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Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)
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Dicembre 2021
NEWSLETTER
Newsletter 23
pensierocritico.eu
Focus della newsletter 23

  
Il focus di questa newsletter è l'apprendimento, l'anticipazione e il futuro, ossia quella caratteristica del cervello umano che lo rende "predittivo". A progettare il futuro l'essere umano impara, se è sano, fortunato ed abile, dalle proprie esperienze con l'apprendimento "implicito". Il cervello umano è infatti intrinsecamente predittivo: da quando si è formato la principale caratteristica che ha permesso la sopravvivenza dell'Homo habilis nella preistoria è stata la capacità di immaginare un futuro. Diversi esperimenti neuroscientifici, alcuni dei quali da noi riportati, hanno accertato nel cervello umano la presenza sistematica di un comportamento "predittivo" dovuto alla necessità evoluzionistica di adattamento all'ambiente. Quando occorre effettuare una scelta in condizioni di rischio, il cervello di un soggetto sano tende a prendere decisioni vantaggiose sulla base delle probabilità di successo che ha imparato implicitamente (cioè in modo inconscio), nel corso di esperienze precedenti. Ecco perchè è utile aver fatto molte esperienze personali: per accumulare (inconsciamente) nella propria memoria di lungo termine un catalogo di accadimenti significativi ai quali attingere quando è necessario prendere una nuova decisione. Le persone sane sono in grado di attuare comportamenti che accettano esiti positivi ritardati nel tempo in cambio della riduzione del rischio. Per esiti positivi si intende la ricompensa dopaminergica stimolata dall'anticipazione del futuro.

  
I temi trattati in questo numero sono:

  1. Anticipazione e futuro: Non facciamo altro che pensare al futuro. Questa è la conclusione cui portano le prove scientifiche presentate in questa pagina. Agli inizi di questo millennio un documento dell'UNESCO riportava: "Il primo decennio del secondo millennio ha mostrato con enfasi che dobbiamo prepararci all'impreparabile e dobbiamo prevedere l'imprevisto. Il mondo sta cambiando rapidamente e con maggiori livelli di complessità (Harari, 2015), quindi reazioni rapide e strategie resilienti sono una necessità per le imprese e per i responsabili politici". La realtà ha confermato questa previsione nel 2020, scatenando l'imprevista pandemia di Covid19 che, inaspettatamente, ha devastato, sanitariamente ed economicamente, l'intero pianeta e della quale non si intravede ancora la conclusione. L'anticipazione del futuro sta diventando dunque un tema essenziale per le conseguenze che gli imprevisti possono avere su un mondo sempre più interallacciato e globalizzato. Diversi esperimenti neuroscientifici hanno accertato nel cervello umano la presenza sistematica di un comportamento "predittivo" dovuto alla necessità evoluzionistica di adattamento all'ambiente. Quando occorre effettuare una scelta in condizioni di rischio, il cervello di un soggetto sano tende a prendere decisioni vantaggiose sulla base delle probabilità di successo che ha imparato implicitamente (cioè in modo inconscio), nel corso di esperienze precedenti. Ecco perchè è utile aver fatto molte esperienze personali: per accumulare (inconsciamente) nella propria memoria di lungo termine un catalogo di fatti significativi ai quali attingere quando è necessario prendere una nuova decisione. Le persone sane sono in grado di attuare comportamenti che accettano esiti positivi ritardati in cambio della riduzione del rischio. Per esiti positivi si intende la ricompensa dopaminergica stimolata dall'anticipazione del futuro. Negli ultimi anni è emersa una visione secondo cui la previsione o l'anticipazione rappresenta un principio fondamentale del funzionamento cerebrale che è “al centro della cognizione”. L'attesa per il futuro produce un aumento del benessere umano e della salute mentale.  Considerato come un "modo di conoscere", il Design of Anticipation (DoA) affronta la codificazione della miriade di sistemi di anticipazione, sia consci che inconsci. Il DoA sviluppa, ordina e diffonde descrizioni dei processi/sistemi di anticipazione o di come il dopo-di-adesso entra nella realtà. I recenti progressi nella comprensione della complessità, dell'incertezza e dell'emergenza hanno aperto nuovi modi di definire e utilizzare il futuro. La domanda quindi non è come far fronte a un universo che sembra diventare più complesso, ma come migliorare la nostra capacità di sfruttare l'emergere di novità che ci ha sempre circondati.

