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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Dalla Tradizione orale a quella scritta è avvenuto il passaggio dalla creazione poetica al pensiero argomentativo
TEORIE > CONCETTI > LINGUAGGIO
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Nel 1935 il grecista Milman Parry aveva già condotto delle ricerche teoriche sull'Iliade e l'Odissea che lo avevano convinto che i poemi omerici provenissero dalla tradizione orale. Per trovare prove a sostegno di quest'ipotesi, Milman Parry, insieme al suo allievo Albert Lord, decise di condurre degli studi su popolazioni non ancora contaminate dalla tradizione scritta e in cui vi fossero cantori tradizionali ancora attivi. Una delle principali conclusioni cui giunsero fu che il concetto di 'originale' non ha senso nella tradizione orale perché ogni nuova esecuzione di un canto è, allo stesso tempo, una creazione, dato che il cantore interviene, consciamente o inconsciamente, a introdurre delle modifiche ai versi in risposta alla sua vena e alle sollecitazioni dell'uditorio. Due fattori differenziano la tradizione orale da quella scritta: il primo è che il poeta orale non ha alcun testo di riferimento al quale pensare prima di esibirsi in un canto, egli ha delle formule o modelli, ma non sono fissi. Il secondo fattore è il tempo, nel senso che il poeta orale si trova davanti a un uditorio che non gli consente di interrompere il canto e pretende che egli lo esegua senza interruzioni.
Parry e Lord, attraverso lo studio minuzioso dell'apprendimento dei canti ricostruirono i processi mentali mediante i quali una persona può acquisire la capacità, non solo di ricordarli (i cantori della tradizione orale avevano una memoria prodigiosa e riuscivano a ricordare un intero lungo canto anche dopo averlo ascoltato una sola volta, mentre chi sa scrivere non riesce a farlo), quanto di ri-crearli inserendovi nuovi contenuti pertinenti e abbellimenti formali. Una delle ragioni di tale capacità venne individuata nell'uso di un certo numero di formule ritmiche tradizionali che vengono acquisite durante l'addestramento ed entrano a far parte del suo pensiero poetico (o della sua struttura mentale come direbbe un neuroscienziato). Queste formule sono essenziali perché il poeta orale deve cantare di continuo, non può fermarsi, come il poeta letterario, a riflettere su come continuare la storia. Inoltre tale ritmo è di solito sostenuto (in tutte le tradizioni orali) da uno strumento musicale, di solito molto semplice e auto-costruito, che nel caso dei cantori balcanici era la gusla (strumento a corda singola con archetto): "Parry fu il primo a notare che il passaggio dalla tradizione epica orale alla poesia scritta, nella Grecia arcaica, segna una frattura epistemica. Egli sostenne  che per la mente alfabetizzata è quasi impossibile immaginare il contesto in cui il cantastorie della tradizione orale componeva i suoi canti. Nessun ponte costruito sulle certezze intrinseche alla cultura dell'alfabeto permette di rientrare nel magma del mondo orale. [...] In una cultura orale la 'parola', quella che siamo abituati a cercare sul dizionario, non esiste. [...] ogni frase è alata, e svanisce per sempre prima ancora che si sia finito di pronunciarla. L'idea di fissare i suoni in una riga di testo, di imbalsamarli per farli risorgere in seguito, non si può presentare. Perciò la memoria non può venir concepita come un magazzino o come una tavoletta di cera. Sollecitato dalla lira, l'aedo non cerca la parola giusta: un'espressione adatta, tratta dal 'sacco' delle frasi tradizionali, fa muovere spontaneamente la sua lingua con il ritmo appropriato. Il cantore Omero non ha mai provato e scartato le 'mot juste'. Virgilio, invece, continuò a correggere l'Eneide fino all'ora della sua morte: egli è già il prototipo del poeta scrittore."  Le ricerche del filosofo e antropologo Walter Ong hanno definito in cosa consiste tale frattura epistemica, chiarendo le differenze tra oralità e scrittura riguardo al pensiero umano: la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti.
penso o parlo?
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Punto chiave di questa pagina
ORALITA' E SCRITTURA: Il pensiero argomentativo costituisce una delle maggiori conquiste della scrittura. Il linguista Walter Ong, nel suo libro "Oralità e scrittura", sulla differenza tra oralità e scrittura nel pensiero umano, scrive (p.89): "Non si deve immaginare che il pensiero a base orale sia "prelogico" o "illogico" in senso semplicistico, ad esempio, nel senso che gli analfabeti non capiscono le relazioni di causalità. Essi sanno molto bene che se spingiamo forte un oggetto mobile, la spinta lo farà muovere. E' invece vero che non sono in grado di organizzare elaborate concatenazioni causali nel modo analitico delle sequenze lineari, le quali possono essere stabilite soltanto con l'aiuto dei testi scritti." Walter Ong mette in evidenza la fondamentale differenza tra i discorsi parlati e quelli scritti: i primi soggiacciono all'influenza dell'inconscio, i secondi a quella della coscienza.
Punti di riflessione
La vista isola gli elementi, l'udito li unifica. Mentre la vista pone l'osservatore al di fuori di ciò che vede, a distanza, il suono fluisce verso l'ascoltatore. A differenza della vista, che seziona, l'udito è dunque un senso che unifica. (Walter Ong)

