure perchè il farmaco è veramente efficace. Allo stesso modo, è possibile applicare dei protocolli sperimentali alla religione, alla musica, alla moda, alla politica, alla giustizia e ad altre cose ancora." Riprendendo l'efficace metafora di Fabrizio Benedetti sull'applicazione dell'effetto placebo alla cultura della società, per mostrare come alcune delle idee che hanno dominato il dibattito culturale e mediale degli ultimi cinquant'anni sono stati foraggiate dalle mode: alcune idee si sono imposte, inizialmente perchè spinte da eventi politici (fascismo e comunismo) o universitari (neoliberismo), e sono poi diventate delle "mode" a causa dei sistemi mediatici che le hanno imposte. Il fiolosofo Bruno Canfora conclude così: " ' è normale' che la crescita culturale della società sia basata sui conflitti e che non sempre ci sono soluzioni, nel mondo antico come in quello contemporaneo. Per questo motivo il compito dei genitori e degli insegnanti dovrebbe essere quello di insegnare a guardare alle visioni opposte della realtà con spirito critico, senza pregiudizi e fanatismi".
For Carnival I disguise myself as a clown.
Do you want to be recognized?
Do you want to be recognized?
I PARADOSSI DELLA MODA: Scrive il filosofo Remo Bodei: "A partire dal Cinquecento, a promuovere il ruolo della moda è lo choc provocato dall'accumulo delle novità e la progressiva legittimazione dell'individuo e dei suoi gusti. Il nuovo si presenta allora come imprevedibilità, sorpresa, irruzione improvvisa di anomalie situabili all'interno dei criteri di giudizio vigenti e delle norme consolidate. La nascita della stampa e la successiva diffusione dei giornali acclimatano l'abitudine alle news, creando canali di diffusione rapida delle mode, che non sono soltanto quelle relative all'abbigliamento, ma anche alle idee e alla mentalità"
Secondo il sociologo Erwin Goffman noi viviamo in un mondo di rappresentazioni nel quale tutti (nessuno escluso) recita una parte (o più parti) adattandosi alla cultura del suo mondo e del suo tempo. La modernità ha introdotto nella cultura un modo (un potere) per mettere a tacere i dubbi e l'ansia dell'individuo moderno. Tale potere è stato interpretato dal mercato globale che ha imposto le maschere suggerite dall'economia di mercato: stili di vita e di comportamento che si esprimono in abiti, automobili, case, viaggi e tutta una serie di feticci tecnologici (smartphone, smartwatch, ecc) che consentono di "conformarsi" alla società di appartenenza a scapito della propria individualità. Per approfondire andare alla pagina "Maschere quotidiane".
Punti di riflessione
L'identità personale implica la percezione di una fragilità della coscienza e di una serie di discontinuità, che devono essere in un certo modo metabolizzate. (Remo Bodei)
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Attraverso la moda ognuno vuole esibire un'immagine costruita di se stesso, segnalare agli altri chi intende essere, ma senza scoprirsi completamente. Al pari dell'oracolo del fico secondo Eraclito, non dice e non nasconde, ma fa segno, allude. La pretesa di autenticità s'interseca così con l'artificio e la sincerità con la simulazione e la dissimulazione. (Remo Bodei - Sole24Ore)
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Uno dei compiti dell'insegnamento dovrebbe essere quello di fornire degli anticorpi rispetto alle mode. Vale a dire trasmettere contenuti e "stili di pensiero" che facciano capire agli studenti l'impoverimento della loro personalità derivante dall'indossare le maschere sociali proposte dal mercato. (Bruno Canfora)
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L’uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità. (Oscar Wilde)
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Quel che è significativo nella storia del vestito è che sia possibile ritrovare qualcosa come i moderni bikini negli affreschi di Pompei. (Roland Barthes p.31)
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Occorre segnalare che esistono popoli e società senza moda; per esempio l'antica società cinese, dove il vestito era strettamente codificato in modo quasi immutabile. L'assenza di moda corrispondeva al totale immobilismo della società. (Roland Barthes p.76)
Maschere sociali di Saul Steinberg
Foto: Inge Morath Fonte: Magnumphotos.com
Il filosofo Remo Bodei, presentando il libro della sociologa Elena Esposito "I paradossi della moda", pone una domanda fondamentale: "Se la "banalità misteriosa" della moda non ha a che fare né con la bellezza né con l'utilità, cosa spinge allora le persone a seguirla? E perchè anche coloro che la combattono sono immancabilmente catturati nella sua rete?"
