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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Cosa sono la vita e la coscienza secondo la fisica quantistica di Erwin Schrödinger e Wofgang Pauli e le ipotesi di Roger Penrose e Stuart Hameroff (cervello quantistico?) e dei fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Addario (coscienza quantistica?)
TEORIE > CONCETTI > DEMOCRAZIA E WEB > QUANTISTICA
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Nel 1944, il fisico teorico Erwin Schrödinger, dopo aver tenuto un ciclo di pubbliche conferenze su un argomento estraneo alla propria competenza, pubblicò il libro "Che cos'è la vita". Egli espresse qui delle considerazioni originali e descriventi un mondo lontano dal senso comune, per quel tempo, fortemente contraddittorie con le idee scientifiche, perchè legate all'antica sapienza del Vedānta ed espresse dagli scrittori induisti, ad esempio Schrödinger scrisse (p.149): "Secondo la terminologia cristiana, il dire: 'Quindi io sono Dio onnipotente' è insieme, una bestemmia e una sciocchezza. Ma fate il favore di non tener conto per il momento di queste qualifiche e considerate se la conclusione precedente non sia più la più acconcia che un biologo possa trarre, per provare Dio e l'immortalità a un tempo. In se stessa, l'asserzione non è nuova. La prima enunciazione di essa a mia conoscenza risale a circa 2500 anni fa o più. Dalle prime grandi Upanishad, la posizione: atman = brahman (l'io personale è uguale all'io onnipresente che tutto comprende) fu nel pensiero indiano considerata non già una bestemmia, ma la rappresentazione della quintessenza della più profonda conoscenza degli avvenimenti del mondo. Lo sforzo di tutti gli studiosi del Vedānta era, dopo di aver imparato a pronunziare tali parole, quello di assimilare veramente nel loro spirito questa che è la più elevata di tutte le idee. [...] Al pensiero occidentale questa idea è rimasta estranea, nonostante Schopenhauer e altri che lo sostennero, e a dispetto di quei veri amanti che, guardandosi a vicenda negli occhi, si rendono conto che i loro pensieri e la loro gioia sono numericamente una sola cosa, non già cose simili o identiche: ma essi di regola sono troppo emozionati per soffermarsi a chiarire il loro pensiero, nel che essi assomigliano molto ai mistici." Proseguendo nelle sue idee, che evidentemente egli non poteva fare a meno di esprimere, Schrödinger scrisse (p.152): "Nell'ordine di idee che riguarda la coscienza come un singulare tantum, essa è con vantaggio sostituita dall'enunciato che c'è ovviamente solo un albero e tutta la faccenda delle immagini non è altro che una storia di fantasmi. Pure, ciascuno di noi ha l'indiscutibile impressione che la somma totale della sua propria esperienza e memoria sia un'unità del tutto distinta da quella di ogni altra persona. Egli si riferisce a questo con la parola 'io'. Che cos'è questo 'io'? Se voi lo analizzate attentamente, io credo, trovate che esso è qualcosa di più che una collezione di dati singoli (esperienze e memorie) e cioè il canovaccio sul quale questi sono intessuti. E voi troverete, mediante un'attenta introspezione, che ciò che voi realmente intendete con la parola 'io' è quella trama su cui essi sono raccolti." Il problema della "coscienza", per Schrödinger rimase irrisolto, sebbene egli si fosse arrovellato per capirlo sulla scorta delle proprie letture delle Upanishad.
Chi invece, circa 80 anni dopo, ha fatto un tentativo per risolverlo è il fisico Federico Faggin, che, nel suo libro "Irriducibile" scrive (p.93): "L'essere della vita riguarda l'esperienza, e la coscienza è ciò che permette all'organismo di avere un'esperienza in prima persona di se stesso e del mondo."
Paradosso del gatto di Schrödinger
Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger con lo scopo di illustrare come la meccanica quantistica fornisca risultati paradossali se applicata a un sistema fisico macroscopico. (Wikipedia)
cos'è la vita
E' la mente dell'osservatore che fa collassare la funzione d'onda
Il gatto nella scatola è vivo o morto? Appena l'osservatore apre la scatola e ci guarda dentro, egli vede il gatto "tutto vivo" o "tutto morto", e quindi vede lo stato quantistico di sovrapposizione "collassato" su uno dei due stati di partenza. Di conseguenza a stabilire il destino del gatto non è il nucleo che decade, bensì l'osservatore , perché solo quando egli interagisce con il sistema, quest'ultimo è "obbligato" a "scegliere" fra le due possibili configurazioni: solo in quel momento, uno dei due possibili stati del sistema diventa reale.
Il paradosso del gatto spiegato (bene) dalla fisica Gabriella Greison
Punto chiave di questa pagina
ORIGINE DELLE CELLULE (PROCARIOTE ED EUCARIOTE): L'endosimbiosi (Endosymbiotic theory), cioè il meccanismo biologico di simbiosi tra gli organismi, postulato in forma completa dalla biologa Lynn Margulis negli anni Sessanta del Novecento, con il libro "Symbiotic Planet",  si è rivelato il meccanismo più pervasivo ed efficace di evoluzione degli esseri viventi (flora e fauna), basato, non sulla "competizione", bensì sulla "cooperazione" che ha favorito la vita sulla Terra. I procarioti sono stati i primi organismi viventi della storia della Terra, e si sono sviluppati nelle acque. Secondo l’ipotesi più diffusa, per circa 2 miliardi di anni sono esistite solo cellule procariote. Circa 1,5 miliardi di anni fa, alcuni procarioti si stabilirono all’interno di altri organismi in una sorta di 'simbiosi interna' permanente dando origine alla cellula eucariota. Gli eucarioti quindi derivano dai procarioti attraverso il meccanismo di endosimbiosi. I mitocondri mancano nelle cellule procariotiche, dove le funzioni respiratorie vengono espletate dalla glicolisi. Comunemente per respirazione cellulare si intende la respirazione cellulare aerobica, che avviene in presenza di ossigeno. Esiste poi una respirazione cellulare anaerobica di cui la forma più importante, comune a procarioti ed eucarioti, è la via metabolica antichissima della glicolisi. Il filosofo Igor Pelgreffi scrive: "il ragionamento di Margulis tende a sovvertire, è quello del neodarwinismo della struggle for life, cioè del protocollo di lettura dei fenomeni evolutivi che giustifica la natura del liberismo, dell’individualismo competitivo, della selezione. Immaginare che alla base dell’evoluzione non vi sia la neutralità della sopravvivenza dell’uno rispetto all’altro, bensì un’idea endosimbiotica che prevede che due organismi, assumendo una nuova forma o configurazione reciproca, riescano ad aumentare pacificamente il loro campo di sopravvivenza, cioè il numero e il tipo di ambienti in cui svilupparsi estendendo il proprio campo vitale reciproco, significa immaginare una diversa morfologia dei processi naturali, dove alla logica della selezione si sostituisce una logica cooperativa, di costruzione comune."
Per approfondire sull'importanza della "cooperazione" per l'evoluzione della specie umana e di molte altre specie, andare alla pagina "Il mondo degli Olobionti".
Punti di riflessione
La scienza missilistica è l'espressione più pura delle leggi fisiche enunciate da Isaac Newton più di trecento anni fa ed è spesso definita "scienza "classica". Newton spiegò come un qualsiasi oggetto permane in quiete o si muove in linea retta a velocità costante finché non viene sottoposto a una forza esterna, come ad esempio la gravità. [...] La scienza classica descrive un mondo completamente prevedibile. [...] Per secoli, dopo l'epoca di Newton, la scienza classica ha costituito un reale problema per chiunque credesse nel libero arbitrio. In linea di principio, se fossero note in ogni istante la posizione e la velocità di ogni particella dell'Universo, inclusi gli atomi di cui siamo fatti, saremmo in grado non solo di predire  l'intero futuro dell'Universo ma di ricostruire la sua storia completa con tanto di dettagli precisi. Tralasciando i problemi pratici, questo implicherebbe che ogni cosa, incluso il comportamento umano, è prestabilita. A questo punto entra in gioco la meccanica quantistica. (John Gribbin p.9 del libro Erwin Schrödinger - La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica)
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La fisica quantistica è straordinaria, dal momento che, dopo un secolo di ricerche, non si conosce alcun fenomeno che metta in luce i suoi limiti. In fisica, tutte le teorie precedenti un bel giorno hanno raggiunto un limite di validità. Ciò non significa per questo che siano sparite. Tipicamente, una teoria più generale ingloba la precedente e la completa in situazioni estreme, ma la prima resta valida entro il suo campo di applicabilità per una vasta gamma di parametri. Così la meccanica di Newton non descrive in modo corretto il moto alle velocità prossime a quella della luce, e occorre allora utilizzare la teoria della relatività, che comprende la meccanica newtoniana come un'approssimazione eccellente a velocità più basse. Attualmente non sappiamo dove si trovi il limite di validità della meccanica quantistica. Un aspetto del tutto inusuale è dato dal fatto che sappiamo enunciare perfettamente il formalismo matematico per applicarla, ma continuiamo ad avere molte difficoltà a trattarla dal punto di vista concettuale e teorico. (Alain Aspect p.64 del libro "Einstein e le rivoluzioni quantistiche")
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Nella primavera del 1926 Heisenberg era stato invitato a tenere un seminario sulla meccanica delle matrici presso l'università di Berlino e, in seguito, aveva avuto una lunga discussione con Einstein sulla natura della realtà e le implicazioni della nuova teoria. A un certo momento, Einstein aveva commentato: "In linea di principio è sbagliatissimo tentare di fondare una teoria esclusivamente su grandezze osservabili. Anzi, in realtà avviene esattamente il contrario: è la teoria che decide cosa possiamo osservare". A quel tempo Heisenberg era rimasto totalmente sconcertato dal ragionamento di Einstein; ma poi, circa un anno dopo, quelle parole gli tornarono in mente improvvisamente una sera dopo la mezzanotte mentre stava arrovellandosi sul problema della traiettorie. E' la teoria che decide cosa possiamo osservare. Poteva essere questa la chiave del problema? Troppo eccitato per riuscire a stare seduto alla sua scrivania, Heisenberg uscì a fare una passeggiata nel vicino parco Faelled. Fu proprio durante quella passeggiata mottuna che gli venne in mente l'idea che sarà per sempre associata al suo nome: l'indeterminazione quantistica. (John Gribbin p.122 del libro "Erwin Schrödinger - la vita, gli amori e la rivoluzione quantistica")
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Wolfgang Pauli presumeva che fossero necessari solo tre numeri quantici per localizzare un elettrone nell'atomo, così come bastano tre numeri per localizzare un oggetto nello spazio: la sue coordinate nelle tre dimensioni. Ma a soli ventiquattro anni dimostrò che in realtà era necessario anche un quarto numero quantico, lo spin. Il problema era che il quarto numero quantico non poteva essere visualizzato. Per Pauli il passaggio da tre a quattro numeri era difficile e incomprensibile, eppure doveva essere così. Il 137 risultò legato a questo passaggio. (Gabriella Greison p.91 del libro "Ogni cosa è collegata")
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Per quel che riguarda il mio lavoro, che è quello della ricerca, dell’innovazione, della conoscenza e della divulgazione, esiste sicuramente una domanda che lo spinge in avanti (o almeno tenta). Questa domanda è: «Il fenomeno della Coscienza è davvero sganciato dalle manifestazioni della materia, come Cartesio pontificava alcuni secoli fa, oppure esiste una coscienza universale insita nella materia, a cominciare dalle particelle elementari?». Se quella coscienza fosse solo il risultato di connessioni elettriche nel cervello, l’universo sarebbe completamente privo di finalità, ma solo frutto del caso. Eppure, pur non credendo in Dio come singola entità generatrice, non posso non meravigliarmi di fronte alla perfezione con cui l’Universo è strutturato andando dal micro al macrocosmo, e soprattutto di fronte al “miracolo” della continua creazione di particelle dal vuoto quantistico, una specie di “macchina perpetua” in grado di creare universi, a cominciare dal nostro 13.5 miliardi di anni fa. (Massimo Teodorani)