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L'analisi dei processi creativi impiegati dai cantori della tradizione orale (non ancora contaminati dalla tradizione scritta) mette in rilievo lo sforzo mentale richiesto a tali individui. Quello che ascoltiamo è 'il canto', poiché ogni esecuzione è più di un'esecuzione: è una ri-creazione. (Albert Lord)

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Il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta segna una frattura epistemica, infatti la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti. (Ivan Illich)

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La scrittura alfabetica emancipa il pensiero dal rapporto con gli oggetti. Essa è caratterizzata, infatti, da uno statuto di doppia articolazione, cioè la parola scritta a differenza di un geroglifico, non rinvia direttamente a un oggetto della nostra esperienza sensoriale, ma a un concetto (primo livello di articolazione), che a sua volta rinvia a un oggetto (secondo livello di articolazione). Con l'andar del tempo l'uomo alfabetizzato si abitua a fermarsi al primo livello di articolazione, cioè ai concetti. (Cesare Rivoltella, Massimo Squillacciotti)
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Senza la scrittura, un individuo alfabetizzato non saprebbe e non potrebbe pensare nel modo in cui lo fa, non solo quando è impegnato a scrivere, ma anche quando si esprime in forma orale. La scrittura ha trasformato la mente umana più di qualsiasi altra invenzione. (Walter Ong)

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Lo scopo principale del linguaggio che è quello di "umanizzare" l'uomo consentendogli di condividere la sua sofferenza. La disumanizzazione inizia sempre da un degrado del linguaggio, che vuole trasformare l'uomo in un automa, incapace di fare (o farsi) domande e di pensare criticamente.
Tradizione orale: esecuzione e creazione
Nel 1935 il grecista Milman Parry aveva già condotto delle ricerche teoriche sull'Iliade e l'Odissea che lo avevano convinto che i poemi omerici provenissero dalla tradizione orale. Per trovare prove a sostegno di quest'ipotesi, Milman Parry, insieme al suo allievo Albert Lord, decise di condurre degli studi su popolazioni non ancora contaminate dalla tradizione scritta e in cui vi fossero cantori tradizionali ancora attivi. Individuò tali popolazioni in alcune aree balcaniche (Bosnia, Erzegovina, Montenegro, Serbia). I risultati dei loro studi costituiscono una pietra miliare nel campo della tradizione orale e vennero pubblicati, dopo la morte di Parry, da Albert Lord (Il cantore di storie – Argo editore). In un primo soggiorno di quindici mesi, Parry e Lord ricostruirono accuratamente il processo attraverso cui i cantori venivano addestrati ad apprendere i canti di quella tradizione e li registrarono.