La moda contrasta l'angoscia umana dinanzi all'accresciuta incertezza delle situazioni sociali
Qualche risposta alla domanda sull'utilità della moda Remo Bodei la ricava dal libro di Elena Esposito "I paradossi della moda. Originalità e transitorietà nella società moderna - Baskerville", e scrive:
La risposta è che la moda rappresenta, in epoca moderna, il tacito sforzo di acclimatare uomini e donne all'aumentato tasso di contingenza della vita sociale e all'accelerazione del tempo storico. Essa scarica cioè l'angoscia senza nome che si produce dinanzi all'accresciuta incertezza delle situazioni e dei parametri di comprensione degli eventi su cambiamenti più futili e privi di qualsiasi intrinseca spiegazione. L'ansia si trasforma così nella serena (e persino gioiosa) accettazione della caducità, che, proprio perchè condivisa, appare inevitabile e suscita un desiderio mimetico. Nei periodi in cui il peso della tradizione e quello della gerarchia sociale erano dominanti, la moda certamente esisteva già, ma le sue variazioni erano più lente e l'imitazione dei comportamenti altrui - con il conseguente rifiuto dell'originalità - più forte. A partire dal Cinquecento, a promuovere il ruolo della moda è lo choc provocato dall'accumulo delle novità e dalla progressiva legittimazione dell'individuo dell'individuo e dei suoi gusti.
Scrive il filosofo Remo Bodei: "A partire dal Cinquecento, a promuovere il ruolo della moda è lo choc provocato dall'accumulo delle novità e la progressiva legittimazione dell'individuo e dei suoi gusti. Il nuovo si presenta allora come imprevedibilità, sorpresa, irruzione improvvisa di anomalie situabili all'interno dei criteri di giudizio vigenti e delle norme consolidate. La nascita della stampa e la successiva diffusione dei giornali acclimatano l'abitudine alle news, creando canali di diffusione rapida delle mode, che non sono soltanto quelle relative all'abbigliamento, ma anche alle idee e alla mentalità
Nascita dell'individuo in Italia nel Rinascimento
L'individuo nacque, secondo lo psicoanalista Erich Fromm in Italia nel Rinascimento. Si tratta della punta di un iceberg di quello che sarà l'individuo moderno europeo. Infatti il Rinascimento italiano coinvolse pochi individui, appartenenti alle classi nobili e borghesi che riuscirono a sfruttare per arricchirsi con il loro spirito d'iniziativa, le nuove condizioni favorevoli (posizione geografica dell'Italia, vantaggi commerciali, assenza di stati forti concorrenti a causa della lotta tra Papa e Imperatore, ecc). Scrive Fromm nel libro "Fuga dalla libertà" (p.41):
In Italia, per la prima volta, l'individuo emergeva dalla società feudale e spezzava i vincoli che gli avevano dato sicurezza e al tempo stesso lo avevano limitato. L'italiano del Rinascimento fu, dice Burckardt, "il primogenito dei figli dell'Europa moderna", il primo individuo.
Naturalmente anche prima del Medioevo sono esistiti individui in grado di pensare autonomamente, senza lasciarsi schiacciare dalla comunità culturale di appartenenza, anzi è per merito loro che l'essere umano ha progredito attraverso i secoli. Uno di questi individui, secondo lo storico Stephen Greenblatt fu Lucrezio, la cui riscoperta in un monastero tedesco del manoscritto De Rerum Natura da parte dell'umanista Poggio Bracciolini, diede avvio a un processo di epocale cambiamento delle idee poi chiamato Rinascimento (vedi "Il manoscritto" di Stephen Greeblatt). Inoltre la genesi dell'uomo moderno viene attribuita, dallo storico Ronald G. Witt nel libro "L'eccezione italiana: L'intellettuale laico nel Medio Evo e l'origine del Rinascimento", alla tradizione letteraria italiana che diede luogo all'Umanesimo.
