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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Manipolazioni della Finanza Internazionale
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Da alcuni anni in Europa è diventato evidente anche all'opinione pubblica che le decisioni politiche non vengono prese nè dai Parlamenti e Governi dei paesi membri nè dal Parlamento Europeo nè dal Consiglio Europeo, nè dalla Commissione Europea. Le decisioni vengono prese dalla Banca Centrale Europea (BCE) in accordo con le grandi Banche d'affari. Come è avvenuto e perchè l'esautoramento della politica da parte della finanza? Tenta di spiegarlo il sociologo Luciano Gallino che ha descritto nel libro "Il colpo di stato di banche e governi", le modalità e argomentazioni con le quali la Finanza internazionale è riuscita a impossessarsi del potere mondiale sottraendolo alla politica. Le banche (private e pubbliche) hanno convinto i governi e i politici che li sostengono che se anche solo alcune di esse avessero dovuto fallire, ne sarebbe seguito un disastro per l'intera economia e società europee.
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IL DEBITO DEI PAESI UE: Agli inizi del 2010 in molti paesi europei il debito dovuto all'accumulo del deficit e degli interessi da pagare superarono la soglia vincolante del 60% del Pil. Scrive Luciano Gallino nel suo libro "Il colpo di stato di banche e governi" (pp. 156-157): "Il debito aggregato dei Paesi UE era in effetti cresciuto di ben 20 punti in soli tre anni (2008-10), passando dal 60 all'80 per cento del Pil, ma ciò era avvenuto soprattutto a causa dei salvataggi delle banche a spese dello Stato, non per un presunto aumento della spesa per la protezione sociale. Infatti questa era stabile da tempo, in media attorno al 25% del Pil. A onta di tale incongruenza, i  Governi dell'Unione hanno abbracciato concordi le politiche di compressione della spesa sociale, sostenendo che una riduzione del debito da esse derivanti condurrà prima o poi a un rilancio della crescita economica. Si è giunti a suddividere gli Stati in "spreconi" e parsimoniosi". Tra i primi sono stati collocati Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna. Tra i secondi figura in primo piano la Germania, nonchè Austria, Olanda e i Paesi del Nord. La Francia sta in mezzo. [...] La transizione repentina dalla preoccupazione per la crisi delle banche all'ansia per le sorti del debito pubblico e i possibili effetti di un suo tracollo ha stupito per primi molti esperti. [...] A onta delle interpretazioni ufficiali diffuse dai governi, dalle organizzazioni internazionali e dai media, che raffigurano la crisi del debito sovrano come se fosse un altro guaio capitato improvvidamente alle economie occidentali dopo la crisi bancaria, quasi tutti [gli esperti] concordano nel sottolineare che la prima è strettamente collegata alla seconda. [per una storia dell'interrelazione di crisi bancaria e debito sovrano ved. bibliografia Nicolas Véron]"

Secondo Luciano Gallino ciò che è successo in Europa, cioè una redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto, non si configura come un'improvvisa decisione dei governi ma è stata l'occasione per attuare un preciso progetto politico ed economico di stampo neoliberista che aveva lo scopo di compromettere l'integrazione europea
Punti di riflessione
La finanza internazionale delle Banche d'affari (Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, etc.) è riuscita a sottrarre il potere politico ai Governi USA e UE manipolando ed esaltando le conseguenze del loro eventuale fallimento.
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La Finanza internazionale e le principali Banche d'affari manipolano i Governi e gli Organismi internazionali (Agenzie di Rating, FMI, BCE, ecc) per indirizzare la politica USA e UE verso revisioni costituzionali che riducano i diritti dei cittadini comuni e aumentino i diritti degli investitori globali
Manipolazione della Finanza Internazionale nei confronti della politica e dell'Opinione Pubblica
Da alcuni anni in Europa è diventato evidente anche all'opinione pubblica che le decisioni politiche non vengono prese nè dai Parlamenti e Governi dei paesi membri nè dal Parlamento Europeo nè dal Consiglio Europeo, nè dalla Commissione Europea. Le decisioni vengono prese dalla Banca Centrale Europea (BCE) in accordo con le grandi Banche d'affari. (vedere box a fianco sulle ingerenze politiche di JP Morgan).


Come è avvenuto e perchè l'esautoramento della politica da parte della finanza? Tenta di spiegarlo il sociologo Luciano Gallino che ha descritto nel libro "Il colpo di stato di banche e governi", le modalità e argomentazioni con le quali la Finanza internazionale è riuscita a impossessarsi del potere mondiale sottraendolo alla politica.
Le banche (private e pubbliche) hanno convinto i governi e i politici che li sostengono che se anche solo alcune di esse avessero dovuto fallire, ne sarebbe seguito un disastro per l'intera economia e società europee. Nel libro Gallino descrive l'origine della crisi finanziaria del 2007-2008 (innescata negli USA dalla bolla immobiliare dei mutui subprime) e gli effetti recenti, non ancora assorbiti, sulle economie mondiali. La causa principale della crisi in Europa è stata, secondo Gallino, la seguente (p.13):


Le maggiori banche europee, in stretto rapporto con quelle americane, hanno accumulato debiti colossali prima e durante la crisi, in specie per via della finanza ombra e del denaro che esse medesime hanno privatamente creato dal nulla o ampiamente utilizzato allo scopo di continuare a concedere montagne di crediti senza avere in bilancio i relativi fondi.