Una delle principali conclusioni cui giunsero fu che il concetto di 'originale' non ha senso nella tradizione orale perché ogni nuova esecuzione di un canto è, allo stesso tempo, una creazione, dato che il cantore interviene, consciamente o inconsciamente, a introdurre delle modifiche ai versi in risposta alla sua vena e alle sollecitazioni dell'uditorio.
Cantori balcanici
cantori erzegovina
Nel 1935 Milman Parry e Albert Lord, durante un soggiorno di quindici mesi, registrarono ciò che rimaneva della tradizione orale balcanica non ancora contaminata dalla tradizione scritta.
Il concetto di 'originale' non ha senso nella tradizione orale perché ogni nuova esecuzione di un canto è, allo stesso tempo, una creazione, dato che il cantore interviene, consciamente o inconsciamente, a introdurre delle modifiche ai versi in risposta alla sua vena e alle sollecitazioni dell'uditorio
Importanza dei cantori della tradizione orale per la comprensione dell'origine del linguaggio
Ogni creazione orale ha una molteplicità di autori. Si può dire che il concetto di autore è nato con la tradizione scritta. Scrive Albert Lord (p.173-174):

Quello che ascoltiamo è 'il canto', poiché ogni esecuzione è più di un'esecuzione: è una ri-creazione […] La verità è che il nostro concetto di 'originalità' del 'canto' semplicemente non ha senso nella tradizione orale. A noi sembra così fondamentale, così logico pensare che debba esserci un 'originale' per ogni cosa, perché viviamo in una società in cui la scrittura ha fissato per l'arte la regola di una prima creazione stabile.[...] In realtà, solo colui che ne ha una versione scritta, sembra preoccuparsene, solo lui cerca l'inesistente, illogico e irrilevante 'originale'. I cantori negano di essere i creatori del canto: lo hanno imparato da altri cantori. […] Un canto non ha un 'autore', ma una molteplicità di autori, essendo ogni esecuzione una creazione e avendo ognuna di esse il suo singolo autore.

Due fattori differenziano la tradizione orale da quella scritta: il primo è che il poeta orale non ha alcun testo di riferimento al quale pensare prima di esibirsi in un canto, egli ha delle formule o modelli, ma non sono fissi. Il secondo fattore è il tempo, nel senso che il poeta orale si trova davanti a un uditorio che non gli consente di interrompere il canto e pretende che egli lo esegua senza interruzioni.
Parry e Lord, attraverso lo studio minuzioso dell'apprendimento dei canti ricostruirono i processi mentali mediante i quali una persona può acquisire la capacità, non solo di ricordarli (i cantori della tradizione orale avevano una memoria prodigiosa e riuscivano a ricordare un intero lungo canto anche dopo averlo ascoltato una sola volta, mentre chi sa scrivere non riesce a farlo), quanto di ri-crearli inserendovi nuovi contenuti pertinenti e abbellimenti formali. Una delle ragioni di tale capacità venne individuata nell'uso di un certo numero di formule ritmiche tradizionali che vengono acquisite durante l'addestramento ed entrano a far parte del suo pensiero poetico (o della sua struttura mentale come direbbe un neuroscienziato). Queste formule sono essenziali perché il poeta orale deve cantare di continuo, non può fermarsi, come il poeta letterario, a riflettere su come continuare la storia. Inoltre tale ritmo è di solito sostenuto (in tutte le tradizioni orali) da uno strumento musicale, di solito molto semplice e auto-costruito, che nel caso dei cantori balcanici era la gusla (strumento a corda singola con archetto).


Gusla balcanica
Il ritmo è un elemento indispensabile per ogni cantore orale. I cantori balcanici usavano la gusla, strumento a corda singola con archetto.
Il prototipo dei cantori
Strumento dei cantori orali balcanici
Avdo Mededovic, la cui tecnica creativa colpì Milman Parry, può essere considerato il prototipo dei cantori orali di tutti i tempi
Due fattori differenziano la tradizione orale da quella scritta: il primo è che il poeta orale non ha alcun testo di riferimento al quale pensare prima di esibirsi in un canto, egli ha delle formule o modelli, ma non sono fissi. Il secondo fattore è il tempo, nel senso che il poeta orale si trova davanti a un uditorio che non gli consente di interrompere il canto e pretende che egli lo esegua senza interruzioni
Il cantore Avdo Mededovic: l'Omero balcanico
Filmato d'epoca del cantore ritenuto da Parry e Lord, per la sua grande capacità creativa, l'equivalente di Omero nell'area balcanica.
Omero
cantore greco
1812 - Statua di Philippe Laurent Roland - Museo del Louvre
Poemi omerici
Omero
Secondo Milman Parry i poemi omerici sono testi provenienti dalla tradizione orale dettati a uno scriba.
La questione omerica, ovvero il riconoscimento della loro origine orale
Parry e Lord conobbero, ascoltarono e registrarono molti cantori ma in particolare uno, Avdo Mededovic, attirò la loro attenzione per la grande capacità creativa e per la qualità poetica dei suoi canti, che li portò ad attribuirgli la denominazione di 'Omero balcanico'. Ogni cantore orale è costretto a 'pensare' in base alla formule ritmiche (costituite da poche parole o interi versi) acquisite durante l'addestramento, ma quando egli impara a scrivere può violare queste formule pur costruendo un verso metrico regolare anche se libero dalle formule orali. Quando tali violazioni sono avvertite come 'giuste' la tecnica letteraria sarà consolidata. Come scrive A.Lord (p.211):