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L'unica grande differenza tra l'universo e l'uomo - l'uomo della società razionale e scientifica di oggi - è che mentre il corpo dell'universo - le sue particelle - sembra cogliere a ogni istante le informazioni inviate dal potenziale quantico universale, l'uomo pur cogliendolo non è in grado di decifrarne il significato più profondo. La ragione di ciò è che la società odierna, in particolare quella occidentale, è completamente guidata dalla mente razionale - esplicata dall'emisfero sinistro del cervello - mentre l'altra parte - quella intuitiva ed esplicata dall'emisfero destro - è isolata e come fine a se stessa. Non c'è reale interazione tra la parte razionale e quella intuitiva: ciò avviene solo nei grandi geni della scienza e dell'arte. Ma l'umanità è come "monocromatica" (o meglio monomaniaca): l'esclusivo utilizzo della mente razionale porta inevitabilmente a perseguire quasi esclusivamente i beni materiali. Al contrario, le cose che hanno un "significato" oggi perdono sempre più di senso, a favore di un materialismo sfrenato che ci ha allontanato dalla matrice reale in cui anche noi siamo immersi. Noi semplicemente non sappiamo di essere come gli elettroni! E di far parte di un piano grandioso le cui radici si trovano al di là del tempo e dello spazio. I nostri sogni, le nostre intuizioni, le nostre sincronicità, o anche certi eventi paranormali, ci appaiono come fenomeni misteriosi e incomprensibili, concentrandoci troppo sui quali si può giungere alla pazzia. (Massimo Teodorani Entanglement pp.46-47)
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Cento anni fa, la maggior parte delle persone pensava che cani e gatti non fossero coscienti e che gli animali in generale non fossero coscienti. Bene, ora tutti capiscono che gli animali, soprattutto quelli superiori, sono coscienti. Ma penso che anche una cellula sia cosciente. Ovviamente, un po'. Anche un atomo è cosciente, in misura infinitesimale. Quindi tutto è cosciente in proporzione alla sua complessità organizzativa. La coscienza aumenta con il livello di organizzazione. Più una cosa è organizzata e complessa, più alto è il livello di coscienza. Quindi, laddove la forza gravitazionale dipende solo dall’aggiunta di massa – maggiore è la massa, maggiore è la forza gravitazionale – la coscienza dipende dalla coerenza e dalla complessità organizzativa.
Quindi è qualcosa che dipende in qualche modo da quanto coerente è l'organizzazione, e quanto più coerente e complessa, per lo stesso numero di atomi o lo stesso numero di cellule, tanto più cosciente è quell'organizzazione. Quindi questo è il modo in cui penso che la coscienza si stia costruendo. (Federico Faggin)
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I computer quantistici sono molto interessanti perché invece di utilizzare un bit di informazione convenzionale, il suo elemento di informazione è chiamato qubit. E un qubit è uno e uno zero in sovrapposizione, perché la fisica quantistica dice che un sistema quantistico esiste in sovrapposizione di stati finché non lo misuri. Quando lo misuri, troverai uno zero o uno. Ma prima che tu lo misuri, è sia zero che uno, non perché tu non lo sappia. No, no, il qubit è zero e uno contemporaneamente. Si viola quindi il principio della logica aristotelica del terzo escluso. La nostra logica si rifiuta di capirlo: come può qualcosa essere allo stesso tempo vero e falso? (Federico Faggin)
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Ci sono un certo numero di persone che, in particolare persone attratte dalle tradizioni spirituali e che hanno un background scientifico, la pensano in modo simile, quindi quelle persone sono certamente alleati in questo senso. Ma ci vuole molto più che semplici chiacchiere; ci vuole un'azione concreta. Bisogna fare esperimenti, capire cose, fare cose. E questo richiede soldi e deve iniziare un po’ alla volta. E anche costruire le prove richiederà tempo. Quindi non sto cercando di creare un movimento qui. Questo deve essere fatto bene. E questo deve essere fatto con le prove e con la metodologia adeguata. Eppure è una metodologia che dovrà andare oltre la rigidità della metodologia della scienza, perché la metodologia della scienza non ammette realtà a ciò che è dentro di noi. E questo è sbagliato secondo me. Dobbiamo andare oltre. La scienza dice che esiste solo ciò che misuri. Questo è tutto! Ciò che c'è dentro di te è soggettivo; non ha realtà. Non c'è niente lì. Ebbene, dobbiamo andare ben oltre questa visione. Dobbiamo cominciare a riconoscere che la realtà dei pensieri può essere anche più della realtà della materia. Un pensiero crea. Non crea subito, ma crea attraverso ciò che genera; la realtà di un sogno che ti cambia la vita; la realtà del significato. Per la scienza non esiste alcun significato – per definizione, per decreto.
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Negli ultimi 20 anni, nuove tecnologie come la fMRI (risonanza magnetica funzionale) hanno permesso ai neuroscienziati di studiare come particolari stati coscienti sono rappresentati all'interno del cervello. Questi correlati neurali della coscienza (NCC) hanno dimostrato che per essere coscienti devono essere presenti determinati stati cerebrali complessi. NCC tuttavia non può spiegare come emergano i qualia; possono solo mostrare l'attività elettrica e metabolica del cervello associata a specifici stati di coscienza macroscopici. La maggior parte degli scienziati presume che la coscienza sia interamente prodotta dal cervello umano o animale come risultato della sua attività elettrochimica. Tuttavia, non esiste alcun principio fisico conosciuto che possa tradurre l’attività elettrica in qualia, in un cervello o in un computer. (Federico Faggin)
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Recentemente, sia in fisica che in informatica (che nel frattempo si è collegata all'informazione quantistica), il quadro teorico per tutte le teorie dell'informazione è emerso nella letteratura fisica in termini di nozione di teoria probabilistica operativa (OPT), una struttura isomorfa emersa nell'ambito dell'informatica in termini di teoria delle categorie. In effetti, la struttura matematica di una teoria dell’informazione è proprio quella dell’OPT, qualunque teoria dell’informazione consideriamo: classica, quantistica o “post-quantistica”. Tra le teorie dell'informazione, la teoria classica (CT) gioca un ruolo speciale. Infatti, oltre ad essere esso stesso un OPT, CT entra nel quadro operativo in termini di risultati oggettivi della teoria, che per gli OPT causali (come QT e CT) possono essere utilizzati per condizionare la scelta di una successiva trasformazione all'interno di un insieme. Chiaramente questo avviene anche nel caso particolare di QT. Pertanto, il verificarsi di un dato risultato può essere considerato come uno scambio di informazioni da quantistico a classico, mentre il condizionamento costituisce uno scambio di informazioni da classico a quantistico. Concludiamo che dovremmo considerare il mondo fisico come governato fedelmente sia dalle teorie quantistiche che da quelle classiche insieme, con la trasformazione delle informazioni tra i due tipi. [...] Chiameremo la visione attuale, con la coscienza come fondamentale per l'informazione e la fisica che interviene sull'informazione quantistica, panpsichismo dell'informazione quantistica. (Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano)
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La teoria prevede che un agente cosciente possa convertire intenzionalmente l’informazione quantistica in un pezzo specifico di informazione classica per esprimere il suo libero arbitrio, un risultato classico che è in linea di principio imprevedibile a causa della sua origine quantistica. La teoria sarebbe incoerente senza l'identificazione del sistema cosciente in termini di purezza e inseparabilità dello stato quantistico, che si identifica con l'esperienza del sistema. La purezza dell’evoluzione quantistica non deterministica identifica la coscienza con l’azione attraverso il suo risultato. Metafisicamente, l’interpretazione proposta secondo cui uno stato quantico puro e non separabile è uno stato di coscienza potrebbe essere ribaltata assumendo l’ontologia della coscienza e dell’azione come primaria, dopodiché la fisica emergerebbe dalla coscienza e dall’azione. Questa stessa interpretazione considererebbe quindi la fisica classica come la piena reificazione (oggettivazione) della realtà quantistica come agenzia quantistica-classica corrispondente al libero arbitrio delle entità coscienti esistenti interamente nel regno quantistico. L’ontologia derivata dall’accettazione della coscienza come fondamentale sarebbe che l’oggettività e la fisica classica sopravvengono alla fisica quantistica, la fisica quantistica sopravviene all’informazione quantistica e l’informazione quantistica sopravviene alla coscienza. Se dovessimo accettare questa visione speculativa, la fisica potrebbe allora essere intesa come la descrizione di un futuro aperto che non esiste ancora perché le scelte di libero arbitrio degli agenti coscienti devono ancora essere fatte. In questa prospettiva, noi, come esseri coscienti, siamo i co-creatori del nostro mondo fisico. Lo facciamo individualmente e collettivamente, istante dopo istante e senza rendercene conto, attraverso le nostre scelte di libero arbitrio. (Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano)
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La coscienza consiste nel vivere l'esperienza nel suo svolgersi e nel comprendere ciò che sta accadendo, in modo da prendere le opportune decisioni di libero arbitrio quando necessario. Non è necessario richiamare informazioni specifiche in modo completo. La coscienza è focalizzata sul compito cruciale di cogliere il significato rilevante contenuto nel flusso dell'esperienza. La nostra scarsa memoria cosciente di oggetti specifici e di relazioni tra oggetti non dovrebbe essere presa come un'indicazione che la coscienza è un fenomeno a "larga larghezza di banda ridotta", ma che ciò che è rilevante per la coscienza potrebbe non essere ciò che il ricercatore ritiene dovrebbe essere rilevante. (Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano)
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Dalla lettura del libro In principio è la relazione di Martin Buber si capisce benissimo come la relazione sia la base di tutta l'esistenza. Dall'ambiente, dalla storia, dalla considerazione esatta di quello che siamo nasce la coscienza. (Gabriella Greison p.216 di "Ogni cosa è collegata")
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Forse nessun argomento scientifico ha ispirato più sciocchezze della meccanica quantistica. Certo, è un campo di studi complicato, con alcuni aspetti davvero misteriosi che non sono risolti con soddisfazione di tutti dopo quasi un secolo di lavoro. Allo stesso tempo, però, usare il termine quantistico per significare “semplicemente non lo sappiamo” è ridicolo e semplicemente sbagliato. La meccanica quantistica è la base di quasi tutta la nostra tecnologia moderna, dagli smartphone alle luci fluorescenti, dalle fotocamere digitali alle comunicazioni in fibra ottica. Se dovessi scegliere un secondo classificato in questo assurdo concorso a premi, sarebbe la coscienza umana, un altro argomento con molti aspetti misteriosi. Siamo fatti di materia ordinaria ma siamo autoconsapevoli, capaci di pensare astrattamente a noi stessi e di riconoscere gli altri (compresi i non umani) come entità separate con i propri bisogni. Come fisico, sono affascinato dall'idea che la nostra coscienza possa immaginare realtà diverse dalla nostra: l'universo è in un modo, ma siamo perfettamente felici di pensare a come potrebbe essere altrimenti.
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Philip Goff, William Seager e Sean Allen-Hermanson, riprendendo e approfondendo delle tassonomie e riflessioni del filosofo australiano David Chalmers, descrivono le posizioni panpsichiste contemporanee in base ad alcuni assi concettuali fondamentali:

  • Panpsichismo costitutivo vs emergentista: il panpsichismo costitutivo afferma che la coscienza umana e animale non è un fenomeno mentale fondamentale e autonomo, ma si basa su altre forme fondamentali di coscienza; laddove invece il panpsichismo non costitutivo o emergentista afferma che la coscienza umana e animale sia un fenomeno fondamentale e autonomo rispetto ad altre altre forme fondamentali di coscienza, nonostante derivi in maniera causale da specifiche interazioni fra queste ultime.

    • Il panpsichismo costitutivo pone il problema della combinazione, che si articola in varie parti: il problema della somma dei soggetti (come soggetti coscienti fondamentali e distinti si combinino per formare una singola coscienza); il problema della tavolozza (come la variegatezza della coscienza umana derivi da un insieme potenzialmente piccolo di qualità mentali fondamentali); e il problema della discordanza strutturale (come spiegare la discordanza tra la struttura della coscienza umana e la struttura del cervello).

    • Il panpsichismo emergentista si distingue invece in stratificato, a seconda che preveda una coesistenza fra gli enti coscienziali inferiori e l’ente coscienziale superiore che da essi deriva, e in fusionista, a seconda che preveda una cessazione degli enti coscienziali inferiori nel momento del loro combinarsi in un ente superiore.

  • Cosmopsichismo vs micropsichismo: il cosmopsichismo è una forma di panpsichismo che afferma che la forma di coscienza costitutiva su cui le altre si fondano è la coscienza a livello cosmico; laddove invece il micropsichismo ravvede le forme fondamentali di coscienza nel micro-livello. In entrambi i casi non bisogna confondere la coscienza con le modalità umane di coscienza pensante (pancognitivismo): le forme di esperienza a livello microscopico o a livello cosmico potrebbero essere rudimentali o caotiche, semplicissime o incoerenti (panesperienzialismo).

  • Panpsichismo vs panprotopsichismo: il panprotopsichismo sostiene che la coscienza non è un ente fondamentale, né a livello micro né a livello macro; lo sono invece delle proprietà o entità che costituiscono la base per la coscienza, delle caratteristiche "protofenomeniche". (Wikipedia)
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La teoria Penrose-Hameroff della riduzione oggettiva orchestrata (Orch OR) afferma che i calcoli quantistici nel cervello tengono conto della coscienza. La comunicazione tra i neuroni mediante la secrezione di neurotrasmettitori si basa su vescicole sinaptiche distribuite lungo i loro assoni. Il citoscheletro neuronale ha un ruolo chiave nella dinamica di queste vescicole. Negli anni ’90, Stuart Hameroff, psicologo dell’Università dell’Arizona, Tucson, USA, e Roger Penrose, fisico matematico dell’Università di Oxford, Oxford, Regno Unito, proposero che i microtubuli, le unità più piccole del citoscheletro, fossero canali per il trasferimento dell’informazione quantistica integrata responsabile della coscienza. (Francisco R. Villatoro)
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Con lo sviluppo della meccanica quantistica nel secolo scorso, gli scienziati si sono chiesti se la biologia si basi o raggiunga funzioni utilizzando la fisica quantistica. Ciò ha portato all'emergere di un campo chiamato "biologia quantistica", che è limitato ai processi biologici che sfruttano esplicitamente i meccanismi quantistici per funzioni di ordine superiore. Gli esempi includono la raccolta della luce nella fotosintesi, la magnetorecezione in varie specie, l'olfatto, e la funzione enzimatica che coinvolge reazioni di trasferimento di elettroni a lungo raggio e di trasferimento di protoni. Il modello Penrose-Hameroff di riduzione oggettiva orchestrata (“Orch OR”) propone che il calcolo quantistico abbia luogo in gruppi di microtubuli all'interno dei neuroni cerebrali, dando luogo al fenomeno della coscienza umana. Nonostante questi progressi, la biologia quantistica rimane un argomento difficile e controverso. Un problema primario è la decoerenza, un processo in cui le fasi delle funzioni d'onda quantistiche sono randomizzate per ridurre i fenomeni quantistici a processi classici. La decoerenza deriva dal disordine dinamico, o “rumore energetico”, e si prevede che sia estremamente rapida negli ambienti biologici. Ad esempio, la teoria Orch OR richiede la sovrapposizione quantistica su una scala temporale che non è attualmente accettata per i sistemi biologici, o anche chimici . Rispetto ai sistemi periodici incontaminati a temperature molto basse solitamente studiati in fisica , si ritiene che i sistemi biologici siano “caldi, umidi e rumorosi”. Le prove supportano questa ipotesi? Alla luce di tutto ciò che resta da descrivere riguardo allo studio della vita, ciò solleva la domanda più importante secondo noi: cosa sappiamo veramente della natura fondamentale e delle proprietà dell'ambiente biologico? Il concetto di “caldo, umido e rumoroso” viene proposto quando si immaginano i componenti complessi e il funzionamento di un sistema biologico come semplicemente un affare disordinato, incapace di supportare processi quantistici “delicati”. Che si tratti di accettare il comportamento quantistico o di creare una base per lo studio di questioni difficili in biologia, dovremmo riconsiderare la premessa secondo cui gli esseri viventi si fondano su macchinari non correlati e caotici? In altre parole, ci aspettiamo incoerenza in biologia? (Chanelle C. Maglia, Gregory D. Scholes)
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La meccanica quantistica suggerisce che le particelle possono trovarsi in uno stato di sovrapposizione – in due stati contemporaneamente – finché non avviene una misurazione. Solo allora la funzione d'onda che descrive la particella collassa in uno dei due stati. Secondo l'interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica, il collasso della funzione d'onda avviene quando è coinvolto un osservatore cosciente. Ma secondo Roger Penrose è il contrario. Invece che sia la coscienza a causare il collasso, Penrose ha suggerito che le funzioni d’onda collassano spontaneamente e nel processo danno origine alla coscienza. Nonostante la stranezza di questa ipotesi, recenti risultati sperimentali suggeriscono che tale processo abbia luogo all’interno dei microtubuli del cervello. Ciò potrebbe significare che la coscienza è una caratteristica fondamentale della realtà, che sorge dapprima nelle biostrutture primitive, nei singoli neuroni, per poi discendere verso l'alto fino a raggiungere reti di neuroni, sostiene Stuart Hameroff, collaboratore di Roger Penrose. (Stuart Hameroff)
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Vedremo anche che la nostra coscienza collettiva si sta spostando per trasformare i principali organi della società che definiscono il modo in cui viviamo la nostra vita pubblica: governo, affari, università, religioni e altre istituzioni. In ogni caso, mostrerò che una piccola avanguardia sta silenziosamente portando una consapevolezza matura a questi vari aspetti della società. Basandosi su numerosi esempi, vediamo come il governo può diventare snello e reattivo, gli affari stanno diventando democratici, l’istruzione sta diventando incentrata sullo studente e le religioni si stanno spostando dalla dottrina a un rapporto personale con la dimensione spirituale della vita. (Bill Halal)
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Il mondo macroscopico può esistere solo se esistono lo spazio e il tempo e quindi la fisica che lo descrive ha caratteristiche locali, mentre il mondo microscopico non ha bisogno dello spazio e del tempo ma percepisce la guida e l'informazione in maniera istantanea, in tal modo che la fisica che lo descrive viene definita "non locale". Il mondo microscopico riflette l'esistenza di un infinito al di fuori dello spazio e del tempo e non riceve l'informazione da un luogo preciso, ma la riceve da tutto l'universo la cui "locazione" viene identificata in una specie di "prespazio", sede della coscienza dell'universo, un ordine che esiste sotto il livello delle particelle fondamentali e precede le nozioni di spazio e di tempo. (Massimo Teodorani p.28 del libro "Bohm")
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Perché la coscienza è un problema così difficile? I nostri problemi con la coscienza derivano in definitiva dall’ontologia, dal fatto che la coscienza è distinta da quella fisica, o dalla nostra predisposizione psicologica a vederla come tale? Per rispondere a questa domanda, qui ho presentato un'analisi approfondita di una delle “intuizioni problema” di Chalmers: quella di Mary nella stanza in bianco e nero (come notato, tutti i casi sono discussi nel SM). Quando Mary, la neuroscienziata della visione, vede i colori per la prima volta, la sua esperienza ci sembra assolutamente nuova, forse trasformativa. La spiegazione ontologica asserisce che è così perché la coscienza è irriducibile al fisico. La spiegazione psicologica concorda sul fatto che la trasformazione nasce, in parte, da una tensione tra il fisico e il non fisico. Ma dal punto di vista psicologico questa tensione è probabilmente un’illusione. Riflette non come sono le cose (ontologicamente), ma come ci appaiono . L’illusione nasce da due vincoli psicologici: dualismo ed essenzialismo. (Iris Berent)
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Una fra le lezioni principali che i fisici hanno dovuto apprendere in questo secolo [il XX] è che tutti i concetti e le teorie che noi usiamo per descrivere la natura sono limitati. A causa delle limitazioni essenziali della mente razionale, noi dobbiamo accettare il fatto che, come si è espresso Werner Heisenberg, "ogni parola o concetto, per chiari che possano essere, hanno soltanto un campo limitato di applicabilità". Le teorie scientifiche  non potranno mai fornire una una descrizione completa e definitiva della realtà. Esse saranno sempre approssimazioni alla vera natura delle cose. Per formulare la cosa in termini molto schietti, gli scienziati non si occupano della verità; essi si occupano solo di descrizioni limitate e approssimative della realtà. (Fritjoff Capra p.43 del libro "Il punto di svolta")
PREMESSA
Jim Al-Khalili scrive: "Schrödinger sapeva che le leggi precise e riproducibili della chimica e della fisica classica, come quelle della termodinamica, basata sul moto casuale degli atomi e delle molecole, sono in realtà leggi statistiche, cioè sono vere solo in media, e sono affidabili solo perchè il numero di particelle interagenti è molto elevato."
Il moto casuale delle molecole di tutti gli oggetti inanimati (o animati come il nostro corpo) disturba i sistemi quantomeccanici che vorrebbero rilevarlo, ed è stata chiamata "decoerenza". Se vogliamo misurare degli oggetti in modo quantistico dobbiamo renderli "coerenti".
Origine delle idee di Erwin Schrödinger sulla realtà
Erwin Schrödinger ebbe da giovane una forte passione per la filosofia, e il fisico Bruno Bertotti, nella presentazione al suo libro "Schrödinger - L'immagine del mondo", scrive (pp.4-7):

Forse non è noto che egli, oltre che fisico teorico, fu anche filosofo, e filosofo della scienza in particolare. Egli racconta che alla fine della prima guerra mondiale fu chiamato a tenere una cattedra di fisica all'Università di Cernovcy, una città nella parte ucraina della Bucovina, che allora faceva parte del grande impero austro-ungarico. Accettò volentieri questo posto anche perchè sperava, in una piccola università, senza gravose responsabilità, di dedicare la maggior parte del proprio tempo ai prediletti studi filosofici. [...] La carriera universitaria di Schrödinger continuò invece in Germania (a Jena, Stoccarda e Breslau, poi a Zurigo e Berlino) e gli permise di entrare in contatto con i grandi circoli dei fisici della Mitteleuropa che avrebbero poi rivoluzionato le nostre concwzioni della materia e della luce. Forse, se l'Austria avesse vinto la prima guerra mondiale, avremmo avuto in lui un filosofo e non un premio Nobel per la fisica. [...] poiché non ha senso parlare di un mondo reale distinto ed esterno alla mia coscienza, che non è in alcuna maniera accessibile all'esperienza sensibile o all'osservazione scientifica, ci imbattiamo in quello che egli ha chiamato il "paradosso aritmetico" (cap.7). Esso consiste nella necessità di riconciliare la pluralità delle coscienze individuali e incomunicabili con i loro caratteri comuni, con l'unità del mondo. Schrödinger ebbe una percezione acuta e profonda di questa unità, probabilmente anche attraverso le sue esperienze poetiche, e fu convinto che di essa non è possibile dare una giustificazione razionale. Il substrato comune alle rappresentazioni individuali è il riflesso dell'unità della Coscienza, della quale le coscienze individuali sono un parziale e misero riflesso, come le facce di un cristallo prezioso rifrangono i vari raggi in un fascio di luce. Questa concezione si richiama alla filosofia indiana Vedanta, secondo la quale la pluralità è frutto dell' "ignoranza creatrice" e solo l'esperienza mistica conduce alla percezione della Mente universale. Questa esperienza, in particolare maturata anche attraverso la lettura del classico testo religioso del Bhagavadgita, ebbe un'importanza vitale per Schrödinger.
Che cos'è la vita secondo Schrödinger: le leggi classiche dalla decoerenza alla coerenza
Erwin Schrödinger, nel suo libro [Che cos'è la vita], che è stato considerato la fonte ispiratrice di molti scienziati e di importanti scoperte biologiche (quali ad esempio la doppia elica del DNA di Francis Crick), dà una interpretazione fisica della vita, basandosi sulla struttura dell'organismo umano e in particolare della cellula vivente, la fibre dei cromosomi, della quale egli dice che può dirsi un cristallo aperiodico. Egli infatti scrive (p.20):

La chimica organica, studiando molecole via via più complesse, è giunta molto più vicino a quel cristallo aperiodico che, secondo la mia opinione, è il portatore della vita.