Nascita dell'individuo nel Rinascimento italiano
In figura "Ritratto virile" (Raffaello Sanzio 1503 Galleria Borghese Roma). Il Rinascimento in Italia coinvolse pochi individui, appartenenti alle classi nobili e borghesi, che riuscirono a sfruttare le nuove condizioni favorevoli con il loro spirito d'iniziativa
L'individuo nacque in Italia nel Rinascimento. Si tratta della punta di un iceberg di quello che sarà l'individuo moderno europeo. Per approfondire andare alla pagina "Conformismo e anticonformismo"
La moda in Italia: un motore economico e tecnologico, così come un deposito di immaginario e di dispositivi simbolici per la modernizzazione
I sociologi Nicoletta Giusti, Emanuela Mora e Simona Segre Reinach hanno svolto diversi studi sul sistema della moda e, nella Treccani, scrivono:
La moda incarna e rende visibile in modo esemplare il legame tra l’Italia e le sue regioni. Il fenomeno della moda in Italia, infatti, consiste in un sistema di produzione e consumo che affonda le sue radici in diverse tradizioni regionali (l’alta moda romana; la sartoria maschile di Napoli, Abruzzo, Roma; la moda boutique e l’intuizione della commercializzazione internazionale di Firenze; il prêt à porter milanese; le tradizioni manifatturiere distrettuali che si sono a poco a poco trasformate in un complesso e peculiare sistema di industria culturale) e che ha rappresentato per l’Italia contemporanea, dal dopoguerra in poi, un motore economico e tecnologico, così come un deposito di immaginario e di dispositivi simbolici per la modernizzazione.
La moda ha contribuito al processo di industrializzazione rapida che ha investito l’Italia nei due decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, consentendole di recuperare in gran parte la distanza che la separava dalle altre grandi nazioni europee. In secondo luogo, la moda ha favorito la modernizzazione degli stili di vita, per una popolazione che nel volgere di un breve arco di tempo ha spostato il baricentro della propria vita ed esperienza dalle campagne alle città
Moda nell'antica Roma: il primo bikini
Una delle più curiose immagini provenienti dall'arte dell'Antica Roma è sicuramente quella del mosaico della Villa del Casale di Piazza Armerina, risalente al IV Secolo dopo Cristo, in cui si possono vedere alcune donne che svolgono attività fisica indossando quello che sembra a tutti gli effetti un moderno bikini. Ciò che rende insolita l'immagine è che questo tipo di abbigliamento in due pezzi femminile - che oggi si usa principalmente come costume da bagno e che ricalca la biancheria intima femminile - si è diffuso a partire dal XX Secolo.
Estratto dall'inferno, il gioiello ne è diventato il simbolo, ne ha assunto il carattere fondamentale: l'inumanità
Nel descrivere la trasformazione simbolica che, nell'immaginario umano, hanno subito i gioielli, il sociologo Roland Barthes, nel libro "Il senso della moda" scrive (pp. 63-65):
Per molto tempo, secoli o forse millenni, il gioiello è stato essenzialmente una sostanza minerale: diamante o metallo, pietra preziosa od oro, esso veniva sempre dalle profondità della terra, da quel cuore ad un tempo oscuro e rovente di cui conosciamo i prodotti induriti e raffreddati. In breve, proprio per la sua origine, il gioiello era un oggetto infernale, proveniente, attraverso percorsi costosi e spesso insanguinati, da quelle caverne sotterranee in cui l'immaginazione mitica dell'umanità ha posto insieme i morti, i tesori e le colpe. Estratto dall'inferno, il gioiello ne è diventato il simbolo, ne ha assunto il carattere fondamentale: l'inumanità. [...] Non c'è dubbio che in fondo il gioiello sia stato a lungo un segno di ultrapotenza, cioè di virilità (solo recentemente, infatti, sotto l'influenza puritana del vestito quacchero, che è all'origine del nostro abito maschile, gli uomini hanno smesso di portare gioielli). Perchè, allora, il gioello è stato così costantemente associato alla donna, ai suoi poteri e ai suoi malefici? Il fatto è che l'uomo ha ben presto delegato alla donna l'esposizione della propria ricchezza (alcuni sociologi spiegano così l'origine della moda): la donna testimonia poeticamente la ricchezza e la potenza del marito.
Scrive Roland Barthes (p.66): "La moda, come sappiamo, è un linguaggio: attraverso essa, attraverso il sistema di segni che la costituisce per quanto fragile appaia, la nostra società - e non solo quella femminile - mostra, comunica il proprio essere, dice ciò che pensa del mondo. Così come il gioiello della società antica esprimeva in fondo la sua natura essenzialmente teologica, allo stesso modo il bjiou di oggi - quello che vediamo nei negozi e nelle riviste di moda - segue, esprime, significa il nostro tempo: venuto dal mondo ancestrale della colpa, si può dire con una battuta che il bjiou si è laicizzato".