Pertanto, l'analisi delle formule, posto naturalmente che si abbia materiale sufficiente per ottenere risultati significativi, è in grado di indicare se un dato testo sia orale o 'letterario'. Un testo orale mostrerà una predominanza di formule chiaramente dimostrabili, con la maggior parte del resto costituita da espressioni 'formulari' e da una piccola quantità di espressioni non formulari. Un testo letterario mostrerà una predominanza di espressioni non formulari, con alcune espressioni formulari e pochissime formule evidenti.

Riguardo alla questione omerica, si può ragionevolmente asserire che l'uso di un registratore da parte di Lord, permise ai cantori balcanici di esprimersi liberamente e a Parry e Lord di ottenere gli esatti testi delle esecuzioni effettive. Questo non sarebbe stato possibile con l'impiego di uno scriba. Parry ne ha dedotto che i testi dei poemi omerici non possono provenire da una poesia orale di primo livello, cioè trascritta durante l'esecuzione del canto. Il secondo livello, vale a dire il testo dettato, sembra essere quanto di più vicino all'esecuzione orale si possa ottenere senza registratore. Scrive Lord (p.235):
Nelle mani di un bravo cantore e di uno scriba capace, questo metodo produce un testo più lungo e tecnicamente migliore della reale esecuzione. Mi sembra che sia proprio qui che debbano essere collocati i poemi omerici. Essi sono testi orali dettati. All'interno di questa classe possiamo distinguere tra quelli scritti con perizia e quelli scritti con imperizia. I primi presenteranno versi regolari e completezza narrativa, i secondi avranno molte irregolarità nei versi e una struttura complessiva caratterizzata da apòcopi (parole troncate).



I testi di terzo livello, vale a dire quando il poeta orale è alfabetizzato e scrive da sé il testo del poema oralmente trasmessogli è, secondo Lord, di qualità inferiore ai testi dettati perchè il cantore ha già una sua tecnica compositiva orale che viene ostacolata e limitata dalla scrittura.

I testi dei poemi omerici non possono provenire da una poesia orale di primo livello, cioè trascritta durante l'esecuzione del canto. Il secondo livello, vale a dire il testo dettato, sembra essere quanto di più vicino all'esecuzione orale si possa ottenere senza registratore
Fratture epistemiche
Photo: Carolee Schneemann:Kinetic Painting
Virgilio
Omero
Virgilio, a differenza di Omero, è per Ivan Illich, il prototipo del poeta scrittore.
La frattura epistemica che separa la tradizione orale da quella scritta

Secondo Parry e Lord la tecnica della creazione scritta non è compatibile con la tecnica orale, e le due qualità si escludono a vicenda, infatti non si tratta soltanto di un diverso "modo di comporre" quanto di un diverso "modo di pensare". Per questo motivo secondo lo storico Ivan Illich (Nello specchio del passato - Boroli Editore) il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta segna una frattura epistemica. Scrive Illich (pp.169-170):