Dopo questa "inaspettata" asserzione scientifica (che contribuì a far riscuotere al libro un enorme successo) Schrödinger si rivolge alle dimensioni del corpo umano, che sono molto più grandi di quelle di un atomo, non permettendo alle leggi statistiche, che dirigono il comportamento dell'organismo di operare 'ordinatamente' a causa degli incessanti moti di agitazione termica degli atomi, tranne che nei casi in cui il numero degli atomi in gioco sia molto alto (come ad esempio nel paramagnetismo).

La differenza tra fenomeni macroscopici e microscopici venne evidenziata da Schrödinger proprio in questo libro, come scrive il biologo quantistico Jim Al-Khalili nel libro "La fisica della vita" (p.63):

Schrödinger si spinse oltre la semplice osservazione che le leggi statistiche della fisica classica sono inaffidabili a livello microscopico: egli quantificò con precisione la riduzione della loro affidabilità, e calcolò che la grandezza delle deviazioni dalle leggi è inversamente proporzionale alla radice quadrata del numero di particelle coinvolte. [...] Tutte le leggi statistiche della fisica classica sono soggette a questa restrizione: sono vere per oggetti costituiti da un numero enorme di particelle, ma falliscono nella descrizione del comportamento  di oggetti composti da poche particelle. Quindi, tutto ciò che deve il suo comportamento ordinato e affidabile alle leggi classiche, deve per forza essere composto di moltissime particelle.
Tutte le leggi statistiche della fisica classica sono soggette a una restrizione: sono vere per oggetti costituiti da un numero enorme di particelle, ma falliscono nella descrizione del comportamento  di oggetti composti da poche particelle, perchè passano dalla "coerenza quantistica" alla "decoerenza". Tutte le applicazioni della meccanica quantistica devono risolvere questo problema. Ad esempio la risonanza magnetica su un corpo umano usa un fortissimo campo magnetico (solo per un tempo ristretto), per allineare gli spin dei nuclei di idrogeno del nostro corpo.
Importanza della "meiosi" nel processo di riproduzione umana
A questo punto Schrödinger, si rivolge a quell'evento che egli considera essenziale nella riproduzione di un individuo (La meiosi, è il processo di divisione cellulare che si verifica nelle cellule sessuali, in cui una cellula madre si divide in quattro cellule figlie con la metà dei cromosomi della cellula madre). Egli scrive (p.52):

L'evento essenziale, determinante nel processo di riproduzione di un individuo, non è la fecondazione ma la meiosi. Una serie di cromosomi proviene dal padre, l'altro dalla madre. Né il caso né il destino possono avere influenza su questo fatto. Ogni uomo deve esattamente la metà della sua eredità alla madre e l'altra metà al padre. Che l'una o l'altra eredità sembri talora prevalere è dovuto a un diverso ordine di cause di cui ci occuperemo nel seguito (il sesso è ovviamente il più semplice esempio di tale prevalenza).  Se però voi andate a cercare l'origine della vostra eredità all'indietro, risalendo fino ai vostri nonni, la cosa si presenta sotto un aspetto diverso. Consideriamo la mia serie paterna di cromosomi e in particolare uno di essi, per esempio il numero 5. Esso è una copia fedele o del numero 5 che mio padre ricevette da suo padre o del numero 5 ch'egli ricevette da sua madre. La scelta tra i due fu decisa, con probabilità 1:1, nella meiosi ch'ebbe luogo nel corpo di mio padre nel novembre 1886 e che produsse lo spermatozoo che pochi giorni dopo doveva essere utilizzato per dar vita a me. Esattamente la stessa storia potrebbe ripetersi per i cromosomi numero 1,2,3,.......,24, della mia serie paterna e, mutatis mutandis, per per ciascuno dei miei cromosomi materni. Inoltre, tutte le 48 scelte sono del tutto indipendenti. Anche se fosse noto che il mio cromosoma numero 5 proviene da mio nonno Josef Schrödinger, si avrebbe ancora per il cromosoma numero 7 una uguale probabilità ch'esso provenga ancora da lui oppure da sua moglie Maria nata Bogner.

La vita è un fenomeno quantistico

Riguardo all'ereditarietà il biologo quantistico Jim Al-Khalili scrive nel suo libro "La fisica della vita" (pp.64-65):

Mentre Schrodinger scriveva "Che cos'è la vita?" [...] pose una semplice domanda: i geni sono abbastanza grandi da giustificare la loro precisione sulla base  delle leggi statistiche "dell'ordine dal disordine"? [...] Se l'ereditarietà fosse basata su leggi classiche, e quindi statistiche, dovrebbe generare errori (deviazioni dalla legge) circa in uno ogni mille casi. Eppure era ben noto che i geni si trasmettevano fedelmente con percentuali (errori) di meno di uno su un miliardo. Questo livello straordinario di precisione convinse Schrodinger che le leggi dell'ereditarietà non potevano basarsi su regole classiche, di tipo 'ordine dal disordine'. Pertanto, ipotizzò che i geni fossero degli oggetti più simili ai singoli atomi o alle singole molecole: soggetti cioè alle regole non classiche, ma comunque stranamente ordinate, della scienza che egli stesso aveva contribuito a fondare: la meccanica quantistica. [...] La vita, sosteneva Schrodinger, è un fenomeno quantistico capace di volare, di camminare su due o quattro zampe, di nuotare nell'oceano, di crescere nella terra, o naturalmente di leggere questo libro.
Il salto quantistico delle mutazioni
Schrödinger si rivolge quindi all'emersione di 'mutazioni' come fenomeni quantistici. Egli scrive (p.65):

Circa quaranta anni fa l'olandese De Vries scoprì che nella discendenza di una razza anche assolutamente pura, un piccolissimo numero di individui, due o tre su decine di migliaia, mostra dei cambiamenti piccoli ma discreti. Il termine 'discreto' è qui usato non nel senso che il cambiamento sia considerevole, ma nel senso ch'esso è discontinuo, perché non vi sono forme intermedie tra la forma originaria e le poche mutate. De Vries chiamò tale fenomeno una mutazione. La caratteristica più importante di esso è la discontinuità. Esso richiama alla mente del fisico la storia dei quanti, ove appunto non possono comparire energie intermedie tra quelle di due livelli contigui.

E inoltre, nel libro "Schrödinger - L'immagine del mondo"  Schrödinger stesso scrive (a pag.108) :

E'  mia profonda convinzione che non ci sia in ciò una pura e semplice somiglianza esteriore, un'analogia di metodi, ma bensì un legame profondo, diretto ed essenziale, in quanto le mutazioni sono - a mio parere - proprio veri salti quantici- Il voler trattare l'argomento più in particolare ci condurrebbe troppo lontano. Vorrei però aggiungere un'osservazione, nella quale si riscontrerà forse in effetti una semplice analogia; ma mi sembra che si tratti tuttavia d'una cosa interessante. Noi vediamo già oggi in fisica con sufficiente chiarezza, che la nostra concezione dell'atomismo della materia e dell'energia è ancora troppo ingenua, anche se non sappiamo come si potrebbe far meglio. Le particelle non sono veramente esseri singoli, con un'individualità che si possa considerar fissa. In un certo modo vi s'insinua, sovrapponendosi, il concetto di campo, che le collega, scambia in modo incontrollabile le parti che esse sostengono, eccetera.
Differenza tra fisica "classica" e fisica quantistica
Il fisico e giornalista scientifico John Gribbin, nella sua pregevole biografia "Erwin Schrödinger - La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica", libro che è sia una biografia di Schrödinger, sia una descrizione storica della fisica quantistica e dei personaggi che l'hanno creata, scrive (pp.10-12):