  2. Apprendimento, cervello e Neuroscienze: Il cervello umano non nasce precablato con le conoscenze necessarie alla sopravvivenza. Il neuroscienziato Stanislas Dehaene scrive nel libro "Imparare": "Il precablaggio completo del cervello non è nè possibile nè desiderabile. Impossibile, davvero? Si, perchè se il nostro DNA dovesse specificare tutti i dettagli delle nostre conoscenze, semplicemente non avrebbe la quantità di spazio necessaria per farlo". L'apprendimento consente a tutti gli animali (essere umano compreso) di adattarsi a condizioni ambientali imprevedibili. Ecco perchè l'evoluzione ha inventato la capacità di imparare. Solo l'essere umano ha inventato la scuola, cioè quella "raffineria neurale" dove i circuiti cerebrali acquisiscono le loro capacità migliori. Ma cosa succede nel cervello umano quando "impara" qualcosa? Le nuove tecniche di neuroimaging iniziano ad essere impiegate per cercare di capirlo, e le "neuroscienze educative" sono un campo di ricerca interdisciplinare che cerca di tradurre i risultati della ricerca sui meccanismi neurali dell'apprendimento in pratiche e politiche educative. Siamo solo agli inizi di questo processo e le applicazioni tentate finora sono sperimentali. Una di queste sperimentazioni l'ha tentata la biologa molecolare Daniela Kaufer, che ha tenuto nel 2011 un seminario alla Berkeley University aprendolo con una citazione: “Tutti gli animali imparano, pochissimi insegnano” (Blakemore e Frith, The Learning Brain). Ella ha sottolineato che, sebbene il processo educativo coinvolga sia l'apprendimento che l'insegnamento, la ricerca neuroscientifica di solito si concentra solo sull'apprendimento, poiché l'insegnamento è meno comune nei modelli animali ed è difficile da studiare utilizzando la metodologia delle neuroscienze". Esiste, tuttavia, un sottocampo in via di sviluppo all'interno delle neuroscienze chiamato "Mind, Brain and Education" (MBE) che tenta di collegare la ricerca con l'insegnamento. I ricercatori MBE studiano i modi per sfruttare la naturale capacità di attenzione umana, cioè come utilizzare gli studi sui sistemi di memoria per informare la pianificazione delle lezioni e come utilizzare la ricerca sul ruolo delle emozioni nell'apprendimento. La Kaufer ha concluso ribadendo alcuni dei modi con cui "implementa questi principi in classe", inclusi: (a) i sondaggi o quiz per verificare la comprensione degli studenti e aumentarne il coinvolgimento (i-clicker), (b) i molteplici modi di presentare un punto importante, (c) il prendersi una pausa durante una lunga lezione, (d) l'incoraggiare una varietà di forme di partecipazione in classe, (e) l'usare la musica, (f) il presentare domande in un contesto che è personalmente rilevante per lo studente (ad esempio, formulando domande in seconda persona) e (g) incoraggiando gli studenti a essere fisicamente attivi (ad esempio, usando i movimenti di qigong durante una pausa della lezione). Secondo la Kaufer i principi chiave dell'apprendimento sono quattro: Neuroplasticità, Stress, Condizioni generali (sonno, alimentazione, esercizio) e Controllo volitivo. Da questa sperimentazione emergono alcune indicazioni agli insegnanti per favorire l'apprendimento: creare le condizioni affinchè i loro studenti siano moderatamente stressati con tecniche quali introdurre attività che richiedano il movimento e la partecipazione individuali, o riprodurre musiche sconosciute e, inoltre, stimolare l'apprendimento attivo degli studenti con il "controllo volitivo", cioè con la personale ricerca di informazioni critiche nell'ambiente (oggi potremmo dire "nel web"). Il pedagogista Corrado Matta ha ricostruito e valutato criticamente il rapporto probatorio tra neuroscienze e pratica educativa, scrivendo: "considero la relazione tra neuroscienze ed educazione come un caso speciale del concetto di pratica basata sull'evidenza nell'educazione". Egli ha invitato gli studiosi di neuroscienze educative ad approfondire le metodologie integrative, scrivendo: "Spero quindi che questo articolo possa ispirare i ricercatori nel campo delle neuroscienze educative ad avviare una discussione sulle possibilità e le sfide delle metodologie integrative. Queste strategie integrative hanno la potenzialità di rendere i risultati di neuroimaging più utili e informativi per gli insegnanti, producendo raccomandazioni per la pratica ben fondate e sensibili al contesto".

    3. Sviluppo del cervello: Circa un quarto dello sviluppo cerebrale complessivo di ogni essere umano avviene prima della nascita. Il futuro cervello e sistema nervoso si manifestano per la prima volta intorno alle 3-4 settimane di sviluppo. In questa fase iniziale, nuovi neuroni si formano a una velocità superiore a 250.000 al minuto. Questa rapida crescita neuronale continua per tutta la gravidanza, tanto che al momento della nascita il numero di neuroni supera di gran lunga il miliardo. A partire dall'ottava settimana di sviluppo, anche i neuroni iniziano a specializzarsi e inviano più rami per formare un intricato schema di connessioni (sinapsi) con altri neuroni in diverse regioni del cervello. La creazione di sinapsi è l'evento chiave che differenzia l'essere umano da altre specie. I neuroscienziati Bryan Kolb e Robbin Gibb sostengono l'opinione di altri neuroscienziati che vi siano due tipi di sinapsi che caratterizzano l'essere umano: quelle "in attesa di esperienza", che si formano nel cervello del neonato per formarlo e plasmarlo all'inizio della vita, e, In secondo luogo, vi sono quelle "dipendenti dall'esperienza" che si formano nel cervello di un adulto quando egli fa esperienze specifiche durante l'apprendimento. La sinaptogenesi e la mielinizzazione delle sinapsi sono stimolate e guidate dalle esperienze ambientali e dipendono dall'apprendimento. Si può dire che lo sviluppo di un cervello adulto si compie quando la mielinizzazione, che conferisce rapidità alla comunicazione neuronale, ha esaurito il suo compito, cioè dopo il diciottesimo anno d'età. A quel punto la maggior parte dei circuiti neurali sono stati formati e il cervello è pronto ad affrontare nuovi stimoli ed esperienze per migliorare le proprie decisioni e la propria azione sul mondo. Quindi il processo che guida lo sviluppo del cervello è la plasticità sinaptica, cioè un processo dipendente dall'esperienza che si traduce in cambiamenti duraturi nella comunicazione sinaptica. Questo fenomeno stimola i cambiamenti strutturali, molecolari e genetici nel cervello ed è il principale modello biologico per i processi di apprendimento e memoria. Un organo cerebrale la cui importanza è stata evidenziata da recenti ricerche e che appare essere il fulcro dell'azione cognitiva umana è l'ippocampo, posto al centro del sistema limbico. Una delle principali funzioni dell'ippocampo è la formazione della mappa cognitiva, che è un tipo di rappresentazione mentale correlata all'acquisizione, codifica, memorizzazione, richiamo e decodifica di informazioni su posizioni relative all'interno di un ambiente specifico. È necessaria un'attività ippocampale intatta per formare e ricostruire la memoria relazionale (necessaria per ricordare associazioni arbitrarie tra oggetti o eventi) associata alla cognizione flessibile e al comportamento sociale. Molti studi hanno rivelato che qualsiasi danno all'ippocampo può compromettere l'uso flessibile delle informazioni e produrre comportamenti disadattivi. L'ippocampo è sempre in funzione, notte e giorno, infatti si "riattiva" durante il sonno per consolidare, nella memoria di lungo termine, le informazioni ritenute importanti apprese durante la veglia del giorno precedente. L'età è associata ad un aumento del rischio di diversi disturbi tra cui demenze, malattie cardiovascolari, aterosclerosi, obesità e diabete. L'età è anche associata al declino cognitivo, in particolare nei domini cognitivi associati alla memoria e alla velocità di elaborazione. Con l'aumento dell'aspettativa di vita in molti paesi, il numero di persone che soffrono di deterioramento cognitivo associato all'età è in aumento e quindi, sia in termini economici che sociali, il miglioramento o il rallentamento dell'invecchiamento cognitivo è un obiettivo importante per la ricerca futura.