Parry fu il primo a notare che il passaggio dalla tradizione epica orale alla poesia scritta, nella Grecia arcaica, segna una frattura epistemica. Egli sostenne  che per la mente alfabetizzata è quasi impossibile immaginare il contesto in cui il cantastorie della tradizione orale componeva i suoi canti. Nessun ponte costruito sulle certezze intrinseche alla cultura dell'alfabeto permette di rientrare nel magma del mondo orale. [...] In una cultura orale la 'parola', quella che siamo abituati a cercare sul dizionario, non esiste. [...] ogni frase è alata, e svanisce per sempre prima ancora che si sia finito di pronunciarla. L'idea di fissare i suoni in una riga di testo, di imbalsamarli per farli risorgere in seguito, non si può presentare. Perciò la memoria non può venir concepita come un magazzino o come una tavoletta di cera. Sollecitato dalla lira, l'aedo non cerca la parola giusta: un'espressione adatta, tratta dal 'sacco' delle frasi tradizionali, fa muovere spontaneamente la sua lingua con il ritmo appropriato. Il cantore Omero non ha mai provato e scartato le 'mot juste'. Virgilio, invece, continuò a correggere l'Eneide fino all'ora della sua morte: egli è già il prototipo del poeta scrittore.

Le ricerche del filosofo e antropologo Walter Ong hanno definito in cosa consiste tale frattura epistemica, chiarendo le differenze tra oralità e scrittura riguardo al pensiero umano: la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti (vedi bibliografia Squillacciotti). Queste sono le caratteristiche del pensiero filosofico che nasce nella Grecia antica intorno all' VIII secolo a.C. proprio nel passaggio dall'oralità alla scrittura. I greci colti del V sec a.C. non si resero conto della frattura epistemica che stavano vivendo nella transizione dalla cultura orale a quella scritta. Paradossalmente Platone, mentre creava la sua filosofia, mediante una nuova facoltà di pensiero basata sulla possibilità di riflettere su parole bloccate su un supporto, muoveva aspre critiche alla scrittura (vedi pagina Origine della scrittura). Infatti, la cultura orale si basava su parole che erano suoni che non corrispondevano a nessun luogo o forma e avevano bisogno di un ritmo e una ripetizione per fissarsi nella memoria.
Le differenze tra oralità e scrittura riguardo al pensiero umano evidenziano che la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti
Struttura argomentativa
La fondamentale differenza tra i discorsi parlati e quelli scritti: i primi soggiacciono all'influenza dell'inconscio, i secondi a quella della coscienza
La scrittura ha abilitato il pensiero argomentativo
Il pensiero argomentativo costituisce una delle maggiori conquiste della scrittura. Il linguista Walter Ong, nel suo libro "Oralità e scrittura", sulla differenza tra oralità e scrittura nel pensiero umano, scrive (p.89):


Non si deve immaginare che il pensiero a base orale sia "prelogico" o "illogico" in senso semplicistico, ad esempio, nel senso che gli analfabeti non capiscono le relazioni di causalità. Essi sanno molto bene che se spingiamo forte un oggetto mobile, la spinta lo farà muovere. E' invece vero che non sono in grado di organizzare elaborate concatenazioni causali nel modo analitico delle sequenze lineari, le quali possono essere stabilite soltanto con l'aiuto dei testi scritti.


Walter Ong mette in evidenza la fondamentale differenza tra i discorsi parlati e quelli scritti: i primi soggiacciono all'influenza dell'inconscio, i secondi a quella della coscienza. Egli scrive (p.123):


Al contrario del linguaggio naturale, orale, la scrittura è del tutto artificiale: non c'è modo di scrivere "naturalmente". Il discorso parlato è invece sentito come naturale dagli uomini nel senso che, in ogni cultura, chiunque non abbia danni fisici o psichici impara a parlare. Il parlare permette la vita cosciente, ma sale alla coscienza da profondità inconsce, seppure con la cooperazione - consapevole o meno - della società. Si può sapere come usare le regole grammaticali, se ne possono perfino stabilire di nuove, senza però essere in grado di dire che cosa esse siano.

Il filosofo Pietro Alotto descrive così i vantaggi della scrittura (vedi bibliografia):


Chi riflette, chi medita, saggia, tenta ipotesi, ne deriva conseguenze, ne valuta i pro e i contro, ritorna indietro, cerca evidenze e contro-evidenze, ne inferisce ulteriori dati, immagina obiezioni, le esamina, le confuta, subisce il fascino delle analogie, le insegue e così via. La riflessione è un andirivieni, che assomiglia al percorso labirintico o a un nodo autostradale; il ragionamento svolto è un percorso lineare e obbligato, come una strada ferrata: una volta che hai messo il treno sui binari, attivando gli scambi giusti (regole inferenziali), arrivi a destinazione. C’è un nome per questo processo di pensiero non lineare: deliberazione.