Sierra Pelada (Brasile): miniere d'oro
“Sierra Pelada” fa parte della serie di immagini che Sebastiao Salgado fotografò nella miniera d’oro brasiliana. Era il 1986 quando è stata scattata la foto con migliaia di uomini che accorrevano dalle zone agricole del nord e del nord-est del Brasile in cerca di fortuna.
I gioielli più famosi e più belli apparsi nei film
È un vero e proprio tesoro di pietre preziose, dal valore di circa 1,4 milioni di dollari, quello che Keira Knightley sfoggia nell’adattamento di Anna Karenina di Joe Wright, dall'omonimo romanzo di Lev Tolstoj. I gioielli sono tutti firmati da Chanel.
Non c'è dubbio che in fondo il gioiello sia stato a lungo un segno di ultrapotenza, cioè di virilità (solo recentemente, infatti, sotto l'influenza puritana del vestito quacchero, che è all'origine del nostro abito maschile, gli uomini hanno smesso di portare gioielli)
Un esperimento sulla moda, applicabile a tutti i settori merceologici
Scrive il neurofisiologo Fabrizio Benedetti nel suo libro "L'Effetto Placebo" (p.113):
Il prezzo di un abito a volte è giustificato dalla maggiore qualità del tessuto, ma non è sempre così. Molto spesso la vera differenza è la vetrina illuminata e colorata. Per dimostrare ciò basta testare un abito in doppio cieco, come si fa con un farmaco, per vedere se ciò che produce piacere è proprio il taglio del vestito, o piuttosto se sono le luci della vetrina a fare la differenza. In uno studio di questo tipo, in un primo esperimento sono state laciate le etichette originali, in modo tale che fosse possibile riconoscere la provenienza dei vestiti. Di 100 donne a cui era stato chiesto di valutare stile ed eleganza, 88 hanno scelto quello firmato. In un secondo esperimento, le etichette sono state eliminate al fine di non far riconoscere l'abito firmato. In questo caso solo 56 donne hanno scelto il vestito di marca.In un terzo esperimento, le etichette sono state scambiate in modo tale che ora l'abito firmato risultasse acquistato al mercato firmato, e viceversa. In questo caso, solo 9 donne hanno scelto l'abito firmato ma con l'etichetta del banco di mercato. Che cosa è avvenuto in questi tre esperimenti? La risposta è abbastanza semplice. Così come l'efficacia di un farmaco può essere modulata dalle aspettative del paziente, così la bellezza di un vestito firmato può essere modulata dalle aspettative di chi lo guarda. Pertanto, possiamo concludere che il giudizio positivo di questo abito firmato era semplicemente un effetto placebo.
Il placebo nella vita di tutti i giorni
Nel suo libro Fabrizio Benedetti amplia la prospettiva di applicazione del placebo alla vita di tutti i giorni mettendo in evidenza quanto essa sia influenzata dalle nostre aspettative. Benedetti scrive (p.113):
Una quantità immensa di placebo pervade la nostra vita e crea false realtà. Realtà che crediamo vere, ma che invece sono presenti esclusivamente dentro di noi. Tutto ciò è dovuto alle nostre credenze, convinzioni, suggestioni e aspettative, le quali possono essere eliminate così come si eliminano i farmaci nei trial clinici per vedere se il dolore diminuisce per la nostra fiducia nella terapia oppure perchè il farmaco è veramente efficace. Allo stesso modo, è possibile applicare dei protocolli sperimentali alla religione, alla musica, alla moda, alla politica, alla giustizia e ad altre cose ancora.
Scrive Fabrizio Benedetti: "Una quantità immensa di placebo pervade la nostra vita e crea false realtà. Realtà che crediamo vere, ma che invece sono presenti esclusivamente dentro di noi. Tutto ciò è dovuto alle nostre credenze, convinzioni, suggestioni e aspettative, le quali possono essere eliminate così come si eliminano i farmaci nei trial clinici per vedere se il dolore diminuisce per la nostra fiducia nella terapia oppure perché il farmaco è veramente efficace. Allo stesso modo, è possibile applicare dei protocolli sperimentali alla religione, alla musica, alla moda, alla politica, alla giustizia e ad altre cose ancora."