    4. Apprendimento permanente: Un rapporto statunitense del PEW (Research Center) del 2020 è stato titolato così: "L'apprendimento permanente sarà la nuova normalità, ma siamo pronti?" Il PEW argomenta in questo modo il futuro dell'apprendimento: "Prove crescenti suggeriscono che possiamo aspettarci di vivere più a lungo. Gli autori di The 100-Year Life spiegano:Per la maggior parte degli ultimi duecento anni c'è stato un costante aumento dell'aspettativa di vita. Più precisamente, i migliori dati attualmente disponibili suggeriscono che dal 1840 si è registrato un aumento dell'aspettativa di vita di tre mesi per ogni anno. Sono due o tre anni di vita aggiunti per ogni decennio. … E forse ancora più importante, non c'è alcun segno che la tendenza si stia stabilizzando. " Con i progressi nell'assistenza sanitaria, nella medicina e nel controllo delle malattie, nonché i miglioramenti delle condizioni di vita generali, abbiamo in qualche modo, come ha detto uno specialista dell'invecchiamento, “trovato un modo per rallentare il processo di decadimento corporeo che ci è stato dato dalla natura , uno sviluppo davvero notevole che nessun'altra specie ha raggiunto prima”. Il Global AgeWatch Index Report prevede che entro il 2100 il numero di persone di età pari o superiore a 80 anni aumenterà di oltre sette volte, da 125 milioni a 944 milioni. Con una vita di 100 anni, è possibile che anche la nostra vita lavorativa si allunghi? Le carriere del futuro dureranno 60, 70 o 80 anni? Già, i lavoratori di 55 anni e più restano nella forza lavoro a tassi storicamente elevati, fino alla fine dei 60 e persino dei 70 anni. Come facciamo a quadrare le proiezioni di vite più lunghe con quelle che prevedono una massiccia obsolescenza del lavoro? Anche stime prudenti indicano che gran parte del lavoro che gli esseri umani fanno oggi sarà automatizzato nel prossimo decennio. Allo stesso tempo, i progressi tecnologici continueranno a dare origine a tipi di lavoro e carriere completamente nuovi. Le transizioni lavorative sono già una parte consolidata della vita. Solo negli Stati Uniti, 10.000 baby boomer compiranno 65 anni ogni giorno da oggi fino al 2030 e molti di loro avranno sperimentato almeno 12 cambi di lavoro prima del pensionamento. Questi numeri aumenteranno solo con il tempo, poiché le persone affrontano vite lavorative più lunghe e turbolente. Sono finiti i giorni in cui si possa andare in pensione all'età di 65 anni e poi vivere con una pensione garantita da uno o pochi datori di lavoro che hanno definito la carriera di una persona." Insomma, l'apprendimento permanente sarà una necessità obbligata dal cambiamento delle condizioni lavorative.

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Generico
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