Riflettere su un testo è faticoso e difficile, ma la scrittura ha avviato un processo inarrestabile che ha permesso a un numero sempre più elevato di persone di riflettere sui testi, con i risultati documentati dallo sviluppo culturale odierno. Inoltre, oggi, esistono strumenti per facilitare il pensiero argomentativo e trasformare i testi in mappe visuali, infatti Pietro Alotto, nella sua opera di insegnamento, suggerisce ai suoi studenti di creare delle mappe argomentative avvalendosi di software specifici, quali ad esempio Rationale.
Cos'è la poesia e perchè ne abbiamo ancora bisogno
Nonostante gli enormi vantaggi della scrittura nell'abilitare un pensiero argomentativo rimane l'esigenza di preservare un'attività che è nata con l'oralità: la creatività poetica. Come ha scritto il poeta Mark Strand (vedi bibliografia) la poesia dà all'essere umano qualcosa di cui non riesce a fare a meno, ci trasferisce da un pensiero cognitivo a un pensiero affettivo, cioè ci ricorda cosa significa sentirsi vivi:
La poesia sembra perpetuamente in crisi, eppure senza meravigliare nessuno, riesce sempre a sopravvivere. Forse perché sono un poeta, credo che la poesia – a differenza della narrativa, che immagina il nostro comportamento umano nel quadro di un contesto sociale – ci offra una prospettiva sui nostri sentimenti o, per la precisione, su come ce li rappresentiamo. In altre parole, la poesia, al contrario della narrativa, procede dall'interno all'esterno, esteriorizza la nostra interiorità. È una cosa curiosa: la vita che conduciamo ci consente solo di rado di fermarci a riflettere su ciò che abita nel nostro corpo e, di conseguenza, possiamo diventare così estraniati da noi stessi da aver poi bisogno della poesia per ricordarci che cosa si prova a esser vivi. La nostra abitudine a pensarci in relazione agli altri e a giudicarci in base a come agiamo in un contesto sociale ci rende più vicini allo spirito della narrativa: il comportamento esteriore è più facile da osservare, può essere percepito immediatamente, ed è quindi più semplice giudicarlo.


Il neurobiologo Arnaldo Benini, nel recensire il libro del neuropsicologo Arthur Jacobs e del poeta Raoul Schrott "Gehirn und Gedicht. Wie wir unsere Wirklichkeit konstruieren" (purtroppo non ancora tradotto in italiano), scrive (vedi bibliografia 2011):