La fisica quantistica non è come la la fisica classica. Non è affatto scienza missilistica; è più difficile da comprendere. Ci sono voluti i migliori scienziati, che hanno lavorato nel corso dei primi trent'anni del XX secolo, per capire cosa fosse la meccanica quantistica, e quando lo hanno capito, alcuni di loro, compreso il protagonista di questo libro, non hanno gradito ciò che era stato scoperto.
La fisica quantistica descrive principalmente il mondo su una scala estremamente piccola, oggetti della grandezza degli atomi e anche meno. Ciò che i fisici hanno scoperto, dettagliatamente (e dolorosamente), durante quei primi trent'anni del XX secolo, è che le particelle possono comportarsi come onde e le onde come particelle; che le entità quantistiche possono trovarsi in due posti nello stesso momento e che possono passare da un posto all'altro senza attraversare lo spazio che le separa; che nel mondo quantistico, dove tutto dipende dalle probabilità, non c'è alcuna certezza. [...]
Il capolavoro di Erwin Schrödinger, il lavoro per il quale è stato insignito del premio Nobel, nacque come tentativo di restituire il senso comune della fisica classica al mondo quantistico. Non svelo troppo della storia affermando che fallì e che il suo lavoro è diventato una parte integrante della nuova fisica rivoluzionaria. Ma c'era molto di più in Schrödinger del semplice rivoluzionario riluttante verso la fisica quantistica. Uno degli aspetti più affascinanti di Schrödinger in quanto fisico - che sta alla base della sua riluttanza verso la rivoluzione alla quale egli stesso aveva preso parte - consisteva nel fatto che, sebbene avesse fornito un notevole contributo alla nuova scienza del XX secolo, era cresciuto nella tradizione scientifica del secolo precedente.
Schrödinger non era solo un fisico. Era un seguace di Arthur Schopenhauer, con uno spiccato interesse per la filosofia e la religione orientale, in particolare per la filosofia vedica indù e l'idea di un'unica coscienza cosmica onnicomprensiva. Studiò la visione dei colori e scrisse un libro, "Che cos'è la vita?", che Francis Crick e James Watson, indipendentemente l'uno dall'altro, hanno definito il libro che maggiormente influenzò il lavoro che li condusse alla scoperta della doppia elica del DNA. [...] Il suo primo tentativo di allontanarsi dall'Europa ormai influenzata dal nazismo fallì quando si presentò a Oxford con la moglie e con l'amante, offendendo l'istituzione accademica senza fare alcun tentativo di celare una modalità di vita condivisa anche dalla moglie e dai suoi amanti. [...] Schrödinger era un anticonformista anche sotto altri aspetti. Nell'ultimo periodo del convenzionalismo imposto dall'Impero Prussiano, quando era docente universitario, rifiutava di indossare la cravatta e si vestiva in modo così informale che veniva spesso scambiato per uno studente o a volte per un vagabondo. In almeno un'occasione trovò difficoltà ad accedere a un importante convegno scientifico in quanto raggiungeva la sede a piedi, piuttosto che andare in treno, e si presentava direttamente dalla strada, vestito da escursionista e con lo zaino sulle spalle.
L'equazione di Schrödinger
Schrödinger: un rivoluzionario riluttante verso la fisica quantistica
Il Poliamore di Erwin
Il Poliamore aiutò la ricerca scientifica
Schrödinger e la moglie avevano le loro idee (controcorrente per quell'epoca) sui rapporti matrimoniali. Entrambi ebbero amanti, e questo aiutò il fisico a sviluppare le sue idee nei momenti critici. Per questo motivo l'Università di Graz stava per licenziare il fisico vincitore del premio Nobel, e ci volle un sotterfugio per aiutarlo a fuggire via Roma e Ginevra fino a Oxford, dove Schrödinger si presentò con moglie e amante. Loro amavano e praticavano il "poliamore". La moralità dissoluta del trio era un affronto alla sensibilità degli accademici di Oxford e così, nel 1939, si trasferirono in Irlanda. Ciò diede a Erwin Schrödinger libero sfogo nel perseguire i suoi interessi per la fisica, la filosofia orientale e l'induismo e chiudere un occhio sulle stravaganze sessuali della coppia.
Schrödinger, non ebreo, rifiutò di dichiarare fedeltà al regime nazista
Erwin Schrödinger fu un personaggio eccentrico e fuori dalle righe in ogni aspetto della sua vita. Egli fu tra i pochi professori non ebrei a rifiutare di dichiarare la propria fedeltà al regime nazista.
Polyamory
Il poliamore è, come sottolinea il termine stesso, espressione di sentimenti, ricerca dell'intimità (anche erotico-sessuale) e dell'affettività con più persone (consapevoli e informate) contemporaneamente. Vuole essere un orientamento relazionale dove affettività, amore e sesso convivono in perfetta armonia. Per approfondire: Wikipedia
Una generazione di "geni" della fisica
fisica quantistica
Bruxelles, 1927. Le menti più brillanti di una generazione, e forse della storia, si riuniscono al quinto congresso Solvay, un incontro triennale organizzato da un industriale belga e dedicato quell’anno al nuovo paradigma della fisica dei quanti. Difficile trovare una foto con un maggior numero di geni: delle ventinove persone disposte su tre file, diciassette avevano vinto un Nobel e lo avrebbero vinto di lì a poco. Una ne avrebbe vinti addirittura due, ed è l’unica donna della foto: Marie Curie. Al centro, l'emblematica figura di Einstein, con i capelli più addomesticati del solito. E poi, solo per citarne alcuni, Heisenberg, Lorentz, Bohr, Planck, Dirac, Pauli, De Broglie. Insomma, un vero e proprio dream team dei cervelli. E in ultima fila, in piedi giusto dietro Einstein, ecco spuntare come una mosca bianca Schrödinger – l’unico in doppio petto di lino chiaro e papillon, gli inconfondibili occhialetti tondi, un sorriso vagamente enigmatico.
John Gribbin scrive: "Il capolavoro di Erwin Schrödinger, il lavoro per il quale è stato insignito del premio Nobel, nacque come tentativo di restituire il senso comune della fisica classica al mondo quantistico.
Cosa ha detto Erwin Schrödinger: "niente è reale"
La fisica Gabriella Greison descrive il paradosso del gatto di Schrödinger con l'intento di riportarlo all'interno del senso comune.
La visione del mondo di Schrödinger
Il fisico e giornalista scientifico John Gribbin, nel suo libro "Erwin Schrödinger - La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica", a proposito della visione del mondo di Erwin Schrödinger, pubblicate con il titolo "La mia visione del mondo, la mia vita" del 1925, scrive (pp.93-95):

La parte iniziale del saggio di Schrödinger del 1925 dimostra come egli fosse ben consapevole di quello che stava accadendo in Europa in quel periodo e fosse ancora molto turbato dalle sue esperienze personali. Scrisse: 'S'è fatto largo, per così dire, un generale atavismo, e l'uomo occidentale minaccia di regredire del tutto allo stadio precedente della sua evoluzione, che male aveva superato: un egoismo rozzo e senza limiti solleva il volto ghignante e allunga quel pugno temprato da una lunga consuetudine verso il timone della nave abbandonata a se stessa'. Non stupisce il fatto che Schrödinger, sconcertato da questa visione si sia avvicinato alla filosofia vedica del mondo. Nel testo La mia visione del mondo, la mia vita, egli descrive come "davvero troppo infantile" l'idea che '"un'anima dotata di esistenza propria abiti il corpo come una casa per poi uscirne in punto di morte'" e si pone quattro quesiti per i quali, secondo lui, non ci sono responsi positivi o negativi, ma rimandano l'uno all'altro in un movimento circolare:

Esiste un io?
Esiste un mondo oltre il mio io?
Cessa l'io d'esistere con la morte corporea?
Cessa il mondo di esistere con la mia morte corporea?

Il fulcro del saggio è la versione di Schrödinger della "filosofia vedica", che fornisce risposte a tali quesiti sostenendo che esiste un'unica coscienza e che noi tutti (e, sicuramente, il resto della natura) siamo parte di essa, come le diverse sfaccettature di una pietra preziosa:

E' impossibile che questa unità di conoscenze volontà sentimenti, che tu riconosci per tua, sia sorta a un dato momento dal nulla, non molto tempo fa; sentimenti, conoscenze e volontà sono piuttosto, nella loro essenza, eterni e immutabili, un'unità comune a tutti gli uomini, anzi a tutti gli esseri dotati di sensibilità.

Questa entità universale e unica è conosciuta come Brahma. Schrödinger afferma: "L'intuizione di questa verità, che raramente accompagna l'individuo nelle sue azioni, è alla base d'ogni atto che abbia valore morale".

Che cosa è reale? Scritto nel 1960, questo saggio contiene l'affermazione drammatica: "Non ho quindi alcuna esitazione nell'affermare che supporre un mondo materiale come realmente esistente per dar ragione al fatto che "viviamo tutti nello stesso mondo" è un assunto d'ordine mistico e  metafisico". In altre parole, niente è reale. Sebbene Schrödinger giunse a questa conclusione su basi metafisiche, c'era una certa assonanza con l'interpretazione standard delle implicazioni della seconda rivoluzione quantistica, alla quale prese parte nel 1926. Schrödinger cominciò ad allontanarsi dalle sue riflessioni filosofiche e dalla tranquilla vita a Zurigo per divenire uno dei principali protagonisti di questa rivoluzione grazie alla scoperta di un nuovo modo - quello corretto - di contare i fotoni.
Dalla fisica quantistica alla psicoanalisi: nascita della Psicologia analitica
La fisica Gabriella Greison, a proposito della lunga relazione professionale tra il fisico Wolfgang Pauli  (che spiegava la fisica quantistica allo psicoanalista) e Carl Gustav Jung (che analizzava il fisico), nel suo libro "Ogni cosa è collegata" scrive (pp. 109-110):

Jung si interrogò a lungo sulle immagini, sui simboli. Voleva sviluppare una visione psicologica che comprendesse il metafisico e l'irrazionale. Per procedere nella stesura della sua teoria, si fece ispirare da un passaggio del 'Faust' di Goethe che si riferisce alla continuità della cultura e della storia culturale, cioè guardando alla storia poteva trovare gli elementi che compongono la mente. Fu ispirato dagli scritti di Schopenhauer e Nietzsche. [...] Ma Jung vide qualcosa in più in Schopenhauer: le rappresentazioni a noi visibili emergono da un mondo invisibile sottostante, ed è quella la dimora della realtà fisica ultima. Sicuramente per lui questo significava che l'energia mentale e psichica poteva essere fatta risalire a nodi  di energia nell'inconscio, vale a dire gli archetipi. [...]  Una sua prima conclusione lo portò a dire che le immagini dei sogni provenivano dall'inconscio collettivo e venivano trasmesse al suo conscio. Nel 1916 trasferì tutte le sue note riguardanti i sogni  in quello che chiamò "Il libro rosso, un libro riccamente illustrato alla maniera di un manoscritto medievale. Jung non permise a nessuno di vedere questo libro mentre era in vita. [...] Nello stesso anno Jung dipinse il suo primo mandala. Quel disegno nacque dentro di lui, e disse che non aveva capito perché lo avesse dipinto, o cosa significasse. L'arte, a quanto pare, scaturiva dall'inconscio. Convinto che le sue fantasie fossero spontanee e autocreate, concluse che un mandala era un messaggio che diceva chiaramente quando il conscio e l'inconscio si fondevano per diventare uno: il Sé che diventava il tutto. L'apparizione di un mandala in sogno era sintomo di stabilità e pace interiore. Esattamente quello che Jung aveva provato quando lo aveva dipinto la prima volta. Il passo successivo per Jung fu di riunire tutte queste intuizioni, e chiamò la sua nuova versione della psicologia "psicologia analitica".

Per leggere una breve recensione del libro di Gabriella Greison scritta da Franco Mattarella andare alla pagina "Recensione".
Per approndire il tema della relazione Pauli-Jung andare alla pagina "Jung e Pauli".
NEURODINAMICA: Roger Penrose e Stuart Hameroff propongono una teoria sulla coscienza basata sui microtubuli
Massimo Teodorani descrive il modello della coscienza cerebrale nel libro "Entanglement", dove scrive (pp.67-70):

Ancora oggi molte persone continuano a credere che il cervello - con i suoi 100 miliardi di neuroni ognuno dei quali contiene dalle 1000 alle 10000 sinapsi agenti come interruttori che funzionano centinaia di volte al secondo e con un numero di operazioni di circa 1015 processi al secondo - funzioni semplicemente come un computer da scrivania. Eppure le ricerche di Pribram sul cervello olografico sembrano fornirci un quadro ben differente in merito al modo in cui le nostre percezioni e i nostri ricordi si manifestano. Non che il cervello non sia importante, anzi  è indispensabile alla realizzazione di processi basilari, ma le ricerche più avanzate dimostrano che la nostra coscienza non è il semplice frutto di "processi lineari", ma va ben oltre. A dire questo non sono oscuri o frustrati pensatori, bensì due tra le più grandi menti dell' establishment che il mondo conosca: il matematico e fisico teorico britannico Roger Penrose e l'anestesiologo e neurobiologo statunitense Stuart Hameroff. Questi due geni, unendo il loro sapere e la loro tenacia sono riusciti a mettere in piedi il più sofisticato modello biofisico in grado di spiegare come emerge il meccanismo della coscienza e quale ruolo esatto ha in tutto questo il cervello. [...] L'architettura dinamica di tutto il processo ha le sue radici nell'entanglement quantistico. Il luogo principale del cervello ove si realizza uno stato di entanglement sono i "microtubuli". I microtubuli rappresentano la principale componente del citoscheletro delle cellule, il quale costituisce una specie di ossatura delle stesse. Si è scoperto che proprio i microtubuli sono il sistema nervoso e "circolatorio" delle cellule. Essi muovono qualunque cosa nelle cellule, ne organizzano la forma e la funzione e comunicano con le membrane e con il DNA nucleare. I microtubuli sono vere e proprie unità dotate di intelligenza propria, al punto tale che un essere elementare unicellulare come il paramecio è in grado di nuotare, di imparare, di evitare i predatori, di trovare cibo e di riprodursi, solo grazie ai microtubuli, e senza il bisogno delle sinapsi (dato che ne è privo). Inoltre, questa forma elementare di intelligenza dei microtubuli fu verificata direttamente dagli esperimenti di Hameroff sulla divisione cellulare nelle cellule normali e cancerose: egli si accorse infatti della straordinaria capacità dei cromosomi di separarsi in maniera estremamente precisa grazie all'azione regolatrice dei microtubuli. In tal modo i microtubuli dimostrano di comportarsi come dei veri e propri processori di informazione, e infatti non sono stati scelti a caso da Hameroff come principali mediatori della coscienza. Inoltre, la struttura molto simile a cristalli liquidi dei microtubuli, il carattere di coerenza dimostrato dimostrato sia da una struttura simile ai condensati di Bose-Einstein o ai superconduttori, che da fenomeni di "super-radianza" caratterizzati dall'emissione di biofotoni dai microtubuli stessi, ne fanno un terreno ideale affinchè abbiano luogo effetti quantistici eclatanti, anche considerando che le particolare condizioni di isolamento dei microtubuli grazie alla mediazione di un tipo di "gel" li rendono sufficientemente inattaccabili dal fenomeno della decoerenza. [...] Nelle sue ricerche sui cromosomi, Hameroff si è nel tempo reso conto che i microtubuli rappresentano il vero sistema nervoso delle cellule, ma soprattutto studiando la componente dei microtubuli presenti in gran numero nei neuroni cerebrali, egli ha scoperto che la struttura di questi microscopici organi cellulari, a loro volta costituiti in gran numero da un tipo di proteina denominata "tubulina", è simile a circuiti on-off di un computer: in tal modo le tubuline all'interno dei microtubuli possono giocare al ruolo di "Bit" ma, come vedremo in seguito, non si tratta di Bit convenzionali, bensì di "Qbit" ovvero bit quantistici. L'idea di focalizzare l'attenzione sui microtubuli come oggetti quantistici è motivata dalla necessità di trovare un ambiente adatto ove si permetta che gli stati quantistici possano vivere sufficientemente a lungo prima che le interazioni con il tipico ambiente tiepido e liquido del cervello li distruggano. Ma i microtubuli sono un luogo ideale perché le tubuline al loro interno possono permanere per un certo tempo in fase di sovrapposizione quantistica, mentre al contempo i microtubuli presenti nel cervello si trovano tra loro in perfetto stato di entanglement. Ma queste due proprietà - la sovrapposizione e l'entanglement - vengono usate proprio nei computer quantistici, dove ciò che conta non sono i bit fatti di stati che alternativamente possono essere 0 o 1, ma i Qbit, che rappresentano sovrapposizioni di 0 e 1. Nei computer quantistici i Qbit comunicano istantaneamente per mezzo del meccanismo dell'entanglement: ciò permette di effettuare calcoli incredibilmente veloci. Poi quando qualcuno osserva o misura i Qbit, il loro stato di sovrapposizione collassa in maniera tale che vengono scelti gli stati di 0 o 1. La computazione quantistica in sé è algoritmica, ma solo all'istante del collasso degli stati quantistici sovrapposti avviene un'influenza non-algoritmica innescata da un elemento che - come si vedrà in seguito - sembra sconfinare con la metafisica, ma che è in realtà radicato nella realtà più fondamentale dell'universo.
Un'immagine proposta provvisoriamente di un evento cosciente mediante calcolo quantistico in un microtubulo. | Crediti: Hameroff e Penrose (2014)
NEURODINAMICA: La differenza tra l'Universo e l'essere umano
Massimo Teodorani descrive la differenza tra l'universo e l'essere umano nel libro "Entanglement", dove scrive (pp.46-47):

