
La semplificazione dell'alfabeto ha liberato risorse cognitive per un pensiero più razionale. Tale condizione si è espressa al meglio nell'antica Grecia, ma proprio i greci colti furono ambivalenti nei confronti dell'insegnamento del loro alfabeto, continuando a difendere per secoli la loro raffinata cultura orale e contestando il valore della loro cultura scritta.
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La vista isola gli elementi, l'udito li unifica. Mentre la vista pone l'osservatore al di fuori di ciò che vede, a distanza, il suono fluisce verso l'ascoltatore. A differenza della vista, che seziona, l'udito è dunque un senso che unifica. (Walter Ong)
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Nella storia della scrittura si è giunti molte volte alla spontanea elaborazione di un sistema misto di fonogrammi a supporto di una scrittua ideografica. La scrittura cuneiforme, geroglifica e ideografica imponevano un fortissimo carico alla memoria con l'invenzione dell'alfabetico fonetico fu possibile ridurre il carico di memoria permettendo così all'alfabetizzazione di diffondersi. Invece di ricordare 500 caratteri cuneiformi o gerogifici, o miglia di ideogrammi , il lettore del primo alfabeto dell'antichità greca doveva imparare solo una dozzina di fonogrammi, o lettere. Se il cervello non ha avuto il tempo di evolversi in funzione della lettura-scrittura perché se ripercorriamo la storia della scrittura, dalla sua invenzione in Mesopotamia ad oggi, 5400 anni dal punto di vista filogenetico sono davvero un'istante. Invece da un punto di vista ontogenetico, dell'evoluzione dell’individuo, la scrittura deve essere assorbita dal cervello dei bambini in circa duemila giorni. Emerge dunque quello che il neuroscienziato Stanislas Dehaene hanno definito come " il paradosso della lettura".
Sappiamo da tempo che i neuroni della via ventrale (via del che cosa, what pathway) rispondono a forme geometricamente semplici, come quelle formate dalle intersezioni dei contorni degli oggetti. Come dimostrato dagli studi del neurofisiologo giapponese Keiji Tanaka e colleghi, anche nel cervello delle scimmie macaco sono presenti neuroni sensibili a combinazioni di protolettere come le linee "T", "Y", "F" questo perché indicano quelle proprietà invarianti utili al riconoscimento degli oggetti.Per esempio quando un oggetto ne occlude un altro i loro contorni si incontrano secondo una giunzione a "T", invece quando ci sono più spigoli in uno stesso vertice formano una configurazione come la "Y" o la "F". Possiamo avere anche invarianti topologiche: se un oggetto contiene un buco probabilmente la sua proiezione sulla retina sarà un curva a forma di "O". Da queste proprietà non accidentali (PNA) frequenti in natura, per lo psicologo Irving Biederman, il cervello estraerebbe dalla retina uno schizzo degli oggetti e le loro relazioni topologiche e spaziali.
La V cattura l'immagine del mondo. L'evento simboleggiava primariamente l'impeto ascendente del nostro anelito spirituale, il dirompere del desiderio metafisico dell'uomo, per secoli soffocato dalla sua fede in una filosofia interamente razionalistica. Tuttavia, "la spinta dal basso verso l'alto è un'esigenza imperiosa che non ha mai tregua", così disse Alfred Adler, parlando semplicemente come psicologo. Troppo a lungo arginate, le enerie spirituali giunsero a una violenta esplosione per mezzo della V.
Il più antico alfabeto a noi noto è quello semitico. Anche se modificato e ampliato dai Greci e dai Romani, esso è ancora sostanzialmente il nostro alfabeto attuale. Alphabeta, i nomi dei due primi caratteri greci, divennnero il nome di tutti di tutti i sistemi alfabetici analoghi, proprio come "geroglifico", letteralmente "incisione sacra" fu inizialmente un termine usato solo in rapporto ai pittogrammi egizi, mentre viene ora applicato anche ad altre scritture pittografiche. Quando i Greci mutuarono le lettere dai Semiti, ne alterarono leggermente i nomi, soprattutto aggiungendo vocali alle consonanti semitiche: aleph divenne alpha, beth, beta, ecc. Condividiamo l'opinione di molti studiosi del passato nel campo della scrittura: deve necessariamente esservi una corrispondenza fra i nomi delle lettere e il loro valore fonetico; riteniamo inoltre, sebbene non venga generalmente ammesso, che tale corrispondenza esista anche tra gli oggetti cui tali nomi si riferiscono e i disegni dei simboli alfabetici. Noi sosteniamo che le nostre lettere sono immagini decadute. Ora 'aleph', nelle lingue semitiche, significa in primo luogo 'bue'. E' impossibile però affermare, anche con il massimo sforzo di fantasia, che qualsiasi carattere per aleph nelle varie scritture semitiche presenti, a prima vista, una qualche somiglianza con un bue. Tuttavia, poichè la scrittura alfabetica fu preceduta da quella ideografica, le cui origini sono oscure, possiamo ritenere, o almeno ipotizzare, che le pitture rupestri presenti nell'Europa meridionale servissero, inter alia, a qualche fine comunicativo; non però tra l'uomo e il suo compagno, ma tra l'uomo e gli spiriti che dominavano la natura e che spesso sono incarnati nell'animale.