E' esperienza comune che, grazie alla componente ritmica, i versi si ricordano più a lungo delle frasi. Una poesia si riconosce a prima vista dalla lunghezza dei versi che, in tutte le lingue, di regola non supera le 10 sillabe. Esse sono lette in circa tre secondi, che è il tempo medio dei meccanismi della coscienza per distinguere due percezioni: in quello spazio di tempo il cervello può concentrarsi solo su un evento. Questo darebbe alla lettura della poesia la possibilità di coinvolgere i meccanismi dell'affettività in maniera più intensa di altre esperienze.
Una poesia di Mark Strand
La poesia dà all'essere umano qualcosa di cui non riesce a fare a meno, ci trasferisce da un pensiero cognitivo a un pensiero affettivo, cioè ci ricorda cosa significa sentirsi vivi
Conclusioni (provvisorie): una frattura epistemica nel passaggio dalla tradizione orale alla tradizione scritta
Nel 1935 il grecista Milman Parry aveva già condotto delle ricerche teoriche sull'Iliade e l'Odissea che lo avevano convinto che i poemi omerici provenissero dalla tradizione orale. Per trovare prove a sostegno di quest'ipotesi, Milman Parry, insieme al suo allievo Albert Lord, decise di condurre degli studi su popolazioni non ancora contaminate dalla tradizione scritta e in cui vi fossero cantori tradizionali ancora attivi. Una delle principali conclusioni cui giunsero fu che il concetto di 'originale' non ha senso nella tradizione orale perché ogni nuova esecuzione di un canto è, allo stesso tempo, una creazione, dato che il cantore interviene, consciamente o inconsciamente, a introdurre delle modifiche ai versi in risposta alla sua vena e alle sollecitazioni dell'uditorio. Due fattori differenziano la tradizione orale da quella scritta: il primo è che il poeta orale non ha alcun testo di riferimento al quale pensare prima di esibirsi in un canto, egli ha delle formule o modelli, ma non sono fissi. Il secondo fattore è il tempo, nel senso che il poeta orale si trova davanti a un uditorio che non gli consente di interrompere il canto e pretende che egli lo esegua senza interruzioni.
Parry e Lord, attraverso lo studio minuzioso dell'apprendimento dei canti ricostruirono i processi mentali mediante i quali una persona può acquisire la capacità, non solo di ricordarli (i cantori della tradizione orale avevano una memoria prodigiosa e riuscivano a ricordare un intero lungo canto anche dopo averlo ascoltato una sola volta, mentre chi sa scrivere non riesce a farlo), quanto di ri-crearli inserendovi nuovi contenuti pertinenti e abbellimenti formali. Una delle ragioni di tale capacità venne individuata nell'uso di un certo numero di formule ritmiche tradizionali che vengono acquisite durante l'addestramento ed entrano a far parte del suo pensiero poetico (o della sua struttura mentale come direbbe un neuroscienziato). Queste formule sono essenziali perché il poeta orale deve cantare di continuo, non può fermarsi, come il poeta letterario, a riflettere su come continuare la storia. Inoltre tale ritmo è di solito sostenuto (in tutte le tradizioni orali) da uno strumento musicale, di solito molto semplice e auto-costruito, che nel caso dei cantori balcanici era la gusla (strumento a corda singola con archetto): "Parry fu il primo a notare che il passaggio dalla tradizione epica orale alla poesia scritta, nella Grecia arcaica, segna una frattura epistemica. Egli sostenne  che per la mente alfabetizzata è quasi impossibile immaginare il contesto in cui il cantastorie della tradizione orale componeva i suoi canti. Nessun ponte costruito sulle certezze intrinseche alla cultura dell'alfabeto permette di rientrare nel magma del mondo orale. [...] In una cultura orale la 'parola', quella che siamo abituati a cercare sul dizionario, non esiste. [...] ogni frase è alata, e svanisce per sempre prima ancora che si sia finito di pronunciarla. L'idea di fissare i suoni in una riga di testo, di imbalsamarli per farli risorgere in seguito, non si può presentare. Perciò la memoria non può venir concepita come un magazzino o come una tavoletta di cera. Sollecitato dalla lira, l'aedo non cerca la parola giusta: un'espressione adatta, tratta dal 'sacco' delle frasi tradizionali, fa muovere spontaneamente la sua lingua con il ritmo appropriato. Il cantore Omero non ha mai provato e scartato le 'mot juste'. Virgilio, invece, continuò a correggere l'Eneide fino all'ora della sua morte: egli è già il prototipo del poeta scrittore."  Le ricerche del filosofo e antropologo Walter Ong hanno definito in cosa consiste tale frattura epistemica, chiarendo le differenze tra oralità e scrittura riguardo al pensiero umano: la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti. Queste sono le caratteristiche del pensiero filosofico che nasce nella Grecia antica intorno all' VIII secolo a.C. proprio nel passaggio dall'oralità alla scrittura. I greci colti del V sec a.C. non si resero conto della frattura epistemica che stavano vivendo nella transizione dalla cultura orale a quella scritta. Paradossalmente Platone, mentre creava la sua filosofia, mediante una nuova facoltà di pensiero basata sulla possibilità di riflettere su parole bloccate su un supporto, muoveva aspre critiche alla scrittura (vedi pagina Origine della scrittura). Infatti, la cultura orale si basava su parole che erano suoni che non corrispondevano a nessun luogo o forma e avevano bisogno di un ritmo e una ripetizione per fissarsi nella memoria.
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Libri consigliati
a chi vuole capire la differenza tra oralità e scrittura
Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)

Pagina aggiornata il 31 gennaio 2021

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