L'unica grande differenza tra l'universo e l'uomo - l'uomo della società razionale e scientifica di oggi - è che mentre il corpo dell'universo - le sue particelle - sembra cogliere a ogni istante le informazioni inviate dal potenziale quantico universale, l'uomo pur cogliendole non è in grado di decifrarne il significato più profondo. La ragione di ciò è che la società odierna, in particolare quella occidentale, è completamente guidata dalla mente razionale - esplicata dall'emisfero sinistro del cervello - mentre l'altra parte - quella intuitiva ed esplicata dall'emisfero destro - è isolata e come fine a se stessa. Non c'è reale interazione tra la parte razionale e quella intuitiva: ciò avviene solo nei grandi geni della scienza e dell'arte. Ma l'umanità nel suo complesso è come "monocromatica" (o meglio monomaniaca): l'esclusivo utilizzo della mente razionale porta inevitabilmente a perseguire esclusivamente i beni materiali. Al contrario, le cose che hanno un "significato" oggi perdono sempre più di senso, a favore di un materialismo sfrenato, che ci ha allontano dalla matrice reale in cui anche noi siamo immersi. Noi semplicemente non sappiamo di essere come gli elettroni! E di far parte di un piano grandioso le cui radici si trovano al di là del tempo e dello spazio. I nostri sogni, le nostre intuizioni, le nostre sincronicità, o anche certi eventi paranormali ci appaiono come fenomeni misteriosi e incomprensibili, concentrandoci troppo sui quali si può giungere alla pazzia. E questo è assolutamente vero! Vivere in una sola dimensione - o solo la razionalità o solo il lato intuitivo . è vivere monchi e in entrambi i casi ciò porta alla follia, anche collettiva. Come una stranissima sincronicità improvvisamente meno di un secolo fa sbocciò il "fenomeno Bohm", ma anche i "fenomeni Jung e Pauli", come se la coscienza collettiva dell'umanità avesse avuto un bisogno improvviso di integrarsi con l'universo. Non con i pennelli del pittore, o con i virtuosismi matematici dello scienziato, ma con entrambi insieme! Bohm, Jung e Pauli hanno rappresentato una specie di "reazione fisiologica" dell'umanità a una sua crisi di vuoto e infatti sono apparsi perchè l'organismo umano nella sua globalità ne aveva improvvisamente bisogno. L'umanità aveva e ha tuttora bisogno di un modo nuovo di comprendere l'universo, ma un modo scientifico e non sciamanico. Il modello di Bohm ci insegna tutto questo. E ci fa sospettare che il potenziale quantico e il fenomeno dell'entanglement non si ingenerino solo  nel mondo delle particelle elementari, ma anche in qualche recondita parte della nostra psiche.
Massimo Teodorani scrive: "Bohm, Jung e Pauli hanno rappresentato una specie di "reazione fisiologica" dell'umanità a una sua crisi di vuoto e infatti sono apparsi perchè l'organismo umano nella sua globalità ne aveva improvvisamente bisogno. L'umanità aveva e ha tuttora bisogno di un modo nuovo di comprendere l'universo, ma un modo scientifico e non sciamanico. Il modello di Bohm ci insegna tutto questo. E ci fa sospettare che il potenziale quantico e il fenomeno dell'entanglement non si ingenerino solo  nel mondo delle particelle elementari, ma anche in qualche recondita parte della nostra psiche."
In che modo interpretiamo nuove informazioni
Lo psicoterapeuta Doriano Dal Cengio scrive nel suo libro "La realtà delle cose" (pp.209-212):

Siamo tutti stati educati in famiglia e a scuola a osservare il mondo secondo una logica newtoniana, di conseguenza siamo un po' tutti portati a pensare che la realtà è stabile e definita, è quella che vediamo con i nostri occhi, che percepiamo con i nostri sensi e che interpretiamo con  il nostro pensiero. Siamo portati a credere, secondo una logica lineare, che il prima determina il dopo, che ogni causa produca un effetto, siamo convinti che il passato condiziona il presente e determina il futuro. Più siamo dentro a queste convinzioni e più si restringono le possibilità di movimento, le possibilità di scelta, perché la struttura della realtà è solo quella e si immagina non possa essere diversa. [...qui è necessario il pensiero critico] Detto in altre parole, se sono convinto, per svariati motivi, che le persone con cui entro in relazione e con cui condivido tempo, interessi e situazioni alla fine mi rifiutano, mi evitano, mi allontanano, sarò inconsapevolmente portato a vedere e a cogliere tutte quelle circostanze, quelle sfumature, che mi confermano la convinzione di partenza: loro non mi amano, non mi accettano e quindi mi rifiutano. [...qui è necessario lo psicoterapeuta] Se in fondo penso di avere scarse capacità e un basso livello di autostima perché non ho avuto genitori "perfetti" che mi hanno insegnato ad apprezzarmi e a valorizzarmi, è molto probabile che mi muoverò nella vita facendo scelte che mi confermeranno le mie incapacità. [...qui è necessario lo psicoterapeuta] E' l'assioma, la convinzione o il paradigma di partenza che condiziona la percezione, la valutazione e la conclusione che poi ne consegue, se cambia l'assioma di partenza si modifica tutto il processo percettivo e di conseguenza cambia l'interpretazione della realtà. Siamo esseri abitudinari, abbiamo bisogno di conferme, abbiamo bisogno di sapere che la nostra realtà è stabile ed è quella che abbiamo definito e tradotto in convinzioni, che sono strumenti concettuali di tipo interpretativo [...qui è necessario il pensiero critico]. (p.220) Parlare di libertà di scelta, parlare di responsabilità, parlare di modificare il proprio destino, per essere protagonisti della propria storia significa in sostanza, darsi il permesso, come direbbe Eric Berne, di guardare da un'altra parte, di esplorare altre dimensioni, sperimentare situazioni diverse, di uscire da ruoli predefiniti, per poter imparare a vedere e vivere cose nuove.
Per acquisire nuove credenze abbiamo bisogno di nuove informazioni da interpretare, prima di decidere se farle nostre. Questo difficile compito, per coloro che non ci riescono (malati di mente, traumatizzati, ecc.) è affidato agli psicoterapeuti. In ogni caso, anche le persone normali, quando si trovano di fronte a informazioni che stravolgono le credenze possedute subiscono un "trauma epistemico" che le mette in difficoltà e che necessita di tempo e ulteriori conferme prima di essere accettate. Questo è, ad esempio, il caso dell'accettazione della meccanica quantistica che, inizialmente sconvolse anche il grande Albert Einstein.
NEURODINAMICA: Cosa sono i microtubuli
Massimo Teodorani descrive il modello della coscienza cerebrale nel libro "Entanglement", dove scrive (pp.67-70):

I microtubuli sono dunque una componente fondamentale - un tempo trascurata (allo stesso modo in cui è stato trascurato il "DNA fantasma" di Gariaev) dei neuroni del cervello. Ma i microtubuli abitano anche nelle cellule eucariote, o in altre forme particolarmente primitive di vita come il paramecio o le amebe. Questi esseri sono privi di neuroni e di sistema nervoso, eppure grazie ai microtubuli riescono a compiere operazioni elementari di intelligenza. Ma come sono fatti i microtubuli? Si tratta di piccolissimi tubi allungati, di dimensioni di pochi nanometri di diametro, un pò simili a pannocchie di granturco allungate, mentre i chicchi di grano simulerebbero proprio le tubuline. Essi rappresentano la struttura più profonda dei neuroni e ne garantiscono la connessione collettiva, dal momento che sono i microtubuli a permettere il trasporto delle molecole neurotrasmettitrici.
Microtubuli (coscienza)
Gli organuli subcellulari dei neuroni, e in primo luogo i microtubuli neuronali, si modificano e attivano una serie coerente di reazioni cellulari, concretizzando nel tessuto vivente i concetti astratti. Questa serie di reazioni porta tutti gli atomi delle molecole del corpo in uno stato di maggiore funzionalità. Questo fenomeno prende il nome di “coerenza quantistica” che, applicata alla funzione neuronale, comporta la formazione del momento conscio, cioè di uno stato proprio di coscienza.
Microtubuli (struttura)
I microtubuli sono strutture proteiche di forma cilindrica. Il loro diametro è di 25 nm e sono quindi le strutture di dimensioni maggiori. All’interno presentano una cavità di 15 nm che lascia intendere che lo spessore della parete sia di circa 10 nm. Sono composti di monomeri di tubulina.
Massimo Teodorani scrive: "Ma come sono fatti i microtubuli? Si tratta di piccolissimi tubi allungati, di dimensioni di pochi nanometri di diametro, un pò simili a pannocchie di granturco allungate, mentre i chicchi di grano simulerebbero proprio le tubuline. Essi rappresentano la struttura più profonda dei neuroni e ne garantiscono la connessione collettiva, dal momento che sono i microtubuli a permettere il trasporto delle molecole neurotrasmettitrici.
NEURODINAMICA: perchè il cervello è quantistico come i computer quantistici
Massimo Teodorani descrive il modello della coscienza cerebrale nel libro "Entanglement", dove scrive (pp.67-70):

