Privacy Policy Cookie Policy
Brain
brain
europa
critic
Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
Vai ai contenuti
Origine del linguaggio tra silenzio e rumore
TEORIE > CONCETTI > LINGUAGGIO
Scopo di questa pagina
Come afferma il paleoantropologo Bernard Campbell nel suo libro del 2005 "Humankind Emerging":  "Semplicemente non sappiamo, e non lo sapremo mai, come o quando il linguaggio ha avuto inizio". Ci sono solo ipotesi, e "pensierocritico.eu" ne ha scelto una: la differenza tra silenzio e rumore, ma anche il concetto di differenza in sè, non sarebbe stata concepita dall'essere umano se egli non avesse inventato il linguaggio. L'importanza di questa differenza apparve chiara, probabilmente, solo a partire dal V secolo a.C., quando, nella civiltà greca, la parola sacra (mythos) si distinse dalla parola argomentativa (logos). Scrive Jean-Pierre Vernant: "Nel contesto greco il mythos non si presenta come una forma particolare di pensiero, ma come l'insieme di ciò che veicola e diffonde, nella casualità dei contatti, degli incontri, delle conversazioni, la potenza senza volto, anonima e inafferrabile che Platone chiama phēmē , il Rumore."  Per andare dunque alla ricerca delle origini del linguaggio, a ritroso nel tempo, dobbiamo seguire le tracce di questo particolare tipo di 'rumore' che è un generatore di senso. Tutto ciò che dà un senso all'esistenza umana e la costituisce fin dagli albori del linguaggio umano era la continua ripetizione e trasformazione orale dei saperi comuni. Nella Grecia antica il mythos designava tutto ciò che si trasmette alle generazioni successive oralmente, e i suoi contenuti non erano soltanto teogonie e cosmogonie ma anche storie fantastiche e favole di ogni tipo. Oggi, rispetto alla Grecia antica, ci rendiamo conto che si è verificato un rovesciamento: il rumore che generava senso, è diventato negazione di senso e costituisce il paesaggio sonoro dell'uomo moderno.
altan
We were created to ask ourselves: why were we created? A real stroke of genius.
Punto chiave di questa pagina
La differenza tra silenzio e rumore, ma anche il concetto di differenza in sè, non sarebbe stata concepita dall'essere umano se egli non avesse inventato il linguaggio. Quando è nato il linguaggio umano? Probabilmente non lo sapremo mai, ma lo psichiatra Mauro Maldonato, nel libro "Come decidiamo" fa delle ipotesi sul contesto che può aver dato luogo al linguaggio (pp.12-13): "Nel lungo viaggio evolutivo della specie uomo, la consapevolezza ha facilitato la comunicazione tra consimili. In realtà, già prima dell'ominazione i primati possedevano una corteccia prefrontale in grado di elaborare informazioni, misurarne l'affidabilità e catalogarle per prendere decisioni. Il loro cervello era equipaggiato per effettuare previsioni; distinguere il meglio dal peggio, l'uguale dal diverso, l'utile dal dannoso; fondare aspettative sulle proprie azioni; agire secondo obiettivi; reprimere condotte sociali inappropriate. Quegli ominidi ignoravano la parola. Si esprimevano mediante suoni: grida, versi, sillabe, sottolineati da gesti e toni diversi. Ma non parole. Quelle arrivarono più tardi. Certo, si rivolgevano a se stessi. Ma il loro linguaggio intetiore era troppo lento per quel mondo imprevedibile e insidioso. Passaggio evolutivo cruciale fu la comunicazione verbale che inaugurò uno spazio sociale che permise ai nostri antenati di utilizzare i vantaggi derivanti dalle creazioni di altri individui e, per altri versi, di confrontare la propria con altre forme di conoscenza per decisioni efficaci. Sì, perchè solo decisioni efficaci, se non le migliori in assoluto, avrebbero garantito loro la sopravvivenza. [...] Quella logica naturale li aiutò a evitare i predatori, a reperire cibo, a guarire ferite, a conoscere meglio le funzioni riproduttive, influenzandone profondamente le scelte che ne garantirono la sopravvivenza."
Punti di riflessione
Tra le varie ipotesi sull'origine del linguaggio noi evidenziamo quella che vede nel 'rumore' dei miti originari di ogni civiltà, ripetuti ininterrottamente per generazioni e generazioni, la nascita del linguaggio e del pensiero.