La moda è considerata una forma di espressione sia della competizione di classe, sia di quella sessuale
La moda inizia a costituire un mezzo attraverso il quale esercitare la libertà di scegliere cosa esprimere, un veicolo di comunicazione e di influenza sociale in grado di mettere persino in evidenza potere, ruoli e appartenenza di classe: si pensi, ad esempio alla foggia dell’abito ovvero alla qualità dei tessuti che possono, rispettivamente, rivelare ruolo e identità, potere e successo. L’abbigliamento acquisisce, dunque, l’attitudine a fornire significative informazioni sulle persone. Negli studi psicoanalitici e sociologici dei primi anni del Novecento, la moda è considerata una forma di espressione sia della competizione di classe, sia della competizione sessuale. (Cliccare per approfondire)
Anche la cultura segue le mode, anzi le crea, ecco perchè una scuola pubblica ed etica è importante
Riprendendo l'efficace metafora di Fabrizio Benedetti sull'applicazione dell'effetto placebo alla cultura della società, per mostrare come alcune delle idee che hanno dominato il dibattito culturale e mediale degli ultimi cinquant'anni sono state foraggiate dalle mode: alcune idee si sono imposte, inizialmente perchè spinte da eventi politici (fascismo e comunismo) o universitari (neoliberismo), e sono poi diventate delle "mode" a causa dei sistemi mediatici che le hanno imposte.
Scopi della scuola e dell'insegnamento
Secondo lo storico Luciano Canfora uno dei compiti dell'insegnamento dovrebbe essere quello di fornire degli 'anticorpi ' rispetto alle ' mode '. Vale a dire trasmettere contenuti e 'stili di pensiero' che allontanino gli studenti dal "rumore esterno" consentendo di guardare alla realtà con spirito critico. In tale compito possono essere d'aiuto i " classici greci e latini ", come sostiene Luciano Canfora (Gli antichi ci riguardano - Editore Il Mulino), infatti la visione che essi offrono del mondo antico è l'opposto dell'Arcadia che immaginiamo. Tale visione è così descritta da Canfora (p.59):
C'è nella realtà antica, la totalità dell'esistenza e questo permette di comprendere che i valori presenti in quel che ci resta del mondo antico "sono in conflitto tra loro'" è un mondo dilaniato dal conflitto, è un mondo dove lo scontro tra visioni opposte alimenta la crescita e lo sviluppo intellettuale. Siamo dunque ben lungi dal potere immaginare o sognare che ci sia lì il tabernacolo dei valori raccolti in bene ordinati cassetti in cui noi ci vogliamo rispecchiare: quello è un mondo che aiuta a capire la 'difficoltà', a capire che non sempre i problemi hanno una soluzione.
Con queste parole Luciano Canfora mette in chiaro un concetto che non tutti condividono e cioè che "è normale" che la crescita culturale della società sia basata sui conflitti e che non sempre ci siano soluzioni, nel mondo antico come in quello contemporaneo. Il compito dei genitori e degli insegnanti dovrebbe allora essere quello di insegnare a guardare alle visioni opposte della realtà con spirito critico, senza pregiudizi e fanatismi.
Uno dei compiti dell'insegnamento dovrebbe essere quello di fornire degli 'anticorpi ' rispetto alle ' mode '. Vale a dire trasmettere contenuti e 'stili di pensiero' che allontanino gli studenti dal "rumore esterno" consentendo di guardare alla realtà con spirito critico
La moda che interpreta le sfide del pianeta
Change is Now, uno dei progetti scelti e pubblicati da Vogue. Il disegno è rappresentato da una donna bloccata e imbavagliata dalle buste di plastica che la avvolgono, in una condizione molto simile a quella che molti animali vivono oggi sul nostro pianeta. Il messaggio, messo in evidenza già dal titolo dell’opera, è quello che il tema della salvaguardia della terra sia sempre più centrale per la moda del futuro, ma anche per quella del presente.