B è l'abbreviazione (latina) di beta, il nome greco di B, derivato da beth, il nome (acrofonico) della seconda lettera dell'alfabeto semitico dal significato di "casa" nelle lingue semitiche.

La lettura è un fenomeno paradossale. Da un lato, è acquisito che vi siano aree cerebrali specializzate per la lettura, sulla base di patologie (come traumi cerebrali) che annientano la capacità di leggere, e più di recente sulla base di analisi di neuroimmagine che rivelano come le stesse aree siano attivate selettivamente durante la lettura. D'altro lato, la scrittura esiste da meno di seimila anni, un nulla sulla scala dell'evoluzione. Perchè dunque una certa regione occipito temporale nell'emisfero sinistro del cervello, situata tra le aree che riconoscono i volti e quelle che riconoscono gli oggetti, si trova a svolgere compiti che l'evoluzione non può averle assegnato? [...] L'idea di fondo di Dehaene è che quest'area, di suo, farebbe tutt'altro: classifica alcuni tipi di intersezioni tra i bordi della scena visiva. Le intersezioni in questione sono quelle che il sistema visivo ha ragione di trovare non casuali, e reputa quindi estremamente informative. Se sulla scena visiva reperite un'intersezione a T, o a Y, è molto improbabile che essa sia il risultato di una congiunzione casuale di linee: si tratta quasi sicuramente di un piano che nasconde uno spigolo nel primo caso, o di un tre piani che si intersecano ad angolo nel secondo. Come si vede, alcune di queste intersezioni corrispondono a delle vere e proprie "protolettere". In effetti le analisi di Marc Changizi mostrano che queste protolettere sono gli elementi più frequenti di tutte le scritture del mondo, le quali peraltro sono basate su un numero assai limitato di elementi di base, pur nella loro straordinaria diversità. Dehaene pensa dunque che con la scrittura l'umanità sia riuscita a produrre una forma di "riciclaggio neuronale": non è il cervello ad adattarsi alla scrittura, ma la scrittura ad adattarsi a un cervello che sa già fare certe cose. L'area per la classificazione delle intersezioni viene manipolata nell'apprendimento fino a farne un'area per il riconoscimento delle lettere. Ma questa non è che una delle componenti della lettura, che riconosce le parole a partire dal riconoscimento delle lettere, e in seguito delle sillabe corrispondenti ai fonemi, delle sequenze che corrispondono alle redici delle parole, e dei loro suffissi e prefissi. Da questa architettura discende che i metodi cosiddetti "globali" di lettura, in cui si pretende di insegnare a leggere senza sillabare, cercando di di far riconoscere parole se non frasi intere, sono destinati all'insuccesso (e difatti sono stati giustamente aboliti da molti programmi scolastici che li avevano adottati). Una volta identificate una parola, vengono attivate delle regioni che decidono cosa significa e altre che la "pronunciano" mentalmente.

L'importanza dell'alfabeto greco, rispetto ad altri alfabeti, nel facilitare il pensiero è stata messa in luce dal linguista Walter Ong, che scrive nel suo libro "Oralità e scrittura" (p.132):
Per comprendere come si sia sviluppata la scrittura a partire dall'oralità, è utile considerare il sistema semitico come un alfabeto di consonanti (e di semi-vocali) cui i lettori, mentre leggono, semplicemente aggiungono le vocali appropriate. Detto questo a proposito dell'alfabeto semitico, appare chiaro che i greci fecero qualcosa di grandissima importanza psicologica quando svilupparono il primo alfabeto completo, comprendente anche le vocali. Havelock ritiene che questa trasformazione cruciale della parola da suono a espressione visiva abbia conferito all'antica cultura greca il suo ascendente intellettuale sulle altre culture antiche. Chi leggeva il semitico doveva basarsi su dati testuali e non testuali, doveva cioè conoscere la lingua che stava leggendo per sapere quali vocali inserire fra le consonanti. [...] Bambini ancora piccoli erano in grado di imparare l'alfabeto greco e un limitato vocabolario; mentre invece gli scolari israeliani, circa fino alla terza elementare devono essere aiutati, aggiungendo alle scritture dei "punti" vocalici. L'alfabeto greco era democratico, poichè facile per tutti era impararlo, internazionalista, potendo essere usato anche per le lingue straniere.
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- Eric Havelock (2009), La musa impara a scrivere. Riflessioni sull'oralità e l'alfabetismo dall'antichità al giorno d'oggi (PDF)
- Denise Schmandt-Besserat (1978), Gli antecedenti della scrittura - Le Scienze
Denise Schmandt-Besserat (2007), From Tokens to Writing: the Pursuit of Abstraction (PDF)
- Marco Mocchi (1999), RUCKER, ESCHER, DICK: tassellature di mondi fantastici
- (2009), Dalla tradizione orale alla parola scritta - Festival internazionale dell’oralità popolare - Comune di Torino
- Gaspare Polizzi (2002), Bachelard e la formazione dello spirito scientifico: una prospettiva di pedagogia della conoscenza
- Mauro Lucaccini (2017), Bachelard e le rotture epistemologiche
- Roberto Casati (2007), Confusioni di parole - Sole24Ore
- Andres Reyes (2018), Il paradosso della lettura
- (2013), Quella voce dentro di noi - Corriere della Sera
Pagina aggiornata il 2 febbraio 2023