_

Lo scopo principale del linguaggio è quello di "umanizzare" l'uomo consentendogli di condividere la sua sofferenza. La disumanizzazione inizia sempre da un degrado del linguaggio, che vuole trasformare l'uomo in un automa, incapace di fare (o farsi) domande e di pensare criticamente.
Il linguaggio è nato dal 'rumore' del mito?

Quando è nato il linguaggio umano? Probabilmente non lo sapremo mai, ma lo psichiatra Mauro Maldonato, nel libro "Come decidiamo" fa delle ipotesi sul contesto che può aver dato luogo al linguaggio (pp.12-13):

Nel lungo viaggio evolutivo della specie uomo, la consapevolezza ha facilitato la comunicazione tra consimili. In realtà, già prima dell'ominazione i primati possedevano una corteccia prefrontale in grado di elaborare informazioni, misurarne l'affidabilità e catalogarle per prendere decisioni. Il loro cervello era equipaggiato per effettuare previsioni; distinguere il meglio dal peggio, l'uguale dal diverso, l'utile dal dannoso; fondare aspettative sulle proprie azioni; agire secondo obiettivi; reprimere condotte sociali inappropriate. Quegli ominidi ignoravano la parola. Si esprimevano mediante suoni: grida, versi, sillabe, sottolineati da gesti e toni diversi. Ma non parole. Quelle arrivarono più tardi. Certo, si rivolgevano a se stessi. Ma il loro linguaggio intetiore era troppo lento per quel mondo imprevedibile e insidioso. Passaggio evolutivo cruciale fu la comunicazione verbale che inaugurò uno spazio sociale che permise ai nostri antenati di utilizzare i vantaggi derivanti dalle creazioni di altri individui e, per altri versi, di confrontare la propria con altre forme di conoscenza per decisioni efficaci. Sì, perchè solo decisioni efficaci, se non le migliori in assoluto, avrebbero garantito loro la sopravvivenza. [...] Quella logica naturale li aiutò a evitare i predatori, a reperire cibo, a guarire ferite, a conoscere meglio le funzioni riproduttive, influenzandone profondamente le scelte che ne garantirono la sopravvivenza.

In quello scenario ancestrale, la differenza tra silenzio e rumore, ma anche il concetto di differenza in sè, non sarebbe stata concepito dall'essere umano se egli non avesse inventato il linguaggio. L'importanza di questa differenza apparve chiara, probabilmente, solo a partire dal V secolo a.C., quando, nella civiltà greca, la parola sacra (mythos) si distinse dalla parola argomentativa (logos). Scrive Jean-Pierre Vernant (Le origini del pensiero greco - p.14):

“Nel contesto greco il mythos non si presenta come una forma particolare di pensiero, ma come l'insieme di ciò che veicola e diffonde, nella casualità dei contatti, degli incontri, delle conversazioni, la potenza senza volto, anonima e inafferrabile che Platone chiama phēmē , il Rumore.”
La differenza tra silenzio e rumore, ma anche il concetto di differenza in sè, non sarebbe stata concepita dall'essere umano se egli non avesse inventato il linguaggio. Tutto ciò che dà un senso all'esistenza umana e la costituisce fin dagli albori del linguaggio umano era la continua ripetizione e trasformazione orale dei saperi comuni

Per andare dunque alla ricerca delle origini del linguaggio, a ritroso nel tempo, dobbiamo seguire le tracce di questo particolare tipo di 'rumore' che è un generatore di senso. Tutto ciò che dà un senso all'esistenza umana e la costituisce fin dagli albori del linguaggio umano era la continua ripetizione e trasformazione orale dei saperi comuni. Nella Grecia antica il mythos designava tutto ciò che si trasmette alle generazioni successive oralmente, e i suoi contenuti non erano soltanto teogonie e cosmogonie ma anche storie fantastiche e favole di ogni tipo.