Il marketing riguarda la diffusione di idee, e la diffusione di idee è il più importante risultato della nostra civiltà
" è normale " che la crescita culturale della società sia basata sui conflitti e che non sempre ci sono soluzioni, nel mondo antico come in quello contemporaneo. Per questo motivo il compito dei genitori e degli insegnanti dovrebbe essere quello di insegnare a guardare alle visioni opposte della realtà con spirito critico, senza pregiudizi e fanatismi
Conclusioni (provvisorie): Il compito dei genitori e degli insegnanti dovrebbe essere quello di insegnare a guardare alle visioni opposte della realtà con spirito critico, senza pregiudizi e fanatismi
Il filosofo Remo Bodei, presentando il libro della sociologa Elena Esposito "I paradossi della moda", pone una domanda fondamentale: "Se la "banalità misteriosa" della moda non ha a che fare né con la bellezza né con l'utilità, cosa spinge allora le persone a seguirla? E perchè anche coloro che la combattono sono immancabilmente catturati nella sua rete?" Una risposta alla domanda sull'utilità della moda Remo Bodei la ricava dal libro di Elena Esposito, e scrive: "La risposta è che la moda rappresenta, in epoca moderna, il tacito sforzo di acclimatare uomini e donne all'aumentato tasso di contingenza della vita sociale e all'accelerazione del tempo storico. Essa scarica cioè l'angoscia senza nome che si produce dinanzi all'accresciuta incertezza delle situazioni e dei parametri di comprensione degli eventi su cambiamenti più futili e privi di qualsiasi intrinseca spiegazione. L'ansia si trasforma così nella serena (e persino gioiosa) accettazione della caducità, che, proprio perchè condivisa, appare inevitabile e suscita un desiderio mimetico. Nei periodi in cui il peso della tradizione e quello della gerarchia sociale erano dominanti, la moda certamente esisteva già, ma le sue variazioni erano più lente e l'imitazione dei comportamenti altrui - con il conseguente rifiuto dell'originalità - più forte. A partire dal Cinquecento, a promuovere il ruolo della moda è lo choc provocato dall'accumulo delle novità e dalla progressiva legittimazione dell'individuo e dei suoi gusti." La nascita della stampa e la successiva diffusione dei giornali acclimatano l'abitudine alle news, creando canali di diffusione rapida delle mode, che non sono soltanto quelle relative all'abbigliamento, ma anche alle idee e alla mentalità. Scrive il neurofisiologo Fabrizio Benedetti: "Una quantità immensa di placebo pervade la nostra vita e crea false realtà. Realtà che crediamo vere, ma che invece sono presenti esclusivamente dentro di noi. Tutto ciò è dovuto alle nostre credenze, convinzioni, suggestioni e aspettative, le quali possono essere eliminate così come si eliminano i farmaci nei trial clinici per vedere se il dolore diminuisce per la nostra fiducia nella terapia oppure perchè il farmaco è veramente efficace. Allo stesso modo, è possibile applicare dei protocolli sperimentali alla religione, alla musica, alla moda, alla politica, alla giustizia e ad altre cose ancora." Riprendendo l'efficace metafora di Fabrizio Benedetti sull'applicazione dell'effetto placebo alla cultura della società, per mostrare come alcune delle idee che hanno dominato il dibattito culturale e mediale degli ultimi cinquant'anni sono stati foraggiate dalle mode: alcune idee si sono imposte, inizialmente perchè spinte da eventi politici (fascismo e comunismo) o universitari (neoliberismo), e sono poi diventate delle "mode" a causa dei sistemi mediatici che le hanno imposte. Il filosofo Bruno Canfora conclude così: " ' è normale' che la crescita culturale della società sia basata sui conflitti e che non sempre ci sono soluzioni, nel mondo antico come in quello contemporaneo. Per questo motivo il compito dei genitori e degli insegnanti dovrebbe essere quello di insegnare a guardare alle visioni opposte della realtà con spirito critico, senza pregiudizi e fanatismi".
per scaricare le conclusioni (in pdf):
Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)
- Leandra M. Cohen (2018), I Asked a Bunch of Industry People: What’s the Point of Fashion? - repeller
- Dani Rodrik (2017), The fatal flaw of neoliberalism: it's bad economics - The Guardian
- Raffaella Celentano (2021), La moda durante il ventennio fascista tra autarchia e bonifica linguistica - snapitaly.it
- Giada Paoli, Il ruolo della moda nei processi di inclusione ed esclusione sociale. La teoria di Simmel (PDF) (Tesi di laurea) - Luiss
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Libri consigliati
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Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)
Pagina aggiornata il 29 agosto 2023