Gallino descrive quindi le misure prese dai governi UE, cioè (p.16):
camuffare la crisi come se questa non avesse origini nel sistema bancario, bensì fosse dovuta al debito eccessivo degli Stati, provocato a loro dire dall'eccessiva spesa sociale
Quest'opera di camuffamento dei veri responsabili della crisi è stata seguita da una serie di misure il cui effetto grava ancora oggi su diversi paesi europei. Scrive Gallino (p.14):
La Commissione Europea, la Bce, e il Fondo monetario internazionale hanno dato manforte ai governi nel diffondere una rappresentazione della crisi dei bilanci pubblici come se fosse dovuta all'eccessiva generosità dello stato sociale dei decenni precedenti. In presenza dei vuoti scavati nei bilanci, i governi hanno pertanto deciso di avviare una severa politica di austerità volta a ridurre soprattutto le spese, a cominciare dalla voce principale formata dai capitoli pensioni-sanità-istruzione.


Le responsabilità della crisi sono condivise dalle Banche con le principali agenzie di valutazione (Standard&Poors, Moody's e Fitch) i cui comportamenti vengono descritti alle pagine 138-143. Inoltre, a chi volesse approfondire, si consiglia il cap. 5 (Crisi di sistema o criminalità organizzata? pp.122-152). Ma chi sono i manovratori della finanza e dell'economia mondiale? Secondo Gallino sono "il partito di Davos", vale a dire quei circa tremila individui che ogni anno si radunano nella cittadina svizzera di Davos sotto le insegne del World Economic Forum. Naturalmente non si tratta di un vero partito ma di una classe formata da capi di governo, ministri, politici, dirigenti al vertice delle maggiori multinazionali, accademici (economisti e politologi), rappresentanti delle maggiori società di ricerca e consulenza industrial-finanziaria.
Scrive Gallino (p.77):

Il compito che si è assunto il Forum di Davos, in nome della classe che rappresenta, può vedersi compendiato in una battuta proferita qualche tempo fa da Renato Ruggiero, già direttore dell'Organizzazione mondiale per il commercio, già ministro della Repubblica italiana, più volte ospite degli incontri di Davos: "Noi non stiamo più scrivendo le regole dell'interazione tra economie nazionali separate. Noi stiamo scrivendo la costituzione di una singola economia globale". Come ha notato uno studioso del conflitto globale di classe, Jeff Faux, subito dopo aver citato Ruggiero, si tratta di una "costituzione" che protegge e sostiene un'unica categoria di cittadini, l'investitore societario globale.

Un'interpretazione "non sociopolitica" della crisi dei suprime l'ha data lo statistico Nassim Taleb nel fortunato libro "Il cigno nero" pubblicato un anno prima dello scoppio della crisi dei subprime. In esso Taleb sostiene l'esistenza di "cigni neri", vale a dire di eventi altamente improbabili che hanno un impatto enorme sul mondo. Questi eventi (che possono accadere non solo in ambito finanziario ma anche ambientale, tecnologico, geopolitico, ecc.) secondo Taleb, non sono prevedibili e ad essi sopravvivono solo gli individui, i gruppi o le società che hanno caratteristiche resilienti o, meglio, antifragili (che con le crisi evolvono rinforzandosi).
Anche Nassim Taleb propone una definanziarizzazione dell'economia per evitare nuove crisi (ved. bibliografia).

Un altro statistico che sa come navigare nella società dell'incertezza è Gerd Gigerenzer il quale, nel suo ultimo libro "Imparare a rischiare", si scaglia contro le approssimazioni e manipolazioni delle Banche e dei suoi consulenti finanziari che, pur disponendo di modelli matematici incompleti e inadeguati li propongono come se fossero in grado di generare certezze. Essi illudono se stessi e i loro clienti. Egli scrive (p.105):

Gli analisti delle banche e i gestori di risorse controllano i flussi di denaro a livello mondiale. Sanno prevedere l'andamento delle azioni e dei cambi? No. Ma i clienti "vogliono" credere che siano in grado di farlo, e le banche fanno la loro parte per tenere in vita questa illusione.
JPMorgan e le sue ingerenze politiche
Il fondatore della banca JPMorgan e uno dei suoi motti
La Banca d'affari JPMorgan (la maggiore banca d'affari americana denunziata dal Governo USA nel 2012 perchè ritenuta responsabile della crisi dei subprime e multata per 13 miliardi di dollari), ha pubblicato nel 2013 un report nel quale esprimeva i suoi commenti sulle carenze politiche delle nazioni del Sud-Europa e sulla necessità di intervenire sulle Costituzioni di quei paesi. In questo documento JPMorgan non si limita ad esaminare lo stato della crisi (senza ammettere le proprie responsabilità) ma, spudoratamente, descrive le modifiche costituzionali necessarie (poi attuate dai politici UE). Ecco un passo tratto da quel documento (pp. 12-13):