Oggi, rispetto alla Grecia antica, ci rendiamo conto che si è verificato un rovesciamento: il rumore che generava senso, è diventato negazione di senso e costituisce il paesaggio sonoro dell'uomo moderno.

Questa pagina web e le pagine ad essa correlate, descrivono sommariamente il processo attraverso il quale il linguaggio si è formato, sintetizzato nel seguente percorso sonoro in 4 tappe.

Gli ominidi ignoravano la parola. Si esprimevano mediante suoni: grida, versi, sillabe, sottolineati da gesti e toni diversi. Ma non parole. Quelle arrivarono più tardi. Certo, si rivolgevano a se stessi. Ma il loro linguaggio interiore era troppo lento per quel mondo imprevedibile e insidioso. Passaggio evolutivo cruciale fu la comunicazione verbale che inaugurò uno spazio sociale che permise ai nostri antenati di utilizzare i vantaggi derivanti dalle creazioni di altri individui e, per altri versi, di confrontare la propria con altre forme di conoscenza per decisioni efficaci. Sì, perchè solo decisioni efficaci, se non le migliori in assoluto, avrebbero garantito loro la sopravvivenza.

Percorso sonoro in quattro tappe: dalla radiazione cosmica di fondo al rumore della contemporaneità

Radiazione cosmica di fondo conseguente al Big Bang
La radiazione cosmica di fondo, paradossale, ineliminabile rumore che riacquista, per l'uomo, un senso.
Greco antico (ricostruzione della pronuncia)
Un passo dell'Iliade nella ricostruzione linguistica della Grecia del V secolo A.C.
Tradizione orale (ancora non contaminata dalla scrittura)
Il cantore bosniaco Avdo Mededovic, detto l'Omero balcanico, è il prototipo di tutti i cantori della tradizione orale (nella ricerca di Milman Parry e Albert Lord)
Per ascoltare e per informazioni sulla fonte cliccare qui.
Per ascoltare e per informazioni sulla fonte cliccare qui.
Per ascoltare e per informazioni sulla fonte cliccare qui.

13,7 miliardi di anni

V secolo a.C.

1935

Rumore della contemporaneità (Spot e Jingle)
Gli spot pubblicitari, onnipresente rumore dello spazio pubblico quotidiano.
Per ascoltare e per informazioni sulla fonte cliccare qui.

1990

1

2

3

4

mappa evoluzione linguaggio umano
Incremento della popolazione mondiale dalla preistoria ad oggi
Un'origine prosodica congiunta di lingua e musica?
Il neurobiologo Steven Brown ha condotto uno studio proponendo che l'origine del linguaggio sia attribuibile all'azione congiunta di parole e musica, cioè alla "prosodia", che la Treccani così descrive:

Tradizionalmente prosodia è un termine della metrica classica, dove designa lo studio del verso (gr. prosōidía «accento, modulazione della voce», comp. di prós «accanto» e ōidḗ «canto»). Inizialmente indicante le scelte relative all’ordine delle parole nel canto, il termine venne poi utilizzato dai latini per riferirsi agli aspetti inerenti all’accentazione e alla quantità delle sillabe. Oggi si usa per le regole della versificazione che concernono aspetti fonetici, come accento e rima. In linguistica, la prosodia coinvolge più di un singolo fonema, riguarda essenzialmente il parlato, e corrisponde alla modulazione di alcuni parametri (che erano rilevanti anche rispetto all’uso tradizionale del termine). I principali tra questi sono, dal punto di vista acustico, la frequenza fondamentale della voce, la durata e l’intensità (§ 2; per tutti questi temi ➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). La loro modulazione permette la realizzazione dei tratti prosodici, come ➔ accento, tono, giuntura, ➔ intonazione e ➔ ritmo (§ 3). Questi tratti sono anche detti soprasegmentali in quanto interessano più di un segmento fonico (➔ soprasegmentali, tratti), esercitando la loro influenza su domini prosodici, ossia unità maggiori del fonema, che rappresentano una vera e propria struttura

Nelle conclusioni del suo studio (vedi bibliografia 2017) Brown scrive:

Il resoconto dell'evoluzione del linguaggio che ho presentato in questo articolo è vocale (piuttosto che gestuale), prosodico (piuttosto che articolatorio o sillabico), a livello di gruppo (piuttosto che individuale o diadico), impegnato in un'origine congiunta di linguaggio e musica, e radicato nell'idea che la generazione di frasi basate sulla sintassi sia emersa, dalla sua origine, come il riempimento di un'impalcatura prosodica durante la produzione del parlato.  Propongo un processo evolutivo in due fasi: prima un sistema involontario ma ritualizzato di prosodia affettiva, seguito da un sistema di prosodia intonazionale basato sull'apprendimento fondato sulla combinatorialità fonemica. Da lì, la lingua e la musica si ramificarono come funzioni separate, sebbene omologhe, attraverso l'emergere della lessicalità e della tonalità, rispettivamente, e attraverso l'adozione delle modalità comunicative contrastanti rispettivamente di alternanza e integrazione. Dopo la loro separazione, lingua e musica sono perennemente riunite in canzoni con parole, ricorrendo sia in stili melogenici (più musicali) che logogenici (più simili a parole). Questo potenziale di accoppiamento diretto e senza soluzione di continuità tra le parole e le altezze musicali è una delle prove più forti a sostegno di un'origine congiunta di linguaggio e musica.
Conclusioni (provvisorie): Tutto ciò che dà un senso all'esistenza umana e la costituisce fin dagli albori del linguaggio umano era la continua ripetizione e trasformazione orale dei saperi comuni
Come afferma il paleoantropologo Bernard Campbell nel suo libro del 2005 "Humankind Emerging":  "Semplicemente non sappiamo, e non lo sapremo mai, come o quando il linguaggio ha avuto inizio". Ci sono solo ipotesi, e "pensierocritico.eu" ne ha scelto una: la differenza tra silenzio e rumore, ma anche il concetto di differenza in sè, non sarebbe stata concepita dall'essere umano se egli non avesse inventato il linguaggio. L'importanza di questa differenza apparve chiara, probabilmente, solo a partire dal V secolo a.C., quando, nella civiltà greca, la parola sacra (mythos) si distinse dalla parola argomentativa (logos). Scrive Jean-Pierre Vernant: "Nel contesto greco il mythos non si presenta come una forma particolare di pensiero, ma come l'insieme di ciò che veicola e diffonde, nella casualità dei contatti, degli incontri, delle conversazioni, la potenza senza volto, anonima e inafferrabile che Platone chiama phēmē , il Rumore."  Per andare dunque alla ricerca delle origini del linguaggio, a ritroso nel tempo, dobbiamo seguire le tracce di questo particolare tipo di 'rumore' che è un generatore di senso. Tutto ciò che dà un senso all'esistenza umana e la costituisce fin dagli albori del linguaggio umano era la continua ripetizione e trasformazione orale dei saperi comuni. Nella Grecia antica il mythos designava tutto ciò che si trasmette alle generazioni successive oralmente, e i suoi contenuti non erano soltanto teogonie e cosmogonie ma anche storie fantastiche e favole di ogni tipo. Oggi, rispetto alla Grecia antica, ci rendiamo conto che si è verificato un rovesciamento: il rumore che generava senso, è diventato negazione di senso e costituisce ilpaesaggio sonoro dell'uomo moderno.

per scaricare le conclusioni (in pdf):
La razionalità richiede impegno personale!
Iscriviti alla Newsletter di pensierocritico.eu per ricevere in anteprima nuovi contenuti e aggiornamenti:
Bibliografia (chi fa delle buone letture è meno manipolabile)


Scrivi, se non sei d'accordo
Se ritenete che le tesi del "punto chiave" non vengano sufficientemente supportate dagli argomenti presenti in questa pagina potete esprimere il vostro parere (motivandolo).
Inviate una email con il FORM. Riceverete una risposta. Grazie della collaborazione.
Libri consigliati
a chi vuole approfondire l'importanza della tradizione orale nella genesi del linguaggio
Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)

Pagina aggiornata il 25 giugno 2023

creative commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
Torna ai contenuti