Nelle sue ricerche sui cromosomi, Hameroff si è nel tempo reso conto che i microtubuli rappresentano il vero sistema nervoso delle cellule, ma soprattutto studiando la componente dei microtubuli presenti in gran numero nei neuroni cerebrali, egli ha scoperto che la struttura di questi microscopici organi cellulari, a loro volta costituiti in gran numero da un tipo di proteina denominata "tubulina", è simile a circuiti on-off di un computer: in tal modo le tubuline all'interno dei microtubuli possono giocare al ruolo di "Bit" ma, come vedremo in seguito, non si tratta di Bit convenzionali, bensì di "Qbit" ovvero bit quantistici. L'idea di focalizzare l'attenzione sui microtubuli come oggetti quantistici è motivata dalla necessità di trovare un ambiente adatto ove si permetta che gli stati quantistici possano vivere sufficientemente a lungo prima che le interazioni con il tipico ambiente tiepido e liquido del cervello li distruggano. Ma i microtubuli sono un luogo ideale perché le tubuline al loro interno possono permanere per un certo tempo in fase di sovrapposizione quantistica, mentre al contempo i microtubuli presenti nel cervello si trovano tra loro in perfetto stato di entanglement. Ma queste due proprietà - la sovrapposizione e l'entanglement - vengono usate proprio nei computer quantistici, dove ciò che conta non sono i bit fatti di stati che alternativamente possono essere 0 o 1, ma i Qbit, che rappresentano sovrapposizioni di 0 e 1. Nei computer quantistici i Qbit comunicano istantaneamente per mezzo del meccanismo dell'entanglement: ciò permette di effettuare calcoli incredibilmente veloci. Poi quando qualcuno osserva o misura i Qbit, il loro stato di sovrapposizione collassa in maniera tale che vengono scelti gli stati di 0 o 1. La computazione quantistica in sé è algoritmica, ma solo all'istante del collasso degli stati quantistici sovrapposti avviene un'influenza non-algoritmica innescata da un elemento che - come si vedrà in seguito - sembra sconfinare con la metafisica, ma che è in realtà radicato nella realtà più fondamentale dell'universo.
Il cervello umano è quantistico?
L'astrofisica e scrittrice scientifica Elizabeth Fernandez ci chiede di considerare se i processi quantistici potrebbero aiutarci a capire meglio come funziona il cervello e a far luce sulla coscienza: alcuni scienziati sospettano che i processi quantistici, incluso l’entanglement, potrebbero aiutarci a spiegare l’enorme potere del cervello e la sua capacità di generare coscienza. Recentemente, gli scienziati del Trinity College di Dublino, utilizzando una tecnica per testare la gravità quantistica, hanno suggerito che l’entanglement potrebbe essere all’opera nel nostro cervello. Se i loro risultati fossero confermati, potrebbero rappresentare un grande passo avanti verso la comprensione di come funziona il nostro cervello, compresa la coscienza.
NEURODINAMICA: fenomeni paranormali PSI
Massimo Teodorani descrive i fenomeni paranormali e la coscienza globale nel libro "Entanglement", dove scrive (pp.103-104):

Ora focalizzeremo l'attenzione su fenomeni strani - definiti "paranormali" dalla cultura standard - la cui manifestazione sembra ricalcare in molti aspetti i caratteri prettamente quantistici di non-località dell'entanglement. Scientificamente questi fenomeni vengono oggi generalmente indicati con il termine "Psi", ovvero: fenomeni psichici. [...] Ricercatori accademici (sia fisici che psicologi) molto qualificati (vedi elenco sul libro) ci hanno dimostrato in maniera chiara che il cosiddetto "paranormale" è una realtà. Ma ancora non ne conosciamo i meccanismi fisici, anche se molte manifestazioni sembrano indicare che il processo in atto sia molto simile all'entanglement. Praticamente tutti questi scienziati - anche con il consistente apporto teorico e morale di David Bohm, Carl Jung, Wolfgang Pauli e Basil Hiley - studiando in varia maniera alcune manifestazioni del paranormale, sono arrivati a intuire che probabilmente non è esattamente la meccanica quantistica a governarli, bensì che la meccanica quantistica sarebbe solo la punta di un gigantesco iceberg completamente sommerso, che emergerebbe saltuariamente solo quando avvengono certe anomalie come ad esempio i fenomeni paranormali. Questi fenomeni sembrano indicarci che la mente stessa sarebbe una specie di trasmettitore non-locale, in grado di determinare fenomeni come la telepatia, la premonizione, la visione a distanza, la telecinesi e la stessa sincronicità Junghiana. Ci sarebbe allora un modello di funzionamento sincronico dell'universo che va ben oltre il semplice entanglement di particelle di materia come gli elettroni. L'entanglement particellare sarebbe solo un corollario di una legge più grande, e al contempo la meccanica quantistica sarebbe solo una parte di una teoria fisica più vasta che ancora non conosciamo, ma di cui riusciamo a malapena a intravedere gli effetti. [...] Ebbene, quello che gli sperimentatori trovano nelle ricerche Psi  è che esiste una connessione non-locale tra varie menti: ma questo è esattamente quello che succede quantisticamente tra particelle! Ecco perché c'è da ritenere che la scala dell'entanglement debba essere ben più vasta di quella particellare. Per cui i fenomeni Psi sarebbero una dimostrazione che su vasta scala non c'è la decoerenza, almeno a livello di coscienza. In tal caso l'esperienza Psi non sarebbe altro che l'esperienza umana dell'interconnessione quantistica.
Coscienza nel cervello umano secondo Penrose ed Hameroff
In base ai calcoli, si è in grado di stabilire che per generare un momento di coscienza corrispondente alla riduzione orchestrata, sia necessario un numero di 109 tubuline. Questa seconda fase innesca, automaticamente in seguito al collasso della funzione d’onda, i normali processi elettrici tramite i quali neuroni e sinapsi comunicano tra loro tramite segnali convenzionali.

David Chalmers e "The hard problem" della coscienza
E' il tuo rosso uguale al mio rosso? Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere. In un certo senso, il rosso che vedo è lo stesso rosso che vedi tu. Siamo tutti costruiti (quelli che non sono daltonici) per vedere lo spettro visibile della luce da 390 nanometri (viola) a 750 nanometri (rosso). Quindi, quando vedo una mela rossa, rileviamo la luce con frequenza di 400–484 THz con lunghezza d'onda 620–750 nm. Il nostro cervello è stato addestrato e condizionato a percepire quella frequenza come "Rossa". Tuttavia, poiché non c'è modo di sapere cosa "vede" il cervello e come sviluppa l'immagine, non c'è modo di sapere se il "colore" dato alle frequenze "rosse" nel mio cervello è lo stesso "colore" dato alle frequenze "rosse" nel cervello di altre persone. Questo è il motivo per cui è impossibile descrivere il "rosso" ai non vedenti o ai daltonici poiché non abbiamo un modo reale per descriverlo senza usare aggettivi (il rosso è caldo, invitante, sensuale, ecc.). Possiamo descriverlo in termini di lunghezza d'onda e frequenza e altri termini scientifici, ma quei termini sono privi di significato nell'aiutarci a capire quei colori a meno che non possiamo effettivamente "vederli". Questa impossibilità di descrivere un'esperienza è ciò che il filosofo David Chalmers ha chiamato "The hard problem" della coscienza.
The hard problem
coscienza
E' il tuo rosso lo stesso del mio rosso?
Il problema difficile della coscienza di David Chamers
La giornalista scientifica Edith Sanchez scrive ( bibliografia 2022):

David Chalmers, uno dei filosofi che ha studiato di più il panpsichismo, sottolinea che la coscienza, nonostante i progressi, è tutt’ora un argomento oscuro su cui abbiamo ancora molto da scoprire. Indica che, in termini generali, si può parlare di un problema “facile” e di uno “difficile” riguardo al conscio.
Il problema di facile soluzione della coscienza è spiegare scientificamente i fenomeni coscienti. Ad esempio, individuando il momento e il modo in cui l’occhio coglie un colore, osservando le parti del cervello che si attivano. Il difficile è che non c’è modo di sapere come ogni soggetto viva internamente questa situazione. In altre parole: come vede il rosso? Quello che vede è lo stesso che vedo io?
In definitiva, ciò di cui parlano Chalmers e il panpsichismo è che ci sono esperienze interne in ogni soggetto, e forse oggetto, che non sono rilevabili attraverso gli strumenti a disposizione della scienza.
E' il tuo rosso uguale al mio rosso? Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere, se si dispone solo della scienza convenzionale (newtoniana) e del riduzionismo, ma con la meccanica quantistica il problema potrebbe essere risolto prossimamente? David Chalmers nel suo articolo del 1997 analizza le varie proposte risolutive: "Moving Forward on the Problem of Consciousness".

Iris Berent scrive nel 2023: "La coscienza rappresenta un “problema difficile” per gli studiosi. La posta in gioco è il modo in cui il corpo fisico dà origine all'esperienza soggettiva. Perché la coscienza sia “dura”, tuttavia, è incerto. Una possibilità è che la sfida nasca dall’ontologia, perché la coscienza è una proprietà/sostanza speciale irriducibile al fisico. Qui mostro come il “problema difficile” emerga da due pregiudizi intuitivi che si trovano nel profondo della psicologia umana: essenzialismo e dualismo. Per determinare se un'esperienza soggettiva è trasformativa, le persone giudicano se l'esperienza appartiene alla propria essenza e, secondo l'essenzialismo, la propria essenza si trova all'interno del proprio corpo. Gli stati psicologici che sembrano incarnati (ad esempio, “visione dei colori” ∼ occhi) possono quindi dare origine a un'esperienza trasformativa. Secondo il dualismo intuitivo, tuttavia, la mente è distinta dal corpo e gli stati epistemici (conoscenza e credenze) sembrano particolarmente eterei. Ne consegue che la percezione cosciente (ad esempio, “vedere il colore”) dovrebbe sembrare più trasformativa della conoscenza cosciente (ad esempio, la conoscenza di come funziona la visione dei colori). Criticamente, la trasformazione avviene proprio perché l’esperienza percettiva cosciente sembra prontamente incorporata (piuttosto che distinta dal corpo fisico, come suggerisce la spiegazione ontologica). In linea con questa proposta, cinque esperimenti mostrano che, dal punto di vista dei laici (a) l'esperienza è trasformativa solo quando sembra ancorata al corpo umano; (b) acquisire un'esperienza trasformativa determina un cambiamento corporeo; e (c) l'entità della trasformazione è correlata sia con (i) l'incarnazione percepita di quell'esperienza, sia (ii) con le intuizioni dualiste, in generale. Questi risultati non possono risolvere la questione ontologica se la coscienza sia distinta dal fisico. Ma suggeriscono che le radici del “problema difficile” sono in parte psicologiche."
Una nuova ipotesi sulla coscienza
Negli anni trenta del Novecento probabilmente i tempi non erano maturi affinché la comunità scientifica potesse accettare le ipotesi metafisiche sulla realtà di Erwin Schrödinger e Wolfgang Pauli.
Ma quasi cento anni dopo, nel 2013-2022, la cultura mondiale potrebbe  essere pronta a recepire le idee metafisicamente stravolgenti sulla natura della realtà e della coscienza avanzate dai fisici Roger Penrose e Stuart Hameroff o da quelle dei fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano.
L'ipotesi dei fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano
L'ipotesi dei fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano è la seguente: "Esploriamo asserzioni teoriche precise sulla coscienza, a partire da una soluzione psico-informativa non riduttiva del difficile problema di David Chalmers, basata sull'ipotesi che una proprietà fondamentale dell'"informazione" è la sua esperienza da parte del "sistema" di supporto. Il tipo di informazione coinvolta nella coscienza deve essere quantistica per molteplici ragioni, inclusa la sua intrinseca privacy e il suo potere di costruire pensieri intrecciando gli stati qualia. Come risultato raggiungiamo un panpsichismo basato sull’informazione quantistica, con la fisica classica che sopravviene alla fisica quantistica, la fisica quantistica sopravviene all’informazione quantistica e l’informazione quantistica sopravviene alla coscienza."
Le ipotesi dei fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano: una teoria della coscienza
I fisici Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano hanno pubblicato le loro idee sul "problema difficile" della coscienza il 25 marzo 2022, nell'articolo "Hard Problem and Free Will: An Information-Theoretical Approach". La "interiorità umana" è ciò che veramente distingue l'essere umano dalle macchine, e costituisce quindi la vera salvaguardia umana dai futuri sviluppi delle macchine e dell'intelligenza artificiale che, mancando di interiorità, non può che rimanere puramente algoritmica. Essi sostengono quindi che l'essere umano si trovi permanentemente, nel corso della propria vita, in uno "stato quantico"[contrariamente all'uso di questo sito, la fonte sarà Wikipedia] che costituisce la sua "interiorità" e che essi denominano "ontico". Questo stato è complementare a quello visibile da un osservatore esterno (che è quello pubblico della comune esperienza sociale, in cui le persone si mostrano con le 'maschere' che hanno scelto) che viene denominato "epistemico".