I sistemi politici della periferia europea sono stati creati in seguito alle dittature, e sono stati definiti da queste esperienze. Le Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la forza politica guadagnata dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. I sistemi politici periferici tipicamente mostrano alcune delle seguenti caratteristiche: governi deboli; stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori; sistemi di costruzione del consenso che favoriscono il clientelismo politico; e il diritto di protestare se vengono apportate modifiche indesiderate allo status quo politico. Le carenze di questa eredità politica sono state rivelate dalla crisi. Questi paesi hanno avuto successi solo parziali nella produzione di programmi di riforma fiscale ed economica, con i governi vincolati dalle Costituzioni (Portogallo), Regioni potenti (Spagna), e l'ascesa di partiti populisti (Italia e Grecia). Vi è un crescente riconoscimento della portata di questo problema, sia al centro che in periferia. Stanno incominciando a verificarsi dei cambiamenti. La Spagna ha adottato misure per affrontare alcune delle contraddizioni dell'era post-Franco con la legislazione dello scorso anno che consente più da vicino la sorveglianza fiscale delle regioni. Ma, fuori dalla Spagna poco è accaduto finora. Il test chiave per il prossimo anno [2014] sarà in Italia, dove il nuovo governo [Monti] ha l'opportunità di impegnarsi in modo chiaro in riforme politiche significative.
Il "partito" di Davos
Circa tremila persone si riuniscono ogni anno a Davos per scambiarsi informazioni sullo stato dei loro affari. Si tratta dell'Oligarchia che oggi domina il mondo e lo ha asservito ai suoi voleri.
Lo psicologo Daniel Kahneman cita una sua esperienza (Pensieri lenti e veloci p.293): "Dopo che ebbi illustrato incidentalmente a un convegno a Davos un rimedio parziale al processo decisionale nelle grandi organizzazioni, qualcuno alle mie spalle mormorò: "Valeva la pena venire a Davos solo per questo!". (In seguito mi accorsi che chi aveva parlato era l'amministratore delegato di una grande multinazionale.)
Quest'episodio chiarisce il motivo per cui molti importanti imprenditori partecipano a questi incontri: perchè hanno la possibilità di conoscere alcuni dei pensatori più brillanti del momento, di discutere le loro idee e magari di ingaggiarli quali consulenti.
Che paese...
Why not redistribute the wealth?
Let's start from the misery that is more urgent.
Come le banche hanno trasformato la loro crisi nella crisi dei bilanci pubblici degli Stati
Agli inizi del 2010 in molti paesi europei il debito dovuto all'accumulo del deficit e degli interessi da pagare superarono la soglia vincolante del 60% del Pil. Scrive Gallino (pp. 156-157):

Il debito aggregato dei Paesi UE era in effetti cresciuto di ben 20 punti in soli tre anni (2008-10), passando dal 60 all'80 per cento del Pil, ma ciò era avvenuto soprattutto a causa dei salvataggi delle banche a spese dello Stato, non per un presunto aumento della spesa per la protezione sociale. Infatti questa era stabile da tempo, in media attorno al 25% del Pil. A onta di tale incongruenza, i  Governi dell'Unione hanno abbracciato concordi le politiche di compressione della spesa sociale, sostenendo che una riduzione del debito da esse derivanti condurrà prima o poi a un rilancio della crescita economica. Si è giunti a suddividere gli Stati in "spreconi" e parsimoniosi". Tra i primi sono stati collocati Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna. Tra i secondi figura in primo piano la Germania, nonchè Austria, Olanda e i Paesi del Nord. La Francia sta in mezzo. [...] La transizione repentina dalla preoccupazione per la crisi delle banche all'ansia per le sorti del debito pubblico e i possibili effetti di un suo tracollo ha stupito per primi molti esperti. [...] A onta delle interpretazioni ufficiali diffuse dai governi, dalle organizzazioni internazionali e dai media, che raffigurano la crisi del debito sovrano come se fosse un altro guaio capitato improvvidamente alle economie occidentali dopo la crisi bancaria, quasi tutti [gli esperti] concordano nel sottolineare che la prima è strettamente collegata alla seconda. [per una storia dell'interrelazione di crisi bancaria e debito sovrano ved. bibliografia Nicolas Véron]

Secondo Luciano Gallino ciò che è successo in Europa, cioè una redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto, non si configura come un'improvvisa decisione dei governi ma è stata l'occasione per attuare un preciso progetto politico ed economico di stampo neoliberista che ha lo scopo di compromettere l'integrazione europea (pp.215-226).
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Pagina aggiornata il 26 luglio 2022

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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