Panpsichismo quantistico-informativo

Faggin e D'Ariano evidenziano la differenza tra "esperienza" che è propria dell'essere umano, e "funzionamento" che è proprio degli "zombie" e delle macchine. Essi scrivono:

Ci sono attualmente due principali linee di risposta al difficile problema: (1) la visione fisicalista – con la coscienza “emergente da un funzionamento”, come alcune proprietà biologiche della vita; (2) la visione panpsichista – con la coscienza come caratteristica fondamentale del mondo che tutte le entità possiedono. Ciò che viene qui proposto è:

  • Panpsichismo con la coscienza come caratteristica fondamentale dell'“informazione” e la fisica che interviene sull'informazione.

L’idea che la fisica sia una manifestazione della pura elaborazione dell’informazione è stata fortemente sostenuta da John Wheeler e Richard Feynman, insieme a molti altri autori, tra cui David Finkelstein, che era particolarmente affezionato a questa idea. Solo di recente, però, il nuovo paradigma informativo per la fisica si è concretamente affermato. Questo programma ha ottenuto: (1) la derivazione della teoria quantistica come teoria dell'informazione, e (2) la derivazione della teoria quantistica libera dei campi come emergente dall'algoritmo quantistico non banale con sistemi numerabili con complessità algoritmica minima. Oltre a tale valore metodologico, la nuova derivazione della teoria dell'informazione della teoria quantistica dei campi è particolarmente promettente per stabilire un quadro teorico per la gravità quantistica emergente dall'elaborazione dell'informazione quantistica, come suggerito anche dal ruolo svolto dall'informazione nel principio olografico. Per riassumere, il mondo fisico emerge da un algoritmo sottostante e il tipo di informazione che viene elaborata al suo interno è quantistica. L'idea che la teoria quantistica (QT) possa essere considerata una teoria dell'informazione è relativamente recente ed ha avuto origine nel campo dell'informazione quantistica. Nel frattempo, quella che chiamiamo “teoria dell’informazione” si è ampiamente evoluta, dalle sue origini come teoria della comunicazione, verso una teoria generale dell’“elaborazione” delle informazioni, che in precedenza era stata dominio esclusivo dell’informatica.

Faggin e D'Ariano, nel porre in evidenza i loro scopi, scrivono:

Esploriamo asserzioni teoriche precise sulla coscienza, a partire da una soluzione psico-informativa non riduttiva del difficile problema di David Chalmers, basata sull'ipotesi che una proprietà fondamentale dell'"informazione" è la sua esperienza da parte del "sistema" di supporto. Il tipo di informazione coinvolta nella coscienza deve essere quantistica per molteplici ragioni, inclusa la sua intrinseca privacy e il suo potere di costruire pensieri intrecciando gli stati qualia. Come risultato raggiungiamo un panpsichismo basato sull’informazione quantistica, con la fisica classica che sopravviene alla fisica quantistica, la fisica quantistica sopravviene all’informazione quantistica e l’informazione quantistica sopravviene alla coscienza. Sosteniamo quindi che lo stato quantico sperimentato internamente, poiché corrisponde a un’esperienza definita – non a una scelta casuale – deve essere puro, e lo chiamiamo ontico. Questo va distinto dallo stato prevedibile dall'esterno (cioè lo stato che descrive la conoscenza dell'esperienza dal punto di vista di un osservatore esterno), che chiamiamo epistemico e generalmente misto. La purezza dello stato ontico richiede un'evoluzione che preservi la purezza, cioè una cosiddetta operazione quantistica atomica. Quest'ultima è generalmente probabilistica e il suo risultato particolare viene interpretato come libero arbitrio, che è imprevedibile anche in linea di principio poiché la probabilità quantistica non può essere interpretata come mancanza di conoscenza. L'evoluzione dello stato quantistico rappresenta un buffer di esperienza a breve termine e contiene essa stessa trasferimenti di informazioni da quantistico a classico e da classico a quantistico. La memoria a lungo termine, d'altra parte, è classica e necessita di processi di memorizzazione e richiamo rispettivamente da quantistico a classico e da classico a quantistico. Tali processi possono trarre vantaggio da copie multiple dello stato vissuto ri-preparate con “attenzione”, consentendo quindi una migliore qualità dell’archiviazione classica. Infine, esploriamo la possibilità di test sperimentali della nostra teoria nelle scienze cognitive, inclusa la valutazione del numero di qubit coinvolti, l’esistenza di osservabili complementari e le violazioni dei limiti del realismo locale. Nelle appendici illustriamo sinteticamente il quadro della teoria probabilistica operativa (OPT) per possibili teorie della coscienza post-quantistiche, valutando il conveniente approccio black-box dell'OPT, insieme alla sua robustezza metodologica nel separare gli elementi oggettivi da quelli teorici, garantendo il controllo sperimentale e falsificabilità. Infine confrontiamo sinteticamente i postulati matematici e i teoremi delle istanze più rilevanti di OPT – cioè le teorie classiche e quantistiche – per aiutare il lettore a comprendere meglio la nostra teoria della coscienza.
Illustrazione delle nozioni di stati ontici ed epistemici per un sistema dato da un bit classico, qui rappresentato da una moneta, con stati 0 = TESTA o 1 = CROCE. Chiamiamo ontico lo stato “attuale” del sistema, che è puro e generalmente sconosciuto, se non come esperienza non condivisibile (nella figura è lo stato della moneta TESTA coperta dalla mano). Chiamiamo epistemico lo stato che rappresenta la conoscenza del sistema di un osservatore esterno, ad esempio lo stato della moneta imparziale corrisponde a TESTA +  CROCE 1/2 1/2

IPOTESI SULLA COSCIENZA: Le due ipotesi sulla coscienza, presentate in questa pagina, arrivano a conclusioni equivalenti: IPOTESI1 (Penrose ed Hameroff): la coscienza umana, sia che risieda nei meccanismi quantistici del cervello, sia che venga esercitata dall'Universo sul cervello umano (IPOTESI2" (Faggin e D'Amario) presuppongono un unico universo che le contenga e abiliti.
Massimo Teodorani scrive:  [il fisico David Bohm afferma] "Il mondo macroscopico può esistere solo se esistono lo spazio e il tempo e quindi la fisica che lo descrive ha caratteristiche locali, mentre il mondo microscopico non ha bisogno dello spazio e del tempo ma percepisce la guida e l'informazione in maniera istantanea, in tal modo che la fisica che lo descrive viene definita "non locale". Il mondo microscopico riflette l'esistenza di un infinito al di fuori dello spazio e del tempo e non riceve l'informazione da un luogo preciso, ma la riceve da tutto l'universo la cui "locazione" viene identificata in una specie di "prespazio", sede della coscienza dell'universo, un ordine che esiste sotto il livello delle particelle fondamentali e precede le nozioni di spazio e di tempo. Nel prespazio non esiste nessuna distinzione tra spazio, tempo e materia."
Per approfondire andare alla pagina "In che universo viviamo"
Conclusioni (provvisorie): il problema della coscienza umana era rimasto irrisolto per Schrödinger e Pauli fino alla comparsa dell'ipotesi di Federico Faggin e Giacomo Mauro D'Ariano
Nel 1944, il fisico teorico Erwin Schrödinger, dopo aver tenuto un ciclo di pubbliche conferenze su un argomento estraneo alla propria competenza, pubblicò il libro "Che cos'è la vita". Egli espresse qui delle considerazioni originali e descriventi un mondo lontano dal senso comune, per quel tempo, fortemente contraddittorie con le idee scientifiche, perchè legate all'antica sapienza del Vedānta ed espresse dagli scrittori induisti, ad esempio Schrödinger scrisse (p.149): "Secondo la terminologia cristiana, il dire: 'Quindi io sono Dio onnipotente' è insieme, una bestemmia e una sciocchezza. Ma fate il favore di non tener conto per il momento di queste qualifiche e considerate se la conclusione precedente non sia più la più acconcia che un biologo possa trarre, per provare Dio e l'immortalità a un tempo. In se stessa, l'asserzione non è nuova. La prima enunciazione di essa a mia conoscenza risale a circa 2500 anni fa o più. Dalle prime grandi Upanishad, la posizione: atman = brahman (l'io personale è uguale all'io onnipresente che tutto comprende) fu nel pensiero indiano considerata non già una bestemmia, ma la rappresentazione della quintessenza della più profonda conoscenza degli avvenimenti del mondo. Lo sforzo di tutti gli studiosi del Vedānta era, dopo di aver imparato a pronunziare tali parole, quello di assimilare veramente nel loro spirito questa che è la più elevata di tutte le idee. [...] Al pensiero occidentale questa idea è rimasta estranea, nonostante Schopenhauer e altri che lo sostennero, e a dispetto di quei veri amanti che, guardandosi a vicenda negli occhi, si rendono conto che i loro pensieri e la loro gioia sono numericamente una sola cosa, non già cose simili o identiche: ma essi di regola sono troppo emozionati per soffermarsi a chiarire il loro pensiero, nel che essi assomigliano molto ai mistici." Proseguendo nelle sue idee, che evidentemente egli non poteva fare a meno di esprimere, Schrödinger scrisse (p.152): "Nell'ordine di idee che riguarda la coscienza come un singulare tantum, essa è con vantaggio sostituita dall'enunciato che c'è ovviamente solo un albero e tutta la faccenda delle immagini non è altro che una storia di fantasmi. Pure, ciascuno di noi ha l'indiscutibile impressione che la somma totale della sua propria esperienza e memoria sia un'unità del tutto distinta da quella di ogni altra persona. Egli si riferisce a questo con la parola 'io'. Che cos'è questo 'io'? Se voi lo analizzate attentamente, io credo, trovate che esso è qualcosa di più che una collezione di dati singoli (esperienze e memorie) e cioè il canovaccio sul quale questi sono intessuti. E voi troverete, mediante un'attenta introspezione, che ciò che voi realmente intendete con la parola 'io' è quella trama su cui essi sono raccolti." Il problema della "coscienza", per Schrödinger rimase irrisolto, sebbene egli si fosse arrovellato per capirlo sulla scorta delle proprie letture delle Upanishad.
Chi invece, circa 80 anni dopo, ha fatto un tentativo per risolverlo è il fisico Federico Faggin, che, nel suo libro "Irriducibile" scrive (p.93): "L'essere della vita riguarda l'esperienza, e la coscienza è ciò che permette all'organismo di avere un'esperienza in prima persona di se stesso e del mondo."
per scaricare le conclusioni (in pdf):
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Libri consigliati
a chi vuole approfondire la fisica quantistica
Spesa annua pro capite in Italia per gioco d'azzardo 1.583 euro, per l'acquisto di libri 58,8 euro (fonte: l'Espresso 5/2/17)

Pagina aggiornata il 20 marzo 2